Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14587 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. II, 26/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 26/05/2021), n.14587

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21718 – 2019 R.G. proposto da:

S.K., – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato in Roma,

alla via Collina, n. 48, presso lo studio dell’avvocato Ermanno

Pacanowski, che lo rappresenta e difende in virtù di procura

speciale su foglio allegato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, – c.f. (OMISSIS) – in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Salerno n. 830/2019;

udita la relazione nella camera di consiglio del 14 gennaio 2021 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. S.K., cittadino del (OMISSIS), formulava istanza di protezione internazionale.

Esponeva che aveva abbandonato il suo paese allo scopo di procurarsi i mezzi necessari per sostenere la sua famiglia; che in occasione del matrimonio della sorella il padre aveva chiesto ed ottenuto un prestito di denaro che non era in grado di restituire; che si era dapprima trasferito in Libia e poi aveva raggiunto l’Italia.

2. La competente Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale rigettava l’istanza.

3. Con ordinanza in data 24.8.2018 il Tribunale di Salerno respingeva il ricorso proposto da S.K. avverso il provvedimento della commissione.

4. S.K. proponeva appello.

Resisteva il Ministero dell’Interno.

5. Con sentenza n. 830/2019 la Corte di Salerno rigettava il gravame.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso S.K.; ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

Il Ministero dell’Interno ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla direttiva 2004/83CE, recepita dal D.Lgs. n. 251 del 2007, la violazione o falsa applicazione di norme di diritto.

Deduce che i giudici di merito si sono ingiustificatamente astenuti dall’esercizio dei poteri istruttori officiosi.

8. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’omesso esame delle dichiarazioni rese e delle allegazioni addotte ai fini della valutazione delle condizioni del paese d’origine.

Deduce che le persecuzioni ben possono provenire da soggetti non statuali.

Deduce che, così come si desume dal rapporto di “Amnesty International” 2017/2018, in (OMISSIS) i diritti umani non sono per nulla salvaguardati, le condizioni all’interno degli istituti penitenziari sono molto dure, si verificano continui attacchi da parte di gruppi armati.

Deduce dunque che la situazione sociopolitica non è per nulla rassicurante.

9. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Deduce che ha errato la corte a disconoscere la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex lett. c); che in (OMISSIS) esiste una situazione di violenza generalizzata ed indiscriminata.

10. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’errata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Deduce che i giudici di merito, ai fini dell’invocata protezione umanitaria, non hanno tenuto conto del grado di integrazione nel tessuto socioeconomico italiano e delle condizioni sociopolitiche del paese di provenienza.

11. Con il quinto motivo il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, come modificato dal D.Lgs. n. 13 del 2017, art. 6 in relazione agli artt. 3,24,111 e 113, Cost.

Deduce, subordinatamente al mancato accoglimento degli esperiti motivi di ricorso, che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, nel disporre la soppressione dell’appello nella materia dei diritti fondamentali della persona, si pone in contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza, dell’inviolabilità del diritto di difesa e del giusto processo.

12. I rilievi, che la delibazione del primo, del secondo, del terzo e del quarto motivo di ricorso postula, tendono, per ampia parte, a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea dei medesimi mezzi di impugnazione, mezzi che, in ogni caso, sono da rigettare.

13. La corte di merito – in aggiunta al rilievo per cui la domanda tesa ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato era stata esperita per la prima volta in grado d’appello, sicchè doveva reputarsi inammissibile – ha evidenziato, in ogni caso, che l’appellante aveva dichiarato di aver lasciato il (OMISSIS) per ragioni economiche e di non essersi mai interessato di politica.

La corte dunque ha opinato nel senso che le ragioni che hanno indotto S.K. ad abbandonare il (OMISSIS), fossero legate esclusivamente al desiderio, all’aspirazione al miglioramento del status economico proprio e della propria famiglia, sicchè erano da escludere sia il pericolo di persecuzioni o di trattamenti inumani e degradanti sia il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, ex lett. a) e b).

14. Orbene, la valutazione del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento “di fatto” rimesso al giudice del merito, censurabile in cassazione unicamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni del richiedente asilo (cfr. Cass. (ord.) 5.2.2019, n. 3340).

