Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14588 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. II, 26/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 26/05/2021), n.14588

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22913 – 2019 R.G. proposto da:

Z.B., – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato in Roma,

alla via Collina, n. 48, presso lo studio dell’avvocato Ermanno

Pacanowski, che lo rappresenta e difende in virtù di procura

speciale su foglio allegato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, – c.f. (OMISSIS) – in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 3500/2019;

udita la relazione nella camera di consiglio del 14 gennaio 2021 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Z.B., cittadino del (OMISSIS), di religione (OMISSIS), formulava istanza di protezione internazionale.

Esponeva che all’età di nove anni, dopo la morte dei genitori, si era trasferito presso uno zio paterno in (OMISSIS); che lo zio e la moglie lo avevano sottoposto a soprusi e maltrattamenti, obbligandolo a lavorare duramente nei campi; che per tali ragioni aveva deciso di raggiungere l’Italia.

2. La competente Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale rigettava l’istanza.

3. Con ordinanza del 15.11.2017 il Tribunale di Roma respingeva il ricorso proposto da Z.B. avverso il provvedimento della commissione.

4. Z.B. proponeva appello.

Il Ministero dell’Interno non si costituiva.

5. Con sentenza n. 3500/2019 la Corte di Roma rigettava il gravame.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso Z.B.; ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente ai soli fini dell’eventuale partecipazione alla pubblica udienza.

7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla direttiva 2004/83CE, recepita dal D.Lgs. n. 251 del 2007, la violazione o falsa applicazione di norme di diritto.

Deduce che i giudici di merito si sono ingiustificatamente astenuti dall’esercizio dei poteri istruttori officiosi.

8. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 l’omesso esame delle dichiarazioni rese e delle allegazioni addotte ai fini della valutazione delle condizioni del paese d’origine.

Deduce che le persecuzioni ben possono provenire da soggetti non statuali.

Deduce, in ordine alla (OMISSIS), che la situazione sociopolitica è di forte instabilità e l’intero territorio è segnato da violenze indiscriminate.

Deduce, in ordine al (OMISSIS), che dal rapporto di “Amnesty International” 2017/2018 si desume che i diritti umani non sono in alcun modo salvaguardati e che esiste una situazione parimenti di generale insicurezza.

9. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Deduce che ha errato la corte a disconoscere la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex lett. c); che in (OMISSIS) ed in (OMISSIS) sussistono situazioni di violenza generalizzata ed indiscriminata.

10. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’errata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Deduce che i giudici di merito hanno ritenuto di non concedere la protezione umanitaria; che i giudici di merito non hanno tenuto conto del grado di integrazione raggiunto nel tessuto socioeconomico italiano e delle condizioni sociopolitiche del paese di provenienza.

11. Con il quinto motivo il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, come modificato dal D.Lgs. n. 13 del 2017, art. 6 in relazione agli artt. 3,24,111 e 113, Cost.

Deduce, subordinatamente al mancato accoglimento degli esperiti motivi di ricorso, che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, nel disporre la soppressione dell’appello nella materia dei diritti fondamentali della persona, si pone in contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza, dell’inviolabilità del diritto di difesa e del giusto processo.

12. Deve preliminarmente considerarsi tamquam non esset la costituzione, per il ricorrente, evidentemente in aggiunta all’avvocato Ermanno Pacanowski, costituitosi con l’iniziale ricorso, dell’avvocato Iacopo Maria Pintorri sulla scorta, tout court, di procura speciale in data 14.12.2020 con sottoscrizione autenticata dallo stesso avvocato Iacopo Maria Pintorri.

Invero, alla stregua del disposto dell’art. 83 c.p.c., comma 3, (nella formulazione ratione temporis applicabile al caso di specie ovvero nella formulazione susseguente alla novella di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 9, lett. a), nel giudizio di cassazione la procura speciale al nuovo difensore ovvero ad un ulteriore difensore va in ogni caso rilasciata a margine o in calce alla “memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato”.

In mancanza, ossia se la procura non è rilasciata contestualmente alla memoria anzidetta, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dallo stesso art. 83 c.p.c., comma 2 cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata.

13. Deve al contempo e conseguentemente considerarsi tamquam non esset la “rinuncia al procedimento per asilo politico in Italia per adesione alla procedura di emersione lavoro irregolare”, pervenuta in data 2 dicembre 2020 per posta elettronica, siccome sottoscritta – oltre che dal ricorrente – dall’avvocato Iacopo Maria Pintorri.

14. Si tenga conto, inoltre, che, a norma dell’art. 372 c.p.c., è inammissibile il deposito di nuova documentazione, che non afferisca nè alla nullità della sentenza impugnata nè all’ammissibilità del ricorso nè all’ammissibilità del controricorso.

15. I rilievi, che la delibazione del primo, del secondo e del terzo motivo di ricorso postula, tendono, per ampia parte, a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea dei medesimi mezzi di impugnazione, mezzi che, in ogni caso, sono da rigettare.

