Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14584 del 12/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 12/06/2017, (ud. 16/03/2017, dep.12/06/2017),  n. 14584

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6139/2013 proposto da:

V.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato, in ROMA, V.LE BRUNO

BUOZZI 107, presso lo studio dell’avvocato ENRICO ELIO DEL PRATO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO

CIPOLLARO;

– ricorrente –

contro

S.F., (OMISSIS), V.E., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 50, presso lo studio

dell’avvocato DANIELE CIRULLI, rappresentati e difesi dall’avvocato

GIOVANNI GOBBI;

– controricorrenti –

e contro

C.C., VA.AL., G.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2988/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato CIPOLLARO Fabrizio, difensore della ricorrente che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato GOBBI Giovanni, difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

V.A. impugnava innanzi al Tribunale di Sondrio due Delib. rispettivamente del 3 luglio 2007 e del successivo 27 luglio 2007- adottate dai partecipanti alla comunione dell’immobile, sito in quella (OMISSIS) e relative alla determinazione di un criterio convenzionale, ai sensi dell’art. 1123 c.c., di ripartizione delle spese relative alla pulizia delle scale.

L’adito Tribunale di prima istanza, con sentenza n.

349/2009, rigettava la proposta impugnazione e condannava al pagamento delle spese in favore dei costituiti convenuti la suddetta attrice.

Quest’ultima interponeva gravame avverso la succitata decisione.

L’adita Corte di appello di Milano, con sentenza n. 2988/2012, rigettava l’impugnazione e condannava l’appellante alla refusione delle spese in favore delle parti appellate.

Per la cassazione della suddetta sentenza della Corte territoriale ricorre la V. con atto affidato a sei ordini di motivi e resistito da controricorso delle parti intimate.

Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., memorie sia la ricorrente che V.E. e S.F..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione o falsa applicazione degli artt. 1105, 1106, 1118, 1123, 1124, 1135, 1136 e 1139 c.c. e art. 67 disp. att. c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Parte ricorrente lamenta, nella sostanza, che i Giudici del merito sarebbero incorsi in errore negando, nell’ipotesi per cui è controversia, la legittimazione del singolo condominio-comproprietario (la V.) di uno dei due detti condomini a poter partecipare all’assunzione di criteri convenzionali di ripartizione delle spese per la manutenzione delle scale in deroga a quanto prescritto dall’art. 1123 c.c..

Viene prospettata, insomma, l’esigenza di partecipazione tutti i comproprietari – uti singulis – all’assunzione delle deliberazioni impugnate.

L’assunto su cui si fonda il motivo qui in esame e che è stato già disatteso nei due precedenti gradi di giudizio non può essere condiviso.

Occorre, in proposito, rammentare – in breve – che nella fattispecie in esame si verte, come è pacifico in punto di fatto, in tema di condominio minimo ossia costituito da due soli partecipanti con l’ulteriore peculiarità che i due detti condomini sono altrettante comunioni.

Di queste – ultime la prima comprende il piano terra ed il primo piano – di cui faceva parte l’unità della ricorrente V. – e la seconda comprende il secondo ed il terzo piano. Deve poi ancora evidenziarsi che con la prima citata delibera, adottata dalla comunione a maggioranza, si era designato il rappresentante che doveva partecipare alla seconda succitata Delib. con cui il condominio minimo, all’unanimità (ossia con i voti di entrambi i rappresentanti) aveva approvato criteri derogatori per la ripartizione delle spese di pulizia delle scale ex art. 1123 c.c., comma 1 e art. 1124 c.c..

Tuttavia l’art. 67 disp. att. c.c., comma 2 – per evidenti finalità semplificatorie – dispone che, in ipotesi come quella per cui è causa, la comunione abbia diritto ad un solo rappresentante, il quale partecipa alla convocata assemblea rappresentando tutta la comunione e, quindi, anche i comunisti in minoranza che non hanno votato il rappresentante stesso.

Nella fattispecie appare, quindi, corretta l’interpretazione data dai Giudici del merito, in base alla quale – in concreto – la designazione del rappresentante può seguire i consueti meccanismi di cui all’art. 1106 c.c., in ragione dell’adozione di Delib. del condominio riconducibile nell’alveo assembleare, che di norma soggiace al principio maggioritario.

Nè, nell’ipotesi concreta per cui si controverte, appare possibile riscontrare una valenza contrattuale in entrambi deliberati impugnati, tale da imporre la partecipazione dei rappresentanti di tutte le singole porzioni immobiliari delle due comunioni partecipanti e di cui si componeva il condominio minimo.

