Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1460 del 19/01/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1460 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4667-2017 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, prc5so la quale è domiciliata in Roma,
alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente contro
AGROFIN s.r.1., in persona dell’amministratore unico Lisabetta
Matteucci, rappresentata e difesa, per procura a margine del
controricorso, dall’Avv. Simona Carloni, presso il cui studio legale sito
in Roma, alla via Monte Santo n. 2, è elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 19/01/2018

avverso la sentenza n. 1323/31/2016 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata il
14/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/01/2018 dal Consigliere dott. Lucio

Lucio-rn

1. In controversia relativa ad impugnazione di cartella di
pagamento recante l’iscrizione a ruolo ex art. 48, comma 3 bis, d.lgs. n.
546 del 1992, per tardivo pagamento delle rate, successive alla prima,
dell’importo concordato in sede di conciliazione giudiziale intervenuta
tra l’Agenzia delle entrate e la Agrofin

destinataria di diversi avvisi

di accertamento, la Commissione tributaria regionale della Toscana
con la sentenza in epigrafe rigettava l’appello proposto
dall’amministrazione finanziaria avverso la sentenza di primo grado,
che aveva accolto il ricorso proposto dalla società contribuente ed
annullato la cartella di pagamento, sostenendo che nel caso di specie
non vi era stato alcun ritardo nel pagamento delle rate successive alla
prima, il cui termine di scadenza andava individuato, ai sensi del
comma 5 del citato art. 48, nella data del 4/07/2012, di pubblicazione
della sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere
emessa dalla Ci P di Pisa, dinanzi alla quale pendeva il giudizio di
impugnazione degli atti impositivi, dovendosi considerare non
perentorio il termine indicato nell’accordo conciliativo, peraltro
apparentemente riferibile al calcolo degli interessi.
2. L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione, su unico motivo,
avverso la predetta statuizione e l’intimata resiste con controricorso.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod.
proc. civ. (come modificato dal d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito

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RILEVATO che:

con modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197) risulta
regolarmente costituito il contraddittorio.
4. Il Collegio ha deliberato la redazione dell’ordinanza con
motivazione semplificata

CONSIDERATO che:

dell’art.48 d.lgs. 546/92 in relazione all’art. 360, I comma, n. 3, c.p.c.”,
l’Agenzia ricorrente sostiene che i giudici di appello, violando la
disposizione censurata, avevano errato ad individuare la data di
decorrenza del termine per il versamento della prima rata dovuta in
base all’accordo conciliativo stipulato con la società contribuente, in
quella di pubblicazione della sentenza dichiarativa della cessazione
della materia del contendere, pronunciata dalla commissione tributaria
provinciale dinanzi alla quale pendeva il giudizio di impugnazione degli
avvisi di accertamento oggetto dell’accordo conciliativo, e non invece a
quanto dalle parti stabilito con detto accordo.
2. Il motivo è infondato per le ragioni di seguito indicate.
3. Pare opportuno preliminarmente premettere, sul piano
normativo, che il caso di specie trova la sua disciplina nell’art. 48 del
d.lgs. n. 546 del 1992, nella versione applicabile ratione temporis
(successivamente alle modifiche apportate dagli artt. 1, comma 19,
della legge n. 220 del 2001 e 23, comma 19, del d.l. n. 98 del 2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, ma
anteriormente a quella apportata dall’art. 9, comma 11, del
d.lgs. n. 156 del 2015), che al comma 5 stabilisce che «L’ufficio può,
sino alla data di trattazione in camera di consiglio, ovvero fino alla
discussione in pubblica udienza, depositare una proposta di
conciliazione alla quale l’altra parte abbia previamente aderito. Se
l’istanza è presentata prima della fissazione della data di trattazione, il
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1. Con l’unico motivo, rubricato: “violazione e falsa applicazione

presidente della commissione, se ravvisa la sussistenza dei presupposti
e delle condizioni di ammissibilità, dichiara con decreto l’estinzione del
giudizio. La proposta di conciliazione ed il decreto tengono luogo del
processo verbale di cui al comma 3. Il decreto è comunicato alle parti
ed il versamento dell’intero importo o della prima rata deve essere

