Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14593 del 12/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 12/06/2017, (ud. 13/03/2017, dep.12/06/2017),  n. 14593

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23853-2014 proposto da:

BANCA DEL FUCINO S.P.A., – P.I. (OMISSIS), in persona del Presidente

e Legale Rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso lo studio dell’avvocato LUCA VIANELLO

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO N. (OMISSIS) S.P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4017/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/03/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza del 13/06/2014 la Corte d’appello di Roma ha respinto l’impugnazione avverso la pronuncia di primo grado con la quale erano stati dichiarati inefficaci e revocati nei confronti della massa dei creditori ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2, le rimesse effettuate dalla società fallita (OMISSIS) s.p.a. in bonis nell’anno precedente l’ammissione a concordato preventivo (avvenuta il 20/07/1995) per l’importo di Euro 130.145,18, oltre interessi legali. Ha condannato altresì la Banca del Fucino s.p.a. alla restituzione delle somme.

A sostegno della decisione la Corte d’Appello ha rilevato che la sentenza di primo grado non era nulla per radicale carenza di motivazione, in quanto era comunque possibile, pur nella succinta motivazione, ricostruire il percorso motivazionale seguito dal giudice in riferimento al thema decidendum ed alle ragioni poste a fondamento del dispositivo.

Viene inoltre respinta l’eccezione di prescrizione; in quanto il relativo termine decorre dalla data del fallimento ma la delimitazione del periodo sospetto deve decorrere dalla data di ammissione alla prima procedura (concordato preventivo). Il periodo sospetto va dal 20/7/94 al 20/7/95 e la prescrizione invece decorre dalla data del 18/2/2004. Sussiste la scientia decoctionis, da desumere dalla natura solutoria delle rimesse e dai numerosi indizi costituiti da procedure esecutive mobiliari ed immobiliari, decreti ingiuntivi esecutivi, iscrizione di ipoteche giudiziali e delibera di messa in liquidazione del 23/3/1995.

Per la cassazione di suddetta pronuncia ricorre la Banca del Fucino, basandosi su due motivi.

Non svolge difese l’intimato Fallimento (OMISSIS) s.p.a. Deduce il ricorrente:

1) violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, degli artt. 2729 e 2729 c.c. con riferimento alla L. Fall., art. 67, perchè la scientia decoctionis in capo alla Banca è stata ritenuta sussistente non sulla base della conoscenza effettiva ma della “conoscibilità”, desunta sostanzialmente anche se non dichiaratamente dal fatto che la banca è un operatore qualificato che dovrebbe essere a conoscenza di una serie di elementi. La prova della scientia decoctionis è stata raggiunta sulla base di fatti privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza ex art. 2727 e 2729 c.c. In assenza di loro pubblicità, la Banca non avrebbe potuto conoscere notizie estranee al suo rapporto con la fallita;

2) violazione ex art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione agli artt. 132 e 156 c.p.c., perchè la Corte d’appello ha escluso la nullità della sentenza di primo grado per carenza motivazionale con una motivazione anch’essa apparente, generica e contraddittoria.

Il Collegio non condivide la proposta di decisione del Consigliere relatore designato ex art. 380bis c.p.c., così formulata: “manifesta fondateti del ricorso. Primo motivo: nessuna prova nè motivazione su scientia decoctionis (Cass. 3336/2015). Secondo motivo assorbito o da accogliere: motivazione apparente su rigetto dell’identico vizio della sentenza di primo grado”.

Il primo motivo non merita accoglimento.

Come insegna la giurisprudenza di questa Corte, la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo deve essere effettiva e non meramente potenziale, ma la relativa dimostrazione può essere basata su elementi indiziari caratterizzati dagli ordinari requisiti della gravità, precisione e concordanza (in applicazione del disposto degli artt. 2727 e 2729 c.c.), i quali conducano a ritenere che il terzo, facendo uso della sua normale prudenza ed avvedutezza – rapportata anche alle sue qualità personali e professionali, nonchè alle condizioni in cui egli si è trovato concretamente ad operare – non possa non aver percepito i sintomi rivelatori dello stato di decozione del debitore (Cass. 18196/2012). La conoscenza effettiva dello stato di insolvenza è oggetto di apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato (Cass. 8827/2011). Nella specie la sentenza d’appello ha fondato la propria valutazione circa la sussistenza della scientia decoctionis in capo alla Banca su plurimi elementi, esaminati alla luce della sua peculiare condizione professionale: le molteplici procedure mobiliari e immobiliari promosse in danno della società fallita fin dal 1994, precedentemente al periodo sospetto; l’emissione di decreti ingiuntivi nel corso del 1993, due dei quali in favore di istituti di credito; l’iscrizione, in forza degli stessi decreti ingiuntivi, di ipoteche giudiziali.

Sotto il profilo della dedotta violazione e falsa applicazione di legge la sentenza impugnata, pertanto, resiste alle censure mosse nel ricorso, non potendo, del resto, questa Corte procedere ad un riesame del merito degli elementi posti alla base delle inferenze presuntive.

Il secondo motivo è inammissibile perchè nel prospettare un vizio motivazionale (benchè dedotto formalmente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) suppone come ancora esistente il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza, essendo invece oggi denunciabile, in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 del 2012, soltanto l’omesso esame di un fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti (Cass., sez. un., n. 8053/2014, n. 8054/2014).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. In mancanza della parte resistente, non vi è statuizione sulle spese processuali.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Dà atto altresì della ricorrenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2017

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