Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14596 del 29/05/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/05/2019, (ud. 06/12/2018, dep. 29/05/2019), n.14596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28652-2017 proposto da:

COMUNE DI PADOVA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEL VIMINALE 43, presso lo studio

dell’avvocato LIVIA LORENZONI, rappresentato e difeso dagli avvocati

RAFFAELLA CHIUMMIENTO, MARINA LOTTO, RAFFAELLA CHIUMMIENTO, VINCENZO

MIZZONI, PAOLO BERNARDI;

– ricorrente –

Contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato REMO DE NARD;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 601/7/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di VENEZIA, depositata il 22/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. LUCA

SOLAINI.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi (con rubrica pressochè sovrapponibile), nei cui confronti la parte ricorrente ha resistito con controricorso, illustrato da memoria, il comune di Padova impugnava la sentenza della CTR del Veneto, relativa a tre avvisi d’accertamento ICI 2009-2011 per il mancato riconoscimento dell’agevolazione riferita all’immobile adibito ad abitazione principale.

L’ente impositore deduce, con un primo motivo, il vizio di violazione di legge, in particolare, del D.L. n. 93 del 2008, art. 1,e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto, norma di stretta interpretazione ai sensi dell’art. 14 preleggi, poichè, erroneamente, i giudici d’appello avevano riconosciuto ai fini ICI il diritto all’agevolazione prevista per l’abitazione principale al coniuge separato di fatto che aveva fissato la residenza in altro immobile, rispetto a quello dove risiedeva il primo coniuge, pur in assenza di un provvedimento giurisdizionale che ne attestasse la separazione, e ciò, al fine di evitare che il regime agevolativo previsto dalla norma di cui alla rubrica, fosse utilizzato al sostanziale fine di eludere l’imposta, poichè per abitazione principale doveva intendersi quella nella quale il contribuente che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i sui familiari dimorano abitualmente.

Con un secondo motivo, il comune di Padova deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, del D.L. n. 93 del 2008, art. 1, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione dell’onere della prova D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 3, in quanto, la cessione della casa coniugale dal ricorrente alla moglie, per intervenuta separazione di fatto (e non giudiziale), non consentiva ai giudici d’appello, alla stregua delle norme di cui alla rubrica, il riconoscimento dell’esenzione che spetta unicamente all’immobile di residenza della famiglia e non a quello di residenza dei singoli coniugi.

I due motivi, che possono essere oggetto di un esame congiunto, perchè connessi, sono fondati.

E’, infatti, insegnamento di questa Corte, quello che “In tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della spettanza della detrazione prevista, per le abitazioni principali (per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica), dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8 (come modificato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 173, lett. b), con decorrenza dall’1 gennaio 2007), occorre che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la detrazione sulla base dell’accertamento che l’immobile “de quo” costituisse dimora abituale del solo ricorrente e non della di lui moglie).” (Cass. ord. n. 15444/17, Cass. ordd. nn. 12299/17, 13062/17, 12050/10).

Nel caso di specie, la CTR ha accertato – così come confermato dal contribuente in controricorso -che l’abitazione oggetto dell’atto impositivo non costituiva, nell’anno in contestazione, dimora abituale non solo propria ma anche del proprio nucleo familiare, a nulla rilevando, ai fini fiscali, la situazione di separazione di fatto, che è una situazione transeunte, suscettibile di essere revocata in qualsiasi momento dagli stessi coniugi, mentre, le agevolazioni fiscali, sono notoriamente di stretta interpretazione e richiedono per essere riconosciute di presupposti certi (nel caso di specie, la necessità di un provvedimento giurisdizionale che riconoscesse la definitiva frattura del rapporto coniugale). E’, inoltre, lo stesso contribuente che ha evidenziato come lui stesso e il coniuge avessero residenza anagrafica e dimora abituale in luoghi diversi (vedi ff. 3 e 4 del controricorso).

Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio del doppio grado di merito a seguito dell’alterno esito rispetto al presente giudizio, ponendosi a carico della contribuente le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione:

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna la contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 900,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, alla Camera di consiglio, il 6 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2019

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