Nell’ipotesi in cui la conciliazione non sia ritenuta ammissibile il
presidente della commissione fissa la trattazione della controversia. Il
provvedimento del presidente è depositato in segreteria entro dieci
giorni dalla data di presentazione della proposta».
3.1. Il comma 3 del citato art. 48 prevede che «se la conciliazione»,
davanti alla CTP e non oltre la prima udienza (comma 2) «ha luogo,
viene redatto apposito processo verbale nel quale sono indicate le
somme dovute a titolo d’imposta, di sanzioni e di interessi. Il processo
verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute
mediante versamento diretto in un’unica soluzione ovvero in forma
rateale […]» e «la conciliazione si perfeziona con il versamento, entro il
termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale,
dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata […]».
3.2. Da tali disposizioni discende:
a) che al verbale della conciliazione c.d. lunga, prevista dal comma
da ultimo citato, il comma 5 equipara la proposta di conciliazione c.d.
“breve postfissazione” (ovvero, quella depositata dopo la fissazione
dell’udienza e prima della trattazione in camera di consiglio o della
discussione in pubblica udienza), da distinguersi, invece, dalla c.d.
conciliazione breve prefissazione (prevista dalla seconda parte del
comma 5);
b) che la conciliazione si perfeziona solo «con il versamento
dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata» da effettuarsi entro
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effettuato entro venti giorni dalla data della comunicazione.

un determinato termine che il Legislatore ha però individuato solo con
riferimento alla conciliazione “lunga” e a quella “breve prefissazione”,
rispettivamente nel termine di venti giorni dalla data di redazione del
processo verbale (comma 3) o dalla data di comunicazione del decreto
di estinzione del giudizio adottato dal presidente della CTP (comma 5,

conciliazione “breve postfissazione” (comma 5, prima parte);
c) che, per analogia alla previsione di cui alla seconda parte del
comma 5, al fine di colmare la lacuna legislativa, deve ritenersi che in
caso di conciliazione “breve postfissazione” (di cui alla prima parte del
comma 5), il termine per il versamento dell’importo conciliato (l’intera
somma o la prima rata) debba decorrere dalla comunicazione del
provvedimento adottato dalla CTP, il quale, se si considera che «la
formula scelta per l’art. 48, comma 3 […] (“La conciliazione sì
perfeziona con il versamento”) sta ad indicare che l’atto di
conciliazione non è di per sé idoneo a produrre l’effetto di eliminare la
controversia, che si verifica, invece, solo con l’adempimento
dell’obbligazione conciliata» (Cass. n. 3560 del 2009), dovrebbe
consistere in una ordinanza che dispone il rinvio dell’udienza di
trattazione della causa ad una data successiva alla scadenza del termine
concesso per l’adempimento (pagamento dell’intero importo dovuto
ovvero della prima rata, con la prestazione della garanzia sull’importo
delle rate successive), perché soltanto una volta verificato il regolare
adempimento dell’accordo conciliativo, la CTP potrà adottare il
provvedimento di estinzione del giudizio per cessata materia del
contendere.
4. Ciò precisato sul piano normativo, in punto di fatto deve
osservarsi che nel caso di specie si verte pacificamente in ipotesi di
conciliazione “breve postfissazione”, di cui alla prima parte del comma
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seconda parte), mentre nulla ha previsto con riferimento alla

5 dell’art. 48 d.lgs. n. 546 del 1992, risultando dalla sentenza impugnata
(pag. 3 lett. a) della motivazione) che «la proposta di conciliazione
giudiziale» venne «avanzata dall’agenzia e sottoscritta dal legale
rappresentante della ditta contribuente […] in relazione ai processi sorti
avverso gli impugnati atti di accertamento».