Non è, quindi, fondato il presupposto indefettibile da cui muove, in pratica, sia quella in esame che le altre censure svolte dalla ricorrente e cioè che vi era in capo alla V. la qualità, per così dire, di diretta condomina del condominio minimo.

Il motivo, in quanto infondato, va – dunque – respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione o falsa applicazione, sotto altro profilo, degli artt. 1105, 1106 e 1108 c.c. e art. 67 disp. att. c.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Viene svolta doglianza in relazione all’asserita circostanza che la delibera del 23 luglio 2007 sarebbe stata adottata senza il consenso della S.F..

La circostanza di cui al motivo in esame non rileva in quanto La designazione del rappresentante di una comunione ad assemblea di condominio minimo rinviene la sua legittimità nella designazione adottata – come detto – secondo il criterio maggioritario e non, invece e come si pretende nel ricorso, per il tramite della “necessario designazione fatta col consenso di tutti”.

Il motivo deve, pertanto, essere respinto.

3.- Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta la violazione sotto (ulteriore) altro profilo dell’art. 1123 c.c., commi 1 e 2, art. 1124 c.c. e art. 67 disp. att. c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Si prospetta col motivo che la deroga ai criteri legali di ripartizione delle spese condominiali deve essere disposta solo esclusivamente col consenso di tutti i comproprietari a pena di inefficacia della Delib..

Orbene -, al di là dell’equivoco cui può condurre la ricostruzione già disattesa in sede di trattazione dei primo motivo del ricorso (e che sembra dare ulteriore prova della opportuna valenza semplificatoria ex art. 67 cit.) deve rilevarsi altresì quanto segue.

Nella concreta fattispecie l’unanimità era sussistente, essendo stata la delibera de qua adottata col consenso unanime dei due rappresentanti costituenti l’assemblea condominiale.

Il motivo,pertanto, non è fondato e, conseguentemente, non può essere accolto.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Col motivo, in sostanza, si riformula, sotto altro profilo, la questione che la modifica del criterio legale di ripartizione delle spese ex art. 1123 c.c., è possibile solo attraverso – per dirla con le parole stesso del ricorso – “convenzioni poste in essere da tutti i comproprietari”.

Orbene nella fattispecie le modifica convenzionale risulta adottata -come già evidenziato nella gravata decisone – unanimemente dai rappresentanti delle due comunioni e, quindi, in modo legittimo, sempre in dipendenza della infondatezza della tesi postulata dalla ricorrente e che “si fonda sull’erroneo presupposto della sua qualità di condomina”.

Per di più la motivata decisine gravata risulta conforme a principi; anche implicitamente, già enunciati da questa Corte.

Giova all’uopo rammentare – e per quanto possibile richiamare in relazione a fattispecie del tutto inusuale come quella in esame – che (dalla nota Cass. n. 1588/1972, citata anche nella decisone gravata, fino alla più recente Cass. 6 novembre 2014, n. 23688) si è sempre posto in evidenza un unico – rilevante requisito: la necessità, per le deliberazioni adottate ai sensi dell’art. 1123, comma 1, della “piena ed espressa adesione” alla convenzione derogatoria, ma beninteso di chi è direttamente condomino (come le due comunioni nella fattispecie per cui è causa) e non di altri.

Il motivo non è, quindi, fondato e va rigettato.

5.- Con il quinto motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione, sotto gli (ennesimi) altri profili dell’art. 1123 c.c., commi 1 e 2 e art. 68 disp. att. c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il motivo afferisce alla questione della formazione (ad opera del Giudice) di tabella per pulizie.

Il tutto sulla scorta dell’affermazione di aver “sostenuto in appello” la questione medesima.

Al di là della mancanza di autosufficienza del motivo (che non specifica idoneamente dove ed in quali conclusioni veniva posta la questione) deve osservarsi quanti segue. Il motivo non può essere accolto in quanto comunque la ritenuta validità della delibera di ripartizione rendeva logicamente ultronea la necessità di provvedere, ex officio dal giudice, alla formazione di nuove apposite ed analoghe tabelle.

Il motivo va, dunque, respinto.

6.- Con il sesto motivo si prospetta il vizio di violazione o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Parte ricorrente lamenta il rigetto da parte della Corte distrettuale della domanda di revisione delle tabelle.

La sentenza impugnata ha giustamente ritenuto inammissibile tale domanda per l’affermato difetto della qualità di condomina in capo alla V..

IL motivo è, pertanto, infondato e non può essere accolto.

7.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso va rigettato.

8.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

Sussistano i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dellà parti controricorrenti delle spese del giudizio, determinate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2017

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