Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14598 del 29/05/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/05/2019, (ud. 13/12/2018, dep. 29/05/2019), n.14598

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 18013 del ruolo generale dell’anno

2017, proposto da:

O.G. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso

dall’avvocato Gianfranco Salvatore D’Ettoris (C.F.: DTT GFR 71A17

D122T);

– ricorrente –

nei confronti di:

COMUNE DI CUTRO (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Vice Sindaco,

legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso

dall’avvocato Walter Fiumanò (C.F.: (OMISSIS));

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Catanzaro

n. 931/2016, pubblicata in data 7 giugno 2016;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 13 dicembre 2018 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

O.G. ha agito in giudizio nei confronti del comune di Cutro per ottenere il risarcimento dai danni subiti in seguito all’allagamento di un proprio locale cantinato ed al deterioramento di quanto in esso conservato, dovuto al difetto di manutenzione dei canali di scolo delle acque piovane da parte dell’ente.

La domanda è stata accolta dal Tribunale di Crotone, con condanna del comune al pagamento dell’importo di Euro 58.873,37.

La Corte di Appello di Catanzaro, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha ridotto l’importo del risarcimento ad Euro 12.000,00.

Ricorre l’ O., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Cutro.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. – Art. 360,comma 1, n. 3 – Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e motivazione insufficiente e contraddittoria in ordine alla valutazione della prova testimoniale del sig. O.A.”.

Con il secondo motivo si denunzia “Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 – omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e motivazione insufficiente e contraddittoria in ordine ali chiarimenti forniti dal CTU con relazione del 31.05.2010”.

I due motivi del ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto logicamente connessi.

Essi sono inammissibili.

In primo luogo sono inammissibili in radice le censure di motivazione insufficiente e contraddittoria, non rientrando più tale vizio tra quelli deducibili con il ricorso per cassazione, in virtù della attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., applicabile nella fattispecie in ragione della data di pubblicazione della decisione impugnata.

Inoltre, le censure di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non risultano effettuate con la necessaria specificità, in conformità ai canoni a tal fine individuati dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 16598 del 05/08/2016, Rv. 640829 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640192 – 01, 640193 – 01 e 640194 01)

Per ogni altro aspetto, il ricorso si risolve, nella sostanza, in contestazioni relative ad accertamenti di fatto incensurabilmente operati dai giudici del merito sulla base dell’esame dei fatti storici principali emergenti dagli atti e sostenuti da adeguata motivazione (non apparente, nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile in sede di legittimità), in relazione ai quali si chiede in sostanza esclusivamente una nuova e diversa valutazione delle prove, nonchè nella contestazione di valutazioni della corte territoriale in relazione all’attendibilità dei testimoni escussi (ivi incluso il teste I., sulla considerazione della cui deposizione inutilmente insiste in memoria il ricorrente, per essere quella comunque stata complessivamente valutata), ciò che non è ammissibile in sede di legittimità (cfr., tra le tante: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595 – 01;. 3, Sentenza n. 5328 del 08/03/2007, Rv. 595423 – 01; Sez. L, Sentenza n. 17097 del 21/07/2010, Rv. 614797 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 16056 del 02/08/2016, Rv. 641328 – 01; Sez. 1 -, Ordinanza n. 19011 del 31/07/2017, Rv. 645841 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 29404 del 07/12/2017, Rv. 646976 01).

E’ poi appena il caso di aggiungere, per completezza, che le censure relative alle emergenze della relazione di chiarimenti del consulente tecnico di ufficio non colgono adeguatamente la effettiva ratio della decisione impugnata, in quanto si tratta, in massima parte, di valutazioni relative al valore ed al possibile deterioramento di parte della merce indicata dall’attore come perduta, laddove la corte di appello ha ritenuto insussistente in radice la prova stessa dell’esistenza e della definitiva perdita di buona parte della predetta merce, rendendo irrilevante ogni questione sulla quantificazione del loro valore e coerentemente e correttamente provvedendo a liquidare il danno in via equitativa.

2. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore del comune controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 5.600,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ferma allo stato la non debenza stante l’ammissione al patrocinio tuttora non constando il suo venir meno.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2019

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