Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14586 del 12/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 12/06/2017, (ud. 21/03/2017, dep.12/06/2017),  n. 14586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7974-2013 proposto da:

CONDOMINIO di VIA (OMISSIS), c.f. (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA OVIDIO 10, presso la dott.ssa ANNA BEI – Studio Commercialista

Rosati, rappresentato e difeso dall’avvocato FILIPPO MASSARA;

– ricorrente –

contro

B.P., (OMISSIS), C.D.B.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ILLIRIA, 19, presso lo studio

dell’avvocato ANTONELLA ZAINA, rappresentati e difesi dall’avvocato

MAURIZIO BARBATELLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4286/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/03/2017 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2005 B.P., proprietaria degli immobili identificati con gli interni (OMISSIS), sulla cui estensione insiste un sottotetto, convenne in giudizio il Condominio perchè fosse accertato l’obbligo del Condominio di eseguire le opere necessarie per la messa in sicurezza ed il ripristino del tetto di copertura posto al lato ovest del fabbricato, sovrastante gli interni (OMISSIS), con ripartizione delle spese come da tabella generale, ovvero, nel caso di ritenuta proprietà esclusiva dell’attrice anche dei tetti, l’obbligo del Condominio di eseguire i lavori di manutenzione dei tetti, con condanna all’esecuzione delle opere necessarie e ripartizione delle spese ai sensi dell’art. 1126 c.c.. L’attrice formulò anche domanda di accertamento della responsabilità del Condominio per i danni subiti a causa delle infiltrazioni provenienti dal tetto, e per il mancato godimento delle aree sottotetto.

Il Condominio eccepì il difetto di legittimazione attiva della sig.ra B., che aveva donato gli immobili al figlio C.d.B.F., con atto del 31 dicembre 1990, e nel merito addusse che la manutenzione dei sottotetti e dei lastrici solari gravava sull’attrice, quale onere reale previsto dalla originaria unica proprietaria nell’atto di donazione 15 marzo 1926 a carico di Z.P. e degli eredi di costui, e quindi sulla sig.ra B., alla quale i sottotetti e lastrici solari sovrastanti gli interni (OMISSIS) erano stati trasferiti dalla madre Z.E..

In subordine, il Condominio eccepì l’inammissibilità della domanda di condanna a provvedere alla riparazione del tetto, che avrebbe dovuto essere proposta con impugnazione della delibera assembleare ovvero in sede di volontaria giurisdizione ai sensi dell’art. 1105 c.c..

Nel corso del giudizio intervenne C.d.B.F. in qualità di nudo proprietario degli immobili, aderendo alle tesi dell’attrice.

1.1. Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 10289 del 2009, accolse parzialmente la domanda, accertando che il Condominio era obbligato ad eseguire i lavori di manutenzione dei tetti di proprietà esclusiva dell’attrice, e quindi condannò il medesimo Condominio ad eseguire detti lavori, a spese dell’attrice, compensando per la metà le spese di lite tra l’attrice e il convenuto, e integralmente quelle tra il convenuto ed il terzo intervenuto.

2. La Corte d’appello, con sentenza depositata il 27 dicembre 2012 e notificata il 18 gennaio 2013, ha accolto parzialmente l’appello proposto da B.P. e C.d.B.F., e rigettato l’appello incidentale del Condominio.

2.1. Per quanto ancora di rilievo, la Corte territoriale ha rilevato che la clausola modale, contenuta nell’atto di donazione degli immobili per notar P. in data 15 marzo 1926, non menzionava i tetti, e che lo stato dei luoghi, come raffigurato nelle fotografie in atti e non contestato, evidenziava una copertura a tetto della parte di fabbricato in oggetto, sicchè doveva escludersi la coincidenza tra lastrici solari e tetti. In ogni caso, anche ipotizzando la titolarità esclusiva dei tetti in capo agli appellanti principali, ugualmente non poteva ritenersi che i predetti fossero tenuti a provvedere in via esclusiva alla manutenzione dei tetti per effetto dell’onere previsto dall’atto del 1926 a carico del donatario Z.P., trattandosi di obbligazione di natura personale, non era opponibile alla sig.ra B., diventata a sua volta proprietaria in parte per effetto di atto di compravendita e in parte per successione mortis causa a titolo particolare e non universale.

Seguiva il rigetto dell’appello incidentale, e, anche in ragione della soccombenza virtuale, la condanna del Condominio alle spese del doppio grado di giudizio.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Condominio di (OMISSIS), sulla base di quattro motivi. Resistono con controricorso B.P. e C.d.B.F.. Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

2. Con il primo motivo è denunciata falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., comma 1, e si contesta che la Corte d’appello aveva escluso che i tetti fossero oggetto della donazione sulla base del solo rilievo che nell’atto del 1926 non figurava alcuna menzione dei tetti. In questo modo, la Corte territoriale non aveva tenuto conto del senso complessivo del testo, e quindi non aveva colto la reale intenzione delle parti.