16. La corte di merito ha opinato per la natura “privata” della vicenda narrata dal ricorrente, siccome espressiva, al più, di dissidi endofamiliari, dunque tale sia da escludere il pericolo di persecuzioni o di trattamenti inumani e degradanti sia da non giustificare il riconoscimento e dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. a) e b).

Ebbene, la valutazione del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento “di fatto” rimesso al giudice del merito, censurabile in cassazione unicamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni del richiedente asilo (cfr. Cass. (ord.) 5.2.2019, n. 3340).

In questi termini, nel solco dunque della previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nessuna forma di “anomalia motivazionale”, rilevante alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, si scorge nelle motivazioni che sorreggono, in parte qua, l’impugnato dictum.

In ogni caso l’assunto della corte, circa la valenza “privata” della vicenda narrata dal ricorrente, è ineccepibile ed appieno da condividere.

Cosicchè non vi era necessità alcuna chè i giudici di merito si avvalessero dei loro poteri officiosi di cooperazione istruttoria.

17. D’altra parte è vero senza dubbio che anche i c.d. soggetti non statuali possono considerarsi responsabili della persecuzione o del danno grave, ove lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi (cfr. Cass. (ord.) 1.4.2019, n. 9043).

E tuttavia Z.B., al di là dei maltrattamenti e dei soprusi subiti, per nulla ha riferito di aver ricevuto minacce ovvero di esser stato destinatario di violenze da parte dello zio paterno.

18. In tema di protezione sussidiaria, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), implica un apprezzamento “di fatto” rimesso al giudice del merito, censurabile in cassazione nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. 21.11.2018, n. 30105; Cass. (ord.) 12.12.2018, n. 32064).

Ovviamente il riscontro della situazione in linea astratta prefigurata dall’art. 14 cit., lett. c va operato con riferimento al paese d’origine del ricorrente, ossia al paese ove il ricorrente è, se del caso, da rimpatriare.

Nella fattispecie, quindi, il riscontro della situazione di violenza indiscriminata andava e va effettuato con riguardo non già alla (OMISSIS) ma al (OMISSIS), paese di origine e provenienza di Z.B..

19. In questi termini, analogamente nel solco dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ed alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite, si osserva quanto segue.

Per un verso, nessuna “anomalia motivazionale” si scorge in ordine alle motivazioni alla stregua delle quali la corte distrettuale ha negato la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. c).

La corte ha specificato che il report di “Amnesty International” 2017/2018, benchè desse atto di talune criticità, induceva ad escludere l’esistenza in (OMISSIS) di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitti armati interni o internazionali.

Per altro verso, il ricorrente, in fondo, adduce a supporto delle sue doglianze il medesimo report.

E nondimeno lo invoca e lo adduce, da un lato, con riferimento a “profili” – la condizione degli istituti carcerari, la situazione di emergenza sanitaria, la violazione dei diritti umani – che non hanno una precipua valenza ai fini della valutazione postulata dall’art. 14 cit., lett. c; dall’altro, con riferimento a specifici episodi di violenza, che, così come ha ritenuto la corte capitolina, non danno ragione dell’esistenza in (OMISSIS) di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitti armati interni o internazionali.

20. Parimenti è da respingere il quarto motivo di ricorso.

21. Senza dubbio il ricorrente aveva domandato, con l’atto di appello, “in via ulteriormente gradata, l’accertamento dei presupposti per ottenere un permesso di soggiorno per motivi umanitari” (così sentenza d’appello, pag. 2).

Senza dubbio nulla al riguardo la Corte di Roma ha statuito, incorrendo nel vizio di omissione di pronuncia (cfr. Cass. (ord.) 27.11.2017, n. 28308, secondo cui il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto).

E però il ricorrente nè con il quarto motivo nè con gli ulteriori mezzi di impugnazione ha censurato l’omissione di pronuncia che innegabilmente si registra al riguardo (in tema cfr. Cass. sez. un. 24.7.2013, n. 17931).

22. La quaestio legitimitatis prefigurata con il quinto motivo di ricorso è in toto irrilevante nel caso di specie.

E’ sufficiente rimarcare che il presente giudizio di “protezione internazionale” è “di vecchio rito”, tant’è che si è celebrato l’appello e si è impugnato il dictum della Corte di Roma.

E’ appena il caso di soggiungere – comunque – che la quaestio legitimitatis è manifestamente infondata (cfr. Cass. (ord.) 30.10.2018, n. 27700, secondo cui è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, artt. 24 e 111, nella parte in cui stabilisce che il procedimento per l’ottenimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile in quanto è necessario soddisfare esigenze di celerità, non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado ed il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione; cfr. altresì Cass. (ord.) 5.11.2018, n. 28119).

23. Il Ministero dell’Interno si è costituito ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione. Di fatto dunque non ha svolto alcuna difesa. Nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va pertanto assunta.

24. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quaterdà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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