Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14584 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 26/05/2021, (ud. 09/03/2021, dep. 26/05/2021), n.14584

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso iscritto al n. 16830/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

D.S.A.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, sezione n. 09, n.

280/09/13, pronunciata il 23/04/2013, depositata il 23/05/2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 09 marzo 2021

dal Consigliere Riccardo Guida.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. D.S.A. impugnò il rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria alla sua richiesta di sospensione della cartella di pagamento di debiti tributari (datata (OMISSIS)), ai sensi della L. n. 423 del 1995, art. unico, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6; riferì di avere proposto querela contro il proprio consulente (sig. B.G.), che si era impossessato dei fondi che il contribuente gli aveva dato per il pagamento delle tasse; soggiunge che, per il medesimo fatto, il professionista era stato condannato in sede penale;

2. la CTP di Pescara accolse il ricorso, con sentenza (n. 387/01/09) che è stata confermata dalla CTR abruzzese, la quale, con la pronuncia indicata in epigrafe, ha rigettato l’appello dell’ufficio, in base alle seguenti considerazioni: (i) è priva di pregio l’eccezione d’inammissibilità del ricorso in quanto la sospensione della cartella non rientrerebbe tra gli atti impugnabili D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, visto che, diversamente da quanto afferma l’Agenzia, trova applicazione dello stesso art., la lett. b (recte: “h”), che prevede l’impugnabilità del “rigetto di domanda di definizione agevolata di rapporti tributari”; (ii) quanto al merito della controversia, l’Amministrazione finanziaria ha erroneamente negato la sospensiva della cartella ritenendo a tal fine necessario che la condotta illecita fosse attribuibile a un professionista iscritto ad un albo professionale, condizione, questa, nella specie insussistente giacchè il “falso consulente” non risultava iscritto ad alcun albo. Infatti, si legge nella sentenza d’appello, la L. n. 423 del 1995, art. 1, che disciplina la sospensione della riscossione, è stato radicalmente modificato dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, che estende la non punibilità del contribuente a tutti quei casi in cui il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’Autorità (ed è pacifico che l’appellato avesse querelato il suo incaricato), e addebitabile esclusivamente a terzi, senza che siano più previste le condizioni essenziali dell’iscrizione all’albo e della condanna penale dell’agente; (iii) posto che l’Amministrazione ha escluso in radice la sospensione, senza avviare ab initio il procedimento di riscontro delle condizioni stabilite dalla L. n. 423 del 1995, art. unico, comma 6-bis, (testualmente (pag. 3 della sentenza) “omesso versamento per i due anni successivi alla scadenza o in alternativa dopo il biennio dilazione in dieci rate previa garanzia”), la potestà discrezionale di verifica di aspetti temporali (ibidem) “è rimasta congelata dalla supposta inesistenza delle condizioni di cui al citato art. 1, per cui, ferma restando la sospensione della cartella di pagamento, spetta all’Ufficio verificare la sussistenza dei presupposti di legge per la concessione della dilazione di pagamento”;

3. l’Agenzia ricorre con tre motivi; il contribuente non si è costituito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso (“1. Difetto di giurisdizione in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 3, comma 1, e all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per non avere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice tributario a favore del giudice amministrativo, trascurando che il diniego di sospensione della cartella non è un atto impugnabile D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, trattandosi di un provvedimento che è espressione dell’esercizio di un potere della PA e dipende dalla sua valutazione tipicamente discrezionale;

2. con il secondo motivo (“2. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, lett. b) e h), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e/o 4”), l’Agenzia premette (pur censurando, sempre sussumendolo nella violazione di legge, anche tale aspetto della pronuncia della Commissione abruzzese) che il riferimento, nella sentenza impugnata, all’art. 19 cit., lett. b), anzichè alla lett. h), è frutto di un mero refuso; in secondo luogo, l’ufficio si duole che la CTR abbia contra legem sussunto il “rifiuto di sospensione” entro la fattispecie, di cui alla lett. h), del “rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari”, del tutto eterogenea rispetto al tipo di atto oggetto di questo giudizio;

3. con il terzo motivo (“3. Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 423 del 1995, art. 1, commi 1, 6 bis e 7, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”), l’Agenzia censura, in primo luogo, l’errore di diritto della sentenza impugnata per avere stabilito che il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, abbia modificato la L. n. 423 del 1995, art. 1, dal momento che la prima norma si occupa della non applicabilità delle sanzioni, mentre la seconda riguarda, semplicemente, le ipotesi di sospensione. In altri termini, il cit. art. 6, comma 3, si limita ad introdurre una causa di non punibilità del contribuente, e non può quindi determinare la modifica delle condizioni richieste per la sospensione della riscossione delle imposte non versate, la cui disciplina va tenuta distinta da quella relativa alla sospensione delle sanzioni, prevista dalla L. n. 423 del 1995, art. 1, commi da 1 a 6. In secondo luogo, l’ufficio addebita alla sentenza impugnata di non avere considerato che, in realtà, il provvedimento di rifiuto non aveva messo in risalto soltanto la mancanza delle condizioni previste dalla L. n. 423 del 1995, art. unico, comma 1, ma anche la carenza degli altri presupposti di cui al successivo comma 6-bis, ossia il fatto che, nella specie, non sussistevano i presupposti per la sospensione, la quale poteva essere richiesta per i due anni successivi alla scadenza del pagamento di quanto dovuto, quale termine sicuramente scaduto, visto che si trattava di somme dovute in relazione alla dichiarazione Unico 2004;

4. ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 1, prima parte, la controversia deve essere rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della Corte.

P.Q.M.

visto l’art. 374 c.p.c., comma 1, prima parte, rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della Corte.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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