Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14583 del 13/07/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 14583 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: MERCOLINO GUIDO

SENTENZA

Data pubblicazione: 13/07/2015

OGGETTO: opposi-

zione a decreto in-

sul ricorso proposto da

COMUNE DI PERFUGAS, in persona del Sindaco p.t., elettivamente domiciliato giuntivo
in Roma, alla via Cassiodoro n. 9, presso l’avv. prof. VINCENZO RICCIUTO, unitamente all’avv. BETTINO ARRU, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di
procura speciale a margine del ricorso
RICORRENTE E CONTROR1CORRENTE
contro
ENEL PRODUZIONE S.P.A., rappresentata da Eugenio Vaccari, in virtù di procura per notaio Matilde Atlante del 25 maggio 2005, rep. n. 11617, elettivamente
domiciliata in Roma, alla via Piemonte n. 39, presso l’avv. ANTONIO GRIECO,
dal quale è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale per notaio Matilde
Atlante del 25 ottobre 2013, rep. n. 46142

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CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE

avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, n. 34/08, pubblicata il 23 gennaio 2008.

2015 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;
uditi i difensori delle parti:
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Federico SORRENTINO, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso
principale e la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. — Il Comune di Perfugas convenne in giudizio l’Enel, proponendo opposizione al decreto emesso il 4 gennaio 1985, con cui il Tribunale di Tempio Pausania gli aveva ingiunto il pagamento della somma di Lire 323.386.299, oltre interessi, a titolo di corrispettivo per la fornitura di energia elettrica.
Premesso che, con accordo transattivo stipulato l’Il dicembre 1959, la S.E.S.
– Società Elettrica Sarda S.p.a., dante causa dell’Enel, si era obbligata a corrispondere ad esso opponente l’importo annuo di Lire 500.000 fino all’effettiva applicazione della tariffa di favore spettante ai comuni rivieraschi del bacino di Casteldoria, mantenendo nelle more inalterata la tariffa all’epoca vigente, eccepì che in seguito si era raggiunto un altro accordo, in virtù del quale il predetto importo doveva essere detratto dal corrispettivo delle forniture di energia elettrica; aggiunse che
l’Enel non aveva adempiuto l’impegno di provvedere alla ricostruzione di un tratto
della strada Sedini-Tempio rimasto sommerso dalle acque dell’invaso, e chiese
pertanto, in via riconvenzionale, la condanna dell’Enel al pagamento della differenza tra il corrispettivo delle forniture e la maggior somma dovuta, nonché alla

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Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12 febbraio

ricostruzione della strada ed al risarcimento dei danni.
1.1. — Con sentenza del 7 maggio 2001, il Tribunale di Tempio Pausania accolse l’opposizione, revocò il decreto ingiuntivo e condannò l’Enel al pagamento

dall’interruzione della strada, nonché al pagamento dell’importo annuo di Lire
500.000 per il periodo compreso tra il 1962 ed il 1997, ed in alternativa delle spese per la ricostruzione della strada.
2. — L’impugnazione proposta dall’Enel Green Power S.p.a. (già E.R.G.A. Energie Rinnovabili, Geotermiche ed Alternative S.p.a., succeduta all’Enel con atto di cessione del ramo di azienda relativo alla produzione di energia elettrica), è
stata accolta dalla Corte d’Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, che
con sentenza del 23 gennaio 2008 ha rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo
ed ha condannato il Comune al pagamento degl’interessi al tasso di sconto sul corrispettivo delle forniture, con decorrenza dalla data di ciascuna fattura fino al 6
maggio 1992.
A fondamento della decisione, la Corte ha innanzitutto affermato la ritualità
della costituzione in giudizio del Comune, ritenendo irrilevante la mancata ratifica
da parte del Consiglio comunale dell’autorizzazione a stare in giudizio rilasciata in
via d’urgenza dalla Giunta municipale, in quanto, a seguito dell’entrata in vigore
della legge 8 giugno 1990, n. 142, che aveva attribuito alla Giunta una piena competenza in materia, era venuta meno la necessità della predetta ratifica. Precisato
comunque che l’inefficacia della costituzione in giudizio, conseguente alla mancata ratifica, doveva considerarsi sanata per effetto della successiva delibera con cui
era stato conferito il mandato al nuovo difensore nominato per il giudizio d’appello, ha ritenuto che tale autorizzazione, pur riguardando soltanto la resistenza in