Si doveva ritenere, infatti, che con il termine “suppenni” la donante avesse inteso riferirsi anche ai tetti, posto che aveva poi espressamente vietato sopraelevazioni o modificazioni, divieto che non avrebbe avuto senso prevedere se i tetti fossero rimasti in regime di condominio. Ne discendeva che la manutenzione della “copertura” degli immobili situati al quarto piano dell’edificio era stata posta a carico del donatario degli immobili Z.P..

2.1. La doglianza è infondata.

In premessa va richiamato il principio ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, con riguardo all’interpretazione del contenuto di una convenzione negoziale adottata dal giudice di merito, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che attiene alla questio facti, ma deve appuntarsi esclusivamente sul mancato rispetto dei canoni normativi di interpretazione dettati dal legislatore agli artt. 1362 c.c. e segg., e sulla incoerenza ed illogicità della motivazione addotta: l’indagine ermeneutica è, in fatto, riservata esclusivamente al giudice di merito, e può essere censurata in sede di legittimità solo per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle relative regole di interpretazione, con la conseguenza che deve essere ritenuta inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella sola prospettazione di una diversa valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto da quegli esaminati (ex plurimis, Cass., 10/02/2015, n. 2465).

Nella fattispecie oggi in esame, il ricorrente assume che non sarebbe stato (correttamente) applicato il canone interpretativo di cui all’art. 1362 c.c., comma 1, secondo il quale l’interprete deve indagare la reale volontà delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole.

Il vizio denunciato non sussiste.

La Corte d’appello ha considerato l’intera clausola (art. 6, lett. d) dell’atto di donazione del 1926, rilevante ai fini della decisione, e ha osservato che non vi erano elementi per ritenere che il donatum a favore di Z.P. comprendesse anche i tetti, non menzionati nell’atto a differenza delle altre parti – indicate specificamente come suppenni e lastrici solari sovrastanti il quarto piano.

Nè il divieto di modificazioni e sopraelevazioni risultava perciò stesso privo di significato, come assume il Condominio, a fronte dell’avvenuto trasferimento dei lastrici solari.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione degli artt. 1362, 1117 c.c., art. 1123 c.c., comma 1, art. 1126 c.c., e si contesta l’inquadramento della clausola contrattuale concernente l’assetto proprietario dell’edificio secondo il paradigma della donazione modale e non secondo le norme che regolano il condominio. L’atto di donazione aveva segnato la nascita del condominio, e la clausola contenuta all’art. 6, lett. d), avrebbe definito l’assetto proprietario in deroga all’art. 1117 c.c., con l’attribuzione della proprietà esclusiva di tutta la copertura del quarto piano a Pietro Zampaglione, e quindi previsto un regime di spese anch’esso in deroga agli artt. 1126 e 1123 c.c.. D’altra parte, l’obbligo di partecipare alle spese condominiali in base al regime stabilito con la suddetta clausola costituiva obbligazione passiva propter rem.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 2643 c.c. e si contesta che la Corte d’appello non aveva considerato che la clausola dell’atto di donazione del 1926 era stata trascritta e dunque era opponibile ai successivi aventi causa del donatario Z.P..

4. Le doglianze, che hanno ad oggetto la qualificazione della clausola contenuta nell’atto di donazione, e perciò possono essere esaminate congiuntamente, sono infondate.

4.1. La Corte d’appello ha qualificato l’atto del 1926 in termini di donazione modale, come tale riconducibile nell’ambito dei rapporti obbligatori, in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte dalla quale non v’è ragione di discostarsi, che esclude altresì che la trascrizione della donazione modale faccia acquisire all’onere carattere reale, atteso il principio di tipicità dei diritti reali (ex plurimis, Cass., 09/06/2014, n. 12959).

5. Con il quarto motivo è denunciato omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla circostanza che B.P. fu erede universale della madre, Z.E., a sua volta figlia ed erede universale di Z.P., con la conseguenza che l’obbligo di manutenzione dei tetti sarebbe pervenuto in capo ala stessa B.P.. La circostanza sarebbe stata ignorata dalla Corte d’appello.

5.1. La doglianza è inammissibile.

Non sussiste la denunciata omissione, in quanto la Corte d’appello ha esaminato la questione ed affermato che la sig.ra B. divenne proprietaria degli appartamenti contrassegnati come interni n. 10 e n. 13 e dei sovrastanti suppenni per effetto di successione a titolo particolare, con atto per notar D.G., dalla madre Z.E., poi trasferiti al figlio C.d.B. con atto per notar D.V. del 1990, unitamente all’appartamento contrassegnato come interno n. (OMISSIS), e il motivo risulta carente sotto il profilo dell’autosufficienza, in quanto non riporta la documentazione successoria dalla quale emergerebbe in assunto del ricorrente la dedotta successione a titolo universale.

6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese, liquidate come in dispositivo. Sussistono, ratione temporis, i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2017

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