termine per il versamento della prima rata dell’importo concordato la
data del 10/01/2012, che invece la società contribuente vi provvide in
data 12/03/2012 e che effettuò il versamento della seconda e terza rata
in data 28/08/2012.
5. Orbene, l’applicazione al caso di specie i principi enucleati da
questa Corte nella già citata sentenza n. 3560 del 2009 (conf. Cass. n.
14547 del 2015), rende evidente che, ai fini della decorrenza del
termine per il versamento della prima rata, diversamente da quanto
sostenuto dalla ricorrente, non può prendersi in considerazione né il
piano di rateizzazione previsto dall’accordo conciliativo, né tanto
meno la data di versamento della prima rata (dalla CFR correttamente
ritenuto non perentorio, gravando sulla società contribuente soltanto
l’onere di corrispondere gli interessi eventualmente maturati per il
ritardo — v. ricorso, pag. 2) effettuato anticipatamente rispetto alla
comunicazione del provvedimento adottato dalla CTP (come indicato
al superiore punto “c”); né detto termine può essere individuato nella
data dell’udienza del 14/03/2012, in cui la CTP dispose il rinvio ad
altra udienza (del 2/05/2012) per la verifica della regolarità del
versamento della prima rata da parte della società contribuente, non
avendo la ricorrente, in ossequio alla regola di autosufficienza del
ricorso, provveduto né a trascrivere il contenuto del relativo verbale al
fine di consentire la verifica della presenza all’udienza della società
ricorrente, né ad indicare la data di comunicazione alla medesima
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4.1. E’ altresì pacifico che l’accordo conciliativo prevedeva quale

(qualora assente all’udienza) dell’avviso di differimento, come
prescritto dall’art. 34, comma 3, ultima parte, del d.lgs. n. 546 del 1992.
5.1. In assenza di tali specifiche indicazioni deve ritenersi che il
termine di venti giorni per effettuare il versamento della prima rata
prevista dall’accordo conciliativo nella specie decorreva dal 2/05/2012,

comunicazione della sentenza della CTP dichiarativa della cessazione
della materia del contendere (che, però, nella sentenza impugnata si
dice essere stata pubblicata il 4/07/2012), e così a scadenza trimestrale
le rate successive (il 22/08/2012 la seconda rata, il 22/11/2012 la
terza, e così a seguire).
5.2. Ma anche a voler individuare l’ultimo giorno utile per il
versamento della prima rata quella del 2/05/2012, data dell’udienza
all’esito della quale la CTP, preso atto della dichiarazione dell’Agenzia
delle entrate dell’esito positivo del versamento della prima rata,
dichiarava cessata la materia del contendere, risultano comunque
tempestivi sia il versamento della prima rata, effettuato anticipatamente
(il 13/03/2012) rispetto all’effettiva data di scadenza (2 o
22/05/2012), sia quello della seconda e terza rata, cumulativamente
effettuato in data 28/08/2012, al riguardo osservandosi che l’art. 48,
comma 3 bis, d.lgs. n. 546 del 1992 prevede la decadenza dal beneficio
della rateizzazione soltanto in caso di mancato pagamento di una rata
diversa dalla prima non effettuata «entro il termine di pagamento della
rata successiva» (nella specie, quindi, la seconda rata, scadente il 2 o
22/08/2012, andava versata entro la data del 2 o 22/11/2012, di
scadenza della terza, come in effetti è avvenuto, essendo stata versata il
28/08/2012). Ovviamente nessuna questione di tardività può porsi
con riferimento alla data del 4/07/2012, che si è detto essere quella

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data che le parti concordemente indicano come quella di

che la CTR indica come data di pubblicazione della sentenza della CTP
dichiarativa della cessazione della materia del contendere.
6. Conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato e la ricorrente
condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese
del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, mentre

del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa
dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115;

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore
della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida
in Euro 7.800,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché
al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei
compensi ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 10/01/2018

Integionasio ~lin”

risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito

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