Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14587 del 04/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 04/07/2011, (ud. 27/05/2011, dep. 04/07/2011), n.14587

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 12.632/10) proposto da:

G.M.G. (c.f. (OMISSIS)) V.D.

G.G. (c.f. (OMISSIS)) parti tutte

rappresentate e difese dall’avv. Ferrara Lamberto ed elettivamente

domiciliate presso lo studio dell’avv. Ruggero M. Gentile in Roma,

via Manlio Di Veroli 2/4, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

S.G. (c.f. (OMISSIS)) rappresentata e difesa

dall’avv. Macedonio Vincenzo ed elettivamente domiciliata presso lo

studio del medesimo in Roma, via Del Viminale n. 38, giusta procura

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 1123/09,

depositata il 13/11/09.

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza del 27/05/2011

dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

udito l’Avv. Lamberto Ferrara per le parti ricorrenti, che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Vincenzo Macedonio per la parte controricorrente, che ha

concluso per il rigetto del ricorso;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. FUCCI Costantino che ha aderito alla relazione.

Fatto

OSSERVA IN FATTO

G.M.G., nominata erede universale con testamento olografo datato (OMISSIS) dalla zia G. M., citò innanzi al Tribunale di Chiavari S.G. che era stata nominata erede con successivi testamenti olografi della de cujus datati: (OMISSIS), contenenti la espressa revoca delle disposizioni a favore dell’esponente, chiedendo che tali atti fossero dichiarati assolutamente inefficaci in quanto la testatrice, all’epoca della redazione, non era in condizioni di intendere e di volere, come avrebbe dimostrato anche il fatto che nel (OMISSIS) era stato avviato un procedimento per la sua interdizione, che si era concluso con sentenza del 24 settembre 1999 di inabilitazione. In via subordinata concluse perchè, dichiarati inefficaci tutti i testamenti, venisse dichiarata erede secondo i principi della successione legittima. La convenuta si costituì contrastando la domanda; intervennero in causa V.D. – figlio del cognato della defunta – anch’esso nominato erede con l’olografo del (OMISSIS), e G. G. che sostenne che tutti i testamenti dovevano essere dichiarati invalidi, con la conseguenza dell’apertura della successione a suo esclusivo favore, essendo succeduto per rappresentazione al padre, fratello premorto della testatrice.

L’adito Tribunale, pronunziando sentenza n. 812/2005, respinse le domande delle parti attrici e degli intervenuti, dichiarando che la convenuta era erede universale della defunta, sulla scorta della CTU esperita in sede di procedimento di interdizione/inabilitazione ed esaminando le deposizioni testimoniali.

Tale decisione fu confermata dalla Corte di Appello di Genova, che così respinse sia l’appello principale di G.G. sia quello incidentale della S. – limitato alla ripartizione delle spese di un sequestro concesso ante causam- Hanno proposto ricorso in cassazione G.M.G., V.D. e G.G. sulla base di un unico motivo, con il quale hanno sindacato l’interpretazione delle emergenze processuali da parte della Corte distrettuale; si è costituita la S., con controricorso;

Il Consigliere delegato ha ritenuto d’avviare la trattazione in Camera di consiglio redigendo relazione ex art. 380 bis c.p.c. nella quale ha osservato quanto segue.

“1 – Con l’unico motivo i ricorrenti lamentano la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 591 cod. civ., ovvero sull’accertamento compiuto dalla Corte d’Appello, della capacità a testare della de cuius al momento della redazione dei testamenti impugnati sottoponendo a revisione la valutazione delle prove operata dal giudice dell’appello.

1/a – Il motivo è inammissibile in quanto il Collegio non rinviene nel ricorso dei fondati argomenti per discostarsi dal consolidato orientamento di legittimità in forza del quale “il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione denunciarle con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. Tali vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, mentre alla Corte di Cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’appressamento dei fatti” (così Cass. 10657/2010).

