Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14590 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 15/07/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 15/07/2016), n.14590

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICIE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4981/2011 proposto da:

G.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2, presso lo studio dell’avvocato ANGELO

CLARIZIA, rappresentato e difese dagli avvocati SALVATORE PRTSCO,

RAFFAELE PIONATARO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI POMPEI, P.I. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 35, presso lo

studio dell’avvocato TIZIANA APUZZO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANTONIO FESTINO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 201.6/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/03/2010 r.g.n. 8198/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito il P.M., in persona de: Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Napoli ha respinto il gravame proposto da G.R. avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata con la quale era stata rigettata la domanda volta ad ottenere la condanna del Comune di Pompei al pagamento della retribuzione di posizione (parte variabile) e della retribuzione di risultato maturate nel biennio 2000/2001.

2 – La Corte territoriale, dopo avere premesso che l’appellante, dirigente del settore dei servizi demografici, era stato collocato in quiescenza il 30 settembre 2001, ha evidenziato che il contratto collettivo decentrato integrativo, stipulato dal Comune di Pompei in data 2 agosto 2002, aveva riconosciuto il diritto a percepire la parte variabile della indennita’ di posizione solo a partire dal 1 gennaio 2002. Ha rilevato che il CCNL aveva riservato alla contrattazione integrativa la fissazione dei criteri generali di determinazione della parte variabile, stabilendo anche i tempi nel rispetto dei quali le trattative dovevano essere svolte. Dette disposizioni contrattuali, peraltro, non attribuivano al dipendente il diritto soggettivo a percepire, in una data misura, la voce retributiva sicche’ la eventuale violazione della tempistica indicata dalla contrattazione nazionale avrebbe, al piu’, potuto giustificare un’azione di risarcimento del danno, non proposta nella fattispecie. Ha evidenziato, inoltre, che la quantificazione della retribuzione di posizione presupponeva la previa graduazione delle funzioni, riservata alla pubblica amministrazione.

3 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Raffaele Giuliano sulla base di un unico motivo. Il Comune di Pompei ha resistito con tempestivo controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con l’unico motivo di ricorso G.R. denuncia “violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 40 e 45 e degli artt. 1362 c.c. e segg., in tema di interpretazione dei contratti”. Sostiene, in sintesi, il ricorrente che la contrattazione di secondo livello, in quanto derivata, deve rispettare innanzitutto i limiti temporali posti dalla norma superiore, sicche’ incorre nella nullita’ prevista del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 3, la contrattazione decentrata che, intervenendo tardivamente a disciplinare la materia di sua competenza, finisca per differire i benefici economici spettanti in base alla disciplina nazionale, penalizzando i dipendenti non piu’ in servizio alla data di sottoscrizione del contratto decentrato. Aggiunge che il contratto integrativo del Comune di Pompei, all’art. 3, contraddittoriamente determina l’ammontare delle risorse economiche riservate alla contrattazione decentrata per gli anni 1999, 2000, 2001 e 2002, ma poi disciplina solo la utilizzazione delle risorse economiche riferite al 2002 “senza precisare che fine abbiano fatto gli analoghi fondi degli anni precedenti”.

2 – Il ricorso e’ inammissibile.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, previsto a pena di inammissibilita’ dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, puo’ dirsi soddisfatto solo qualora il contenuto del ricorso sia tale da consentire al giudice di legittimita’ di avere una chiara e completa visione e cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o ad altri atti in suo possesso compresa la stessa sentenza impugnata.

E’, quindi, necessario che nel ricorso vengano evidenziati “i fatti che hanno generato la controversia e le vicende del processo; le diverse e particolari posizioni assunte dai soggetti che vi hanno partecipato; le complessive e contrapposte tesi in fatto e in diritto sviluppate dalle parti nei rispettivi scritti difensivi; i ragionamenti posti a sostegno della decisione…” (Cass. S.U. 18.5.2006 n. 11653).

Nel caso di specie il ricorrente si e’ limitato a trascrivere il contenuto del ricorso di primo grado e ad affermare che la domanda era stata respinta sia dal Tribunale di Torre Annunziata che dalla Corte di Appello di Napoli, senza fare alcun cenno alle difese avversarie, alle ragioni per le quali il giudice di prime cure aveva respinto il ricorso, alla stessa motivazione della sentenza impugnata, della quale e’ stata offerta, nell’ambito del motivo, solo una personale interpretazione.

Il ricorso, quindi, e’ costruito in modo difforme rispetto al modello imposto dall’art. 366 c.p.c. perche’ non consente, senza avvalersi di altri atti, una cognizione chiara e completa della vicenda processuale.

2.1 – Osserva, inoltre, il Collegio che allorquando, come nella fattispecie, si discuta della validita’ e della interpretazione di clausole della contrattazione integrativa non operano i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte con riferimento al contratto collettivo di diritto pubblico, per il quale l’esigenza di certezza e di conoscenza da parte del giudice e’ gia’ assolta, in maniera autonoma, mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, comma 1, n. 3. Detto regime di pubblicita’, infatti, non e’ previsto per i contratti integrativi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono.

Da cio’ questa Corte ha tratto la conseguenza che, ove venga in rilievo la disciplina dettata dalla contrattazione integrativa, e’ innanzitutto necessario che il ricorrente, a pena di inammissibilita’, riporti il contenuto della normativa contrattuale (Cass. 11.4.2011 n. 8231).

Non opera, inoltre, l’esenzione dall’onere, imposto dall’art. 369 c.p.c., n. 4, di depositare nella sua interezza il contratto, onere che puo’ essere soddisfatto anche mediante la produzione del fascicolo di parte del giudizio di merito, ma a condizione che il ricorrente nel ricorso indichi in modo specifico gli atti, i documenti ed i dati necessari al reperimento degli stessi (Cass. S.U. 3.11.2011 n. 22726 e negli stessi termini, in relazione alla produzione del CCNL, fra le piu’ recenti Cass. 11.1.2016 n. 195).

Nel caso di specie detti oneri non sono stati assolti perche’ il ricorrente non ha riportato nel ricorso il contenuto delle norme del contratto integrativo ne’ ha indicato in modo specifico le produzioni effettuate, avendo solo genericamente richiamato, a pag. 19 del ricorso, quelle dei precedenti gradi di giudizio.

3 – Va dichiarata, pertanto, la inammissibilita’ del ricorso.

Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e devono essere poste a carico del ricorrente nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilita’ del ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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