Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14592 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/07/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18828-2014 proposto da:

P.M. (C.F. (OMISSIS)), nella qualità di titolare della

DITTA INDIVIDUALE GEOMETRIE DI P.M., rapp. e dif., in

virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. MARIA

ANTONELLI, presso il cui studio è elett.te dom.to in ROMA, alla

PIAZZA GONDAR, n. 22;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. 06363391001), in persona del Direttore

p.t., legale rappresentante, dom.to in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rapp. e dif.;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 380 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

della LIGURIA, depositata il 25/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/2/2020 dal Consigliere Dott. GIAN ANDREA CHIESI.

Fatto

RILEVATO

Che:

M.P., nella spiegata qualità, propose ricorso, innanzi alla C.T.P. di Genova, avverso l’avviso di accertamento notificatogli per riprese I.R.P.E.F., iva e (NDR testo non leggibile) 2007, fondato sul maggior reddito ascritto allo stesso, rispetto a quello dichiarato, quale conseguenza dell’avvenuta scoperta dell’impiego, nello svolgimento della propria attività imprenditoriale, di un lavoratore non regolarmente assunto;

che la C.T.P. di Genova rigettò il ricorso con sentenza n. 58/10/2012, avverso la quale il P. propose appello innanzi alla C.T.R. della Liguria; quest’ultima, con sentenza n. 380, depositata il 25.3.2014, rigettò il gravame, rilevando per quanto in questa sede ancora interessa – come l’impiego di mano d’opera in nero rappresentasse una circostanza incontestata ed idonea ad ingenerare la presunzione richiesta del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), onde procedere all’accertamento, in via induttiva, del maggior reddito poi imputato al contribuente;

che avverso tale decisione il P., nella spiegata qualità, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi; si è costituita, con controricorso, l’AGENZIA DELLE ENTRATE;

che parte ricorrente ha depositato, altresì, memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.;

considerato che con il primo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione, per avere la C.T.R. “ignorato integralmente dirimenti circostanze di fatto e risultanze processuali, recando una motivazione del tutto apparente” (cfr. ricorso, p. 7, penultimo cpv.), avuto particolare riguardo alle dichiarazioni rese dallo stesso P. (quale presunto datore di lavoro) e dal sig. F.M. (quale presunto lavoratore “in nero”) agli agenti verbalizzanti in data 25.10.2007;

che il motivo – il quale disvela, in realtà, un vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione ai fatti accertati dalla C.T.R. – è inammissibile, versandosi in presenza di cd. “doppia conforme” ex art. 348-ter c.p.c., comma 5, (cfr la motivazione della gravata decisione, p. 1, secondo cpv. e ss.), rispetto alla quale parte ricorrente ha omesso di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, atte a dimostrare che esse sono tra loro diverse (Cass., Sez. L, 6.8.2019, n. 20994, Rv. 654646-01);

che quanto precede determina, peraltro, l’assorbimento del secondo motivo, con cui parte ricorrente ripropone sostanzialmente le medesime doglianze, sia pure riconducendole al vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

che con il terzo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, nonchè degli artt. 2697,2728 e 2729 c.c., per avere la C.T.R. errato nel ritenere legittimo l’accertamento analitico induttivo sotteso all’avviso di accertamento, nonostante l’insussistenza – nella specie – di presunzioni gravi, precise e concordanti; che, premesso in linea generale che, in sede di accertamento analitico induttivo l’Ufficio, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, può anche ricorrere a presunzioni semplici, aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c. (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 5, 18.12.2019, n. 33604, Rv. 656397-01) e che, in tema di accertamento tributario, l’Amministrazione finanziaria può fondare la propria pretesa anche su un unico indizio, se grave e preciso, cioè dotato di elevata valenza probabilistica (Cass., Sez. 6-5, 12.2.2018, n. 3276, Rv. 647114-01), osserva la Corte come il motivo, sì come formulato, è inammissibile, disvelando un vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: parte ricorrente, infatti, dolendosi della mancata considerazione, ad opera della C.T.R., delle dichiarazioni rese dal P. e dal F. (cfr. ricorso, p. 15, secondo e terzo cpv.), mira sostanzialmente ad una diversa rilettura del materiale istruttorio, alternativa rispetto a quella operatane dai giudici di seconde cure e volta a confutarne le conclusioni. Sennonchè, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. U, 27.12.2019, n. 34476, Rv. 656492-03), proponendone una propria diversa interpretazione, poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da quello è preclusa in sede di legittimità (Cass., Sez. 6-5, 7.12.2017, n. 29404, Rv. 646976-01). Tale principio, invero, ha trovato applicazione al caso di ricorso, da parte del giudice di merito, alle presunzioni, essendo consolidata, a tale ultimo riguardo, la conclusione per cui, in tema di contenzioso tributario, spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso a presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (cfr., recentemente, Cass., Sez. 6-5, 8.1.2015, n. 101, Rv. 634118-01);

con il quarto ed ultimo motivo, infine, parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) dell’omesso esame di “fatti significativi e decisivi” per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, identificati in alcuni documenti puntualmente indicati alle pp. 16-17 del ricorso, idonei a dimostrare che, al momento della verifica, il F. “non poteva nè essere alle dipendenze dell’esponente al momento dell’unico accesso dell’Agenzia delle entrate, nè avere la capacità lavorativa presunta dall’ufficio” (cfr. ricorso, p. 16).

che il motivo è inammissibile. Ed infatti, qualora – come nella specie – sia denunciata l’omessa valutazione di prove documentali, il ricorrente, per il principio di specificità, ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione (Cass., Sez. 5, 21.5.2019, n. 13625, Rv. 653996-01): sennonchè, se la difesa del P. è stata puntuale nell’assolvere a tali oneri con riferimento alle difese proposte innanzi alla C.T.R., nulla ella ha invece detto circa l’attività difensiva svolta in prime cure, sì da precludere al Collegio ogni valutazione in ordine alla novità o meno (a) della produzione documentale in questione, (b) delle circostanze fattuali dalla stessa evincibili nonchè (c) delle argomentazioni difensive svolte in proposito dall’odierno ricorrente;

Ritenuto, in conclusione, che il ricorso debba essere rigettato; che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna M.P. al pagamento, in favore dell’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 2.300,00 (duemilatrecento/00) per compenso professionale, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di M.P., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020

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