1/b – Nello specifico i ricorrenti si limitano a sovrapporre le proprie alle valutazioni della Corte: 1 – quanto alla CTU si dolgono del fatto che il giudice di merito non abbia sufficientemente delibato lo svolgersi dell’esame personale dell’interdicenda (poi inabilitata), senza peraltro riportare il giudizio dell’ausiliare che di quell’accertamento tecnico costituì l’esito determinante, che si basò soprattutto su una valutazione complessiva, condotta dopo la somministrazione di appositi test (vedi punti 2 e 3 di fol. 7 della sentenza di appello); 2 – quanto alle deposizioni dei testi che, secondo i ricorrenti, avrebbero dichiarato circostanze favorevoli alla tesi dell’assoluta incapacità di autoderteminarsi della defunta, un’ulteriore scrutinio da parte della Corte è inibito non solo per quanto rilevato sub 1/a – ma anche per la mancata riproduzione per intero delle testimonianze – sia quelle favorevoli che quelle contrarie alla tesi dei ricorrenti – così violando tra l’altro il principio di autosufficienza dell’esposizione dei fatti a sostegno dei motivi, di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, atteso che il vizio di insufficiente motivazione potrebbe, in via di ipotesi astratta, condurre ad una cassazione con rinvio per nuovo esame solo se sia portato a conoscenza della Corte l’intero corpus istruttorio che si assume mal valutato e non già singoli brani dello stesso – dal quale, al più, si sarebbe potuto trarre il convincimento del – mai contestato – indebolimento delle facoltà mentali della testatrice ma non certo del venir meno delle stesse al momento dei singoli atti dispositivi.

2- La riscontrata infondatezza del ricorso fa ritenere sussistenti i presupposti per la trattazione della causa in camera di consiglio à sensi del combinato disposto degli art. 360 bis c.p.c., n. 1; art. 375 c.p.c., n. 5; artt. 376 e 380 c.p.c.”. La relazione è stata ritualmente comunicata alle parti ed al P.M..

All’adunanza del 27 maggio 2011 il ricorrente si è riportato ai propri scritti; la parte controricorrente ha concluso come da controricorso e memoria illustrativa; il PG ha chiesto la conferma delle conclusioni alle quelli è pervenuta la relazione. Tali conclusioni ritiene il Collegio di poter integralmente recepire, limitandosi ad osservare, ad ulteriore conferma dei limiti dello scrutinio della Corte sulla motivazione del giudice del merito in relazione alla delibazione, delle emergenze istruttorie, che, afriche sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare singolarmente le argomentazioni prospettategli dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intenda fondare il proprio convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi, onde pervenire alle assunte conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata; ne consegue che i vizi motivazionali in tema di valutazione delle risultanze istruttorie non possono essere utilmente dedotti ove la censura si limiti alla contestazione d’una valutazione delle prove effettuata in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè proprio a norma dell’art. 116 c.p.c., comma 1 rientra nel potere discrezionale del giudice di merito l’individuare le fonti del proprio convincimento, il valutare all’uopo le prove, il controllarne l’attendibilità e la concludenza e lo scegliere, tra le varie risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee e rilevanti.

Nella specie deve confermarsi la valutazione contenuta nella relazione del consigliere designato, secondo la quale la motivazione fornita dal giudice del merito all’assunta decisione risultava logica e sufficiente, basata com’era su considerazioni adeguate in ordine alla valenza oggettiva dei vari elementi di giudizio risultanti dagli atti e su razionali valutazioni di essi; un giudizio operato, pertanto, nell’ambito dei poteri discrezionali di esso giudice, a fronte del quale, in quanto obiettivamente immune dalle censure ipotizzabili in forza dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la diversa opinione soggettiva di parte ricorrente è inidonea a determinare le conseguenze previste dalla norma stessa.

Il ricorso va pertanto respinto e parte ricorrente condannata al pagamento delle spese.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2011

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