In questi termini, nel solco quindi della previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nessuna forma di “anomalia motivazionale”, rilevante alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, si scorge nelle motivazioni che sorreggono, in parte qua, l’impugnato dictum.

In ogni caso l’assunto della corte, circa la valenza rigorosamente “economica” delle ragioni dell’espatrio, è ineccepibile.

Cosicchè non vi era necessità alcuna chè i giudici di merito si avvalessero dei loro poteri officiosi di cooperazione istruttoria.

15. D’altra parte, è vero senza dubbio che anche i c.d. soggetti non statuali possono considerarsi responsabili della persecuzione o del danno grave, ove lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi (cfr. Cass. (ord.) 1.4.2019, n. 9043).

E tuttavia S.K. per nulla ha riferito di aver ricevuto minacce ovvero di esser stato destinatario di violenze da parte di chicchessia.

16. In tema di protezione sussidiaria, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), implica un apprezzamento “di fatto” rimesso al giudice del merito, censurabile in cassazione nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. 21.11.2018, n. 30105; Cass. (ord.) 12.12.2018, n. 32064).

In questi termini, analogamente nel solco dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ed alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite, si osserva quanto segue.

Per un verso, nessuna “anomalia motivazionale” si scorge in ordine alle motivazioni alla stregua delle quali la corte distrettuale ha negato la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. c).

La corte ha specificato, tra l’altro, che il report di “Amnesty International” 2017/2018 induceva a negare l’esistenza in (OMISSIS) di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitti armati interni o internazionali; che segnatamente il rischio di attentati terroristici era del tutto analogo a quello presente in altri paesi.

Per altro verso, il ricorrente, in fondo, adduce a supporto delle sue doglianze il medesimo report.

E nondimeno lo invoca e lo adduce, da un lato, con riferimento a “profili” – la condizione degli istituti carcerari, la situazione di diffusa povertà minorile, la violazione dei diritti umani – che non hanno una precipua valenza ai fini della valutazione postulata dall’art. 14 cit., lett. c; dall’altro, con riferimento a non meglio precisati episodi di violenza, che non valgono a smentire l’assunto della corte salernitana dell’inesistenza in (OMISSIS) di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitti armati interni o internazionali.

17. Senza dubbio – spiega questa Corte – in tema di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, la condizione di “vulnerabilità” del richiedente deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, non potendosi tipizzare le categorie soggettive meritevoli di tale tutela che è invece atipica e residuale, nel senso che copre tutte quelle situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dello status di “rifugiato” o della protezione sussidiaria, tuttavia non possa disporsi l’espulsione (cfr. Cass. 15.5.2019, n. 13079; cfr. Cass. 23.2.2018, n. 4455).

18. Su tale scorta si rappresenta che la Corte di Salerno ha puntualizzato che l’appellante non aveva con l’atto di gravame fornito allegazione di peculiari situazioni di vulnerabilità e si era limitato genericamente a domandare il riconoscimento della protezione umanitaria.

19. In questi termini non può non darsi atto che il ricorrente per nulla ha censurato, così come avrebbe dovuto, il surriferito difetto di allegazione, sicchè le ragioni di censura che il quarto motivo di impugnazione veicola, non si correlano alla ratio decidendi in parte qua dell’impugnato dictum.

20. La quaestio legitimitatis prefigurata con il quinto motivo di ricorso è in toto irrilevante nel caso di specie.

E’ sufficiente rimarcare che il presente giudizio di “protezione internazionale” è “di vecchio rito”, tant’è che si è celebrato l’appello e si è impugnato il dictum della Corte di Salerno.

E’ appena il caso di soggiungere – comunque – che la quaestio legitimitatis è manifestamente infondata (cfr. Cass. (ord.) 30.10.2018, n. 27700, secondo cui è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui stabilisce che il procedimento per l’ottenimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile in quanto è necessario soddisfare esigenze di celerità, non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado ed il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione; cfr. altresì Cass. (ord.) 5.11.2018, n. 28119).

21. In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare al Ministero dell’Interno le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

22. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, S.K., a rimborsare al Ministero dell’Interno le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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