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della differenza tra quanto ricevuto in esecuzione del decreto ed i danni causati

giudizio, dovesse intendersi estesa anche alla proposizione della domanda riconvenzionale, essendo volta ad ottenere la conferma della decisione favorevole di
primo grado, che aveva accolto integralmente la domanda riconvenzionale, con la

La Corte ha inoltre escluso che la domanda riconvenzionale proposta dal
Comune fosse devoluta alla competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche o del Tribunale amministrativo regionale, osservando che la controversia,
avente ad oggetto la determinazione del corrispettivo dovuto per la somministrazione di energia elettrica, non traeva origine da un atto amministrativo, ma era
volta ad ottenere l’applicazione della riduzione prevista dall’accordo transattivo
stipulato con la SES per il risarcimento dei danni derivanti dalla realizzazione del
bacino di Casteldoria, le cui clausole, oltre a porsi come mera occasione dei benefici fatti valere dal Comune, non mettevano in alcun modo in dubbio la natura
demaniale delle acque ed i loro limiti, mentre il risarcimento richiesto dal Comune
riguardava soltanto i danni derivanti dall’inadempimento della transazione.
La Corte ha altresì confermato l’opponibilità della transazione all’Enel, osservando che, ai sensi della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, il trasferimento coattivo
delle imprese elettriche in favore dell’ente ne aveva determinato la successione a
titolo particolare in tutti i rapporti riconducibili all’esercizio imprenditoriale della
attività elettrica, ivi compreso quello derivante dall’accordo transattivo, stipulato
dalla SES nell’ambito del progetto per la realizzazione del bacino di Casteldoria,
nella cui titolarità era poi subentrato l’Enel. Ha ritenuto irrilevante, a tal fine, la
mancata dimostrazione che l’accordo risultasse dalle scritture contabili obbligatorie della SES, non essendo applicabile l’art. 2560 cod. civ., in assenza di un espresso richiamo da parte della legge n. 1643 del 1962, ed incombendo comunque

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conseguente ratifica dell’operato del precedente difensore.

all’Enel, che ne aveva la disponibilità, l’onere di fornire la predetta prova.
La Corte ha ritenuto invece fondata l’eccezione di nullità dell’accordo sollevata dall’Enel, rilevando che l’efficacia dell’atto era espressamente subordinata alla

aveva invocato la transazione.
3. — Avverso la predetta sentenza il Comune ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria. Ha resistito con controricorso l’Enel Produzione S.p.a., succeduta all’Enel Green Power con atto di fusione per notaio Matilde Atlante del 25 maggio 2005, rep. n. 11617, la quale ha
proposto ricorso incidentale, articolato in sei motivi ed anch’esso illustrato con
memoria, al quale il Comune ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. — Con il primo motivo d’impugnazione, il Comune denuncia la violazione
e/o la falsa applicazione dell’art. 1418 cod. civ., sostenendo che, nel dichiarare la
inefficacia dell’accordo transattivo, per effetto della mancata ratifica, la sentenza
impugnata non ha considerato che quest’ultima non era configurabile come condizione di efficacia dell’accordo, in quanto la clausola che la prevedeva costituiva
una mera ricognizione di una norma procedurale all’epoca vigente. In ogni caso,
non essendo l’accordo contrario a norme imperative, la mancata ratifica non avrebbe potuto determinarne la nullità, ma solo l’inefficacia, nella specie peraltro
insussistente, in quanto la copia prodotta in giudizio costituiva un allegato proprio
della delibera con cui l’accordo era stato ratificato.
1.1. — Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
Contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione, è proprio il richiamo alle norme che disciplinano il procedimento preordinato alla stipulazione dei

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ratifica del Consiglio comunale, la cui prova spettava all’Amministrazione, che

contratti degli enti territoriali a giustificare la dichiarazione d’inefficacia del contratto concluso dal Sindaco in qualità di legale rappresentante del Comune, in assenza di una previa delibera di autorizzazione dell’organo competente a formare la

sottoposta alla disciplina generale dettata dal codice civile in materia di rappresentanza senza potere, in virtù della quale il predetto contratto è equiparabile al negozio posto in essere dal .falsus procura/or, e pertanto, ai sensi dell’art. 1398 cod.
civ., non può considerarsi nullo né annullabile, bensì inefficace fino a quando non
intervenga la ratifica del predetto organo, ai sensi dell’art. 1399 cod. civ., ovvero
fino a quando la ratifica non venga negata.
L’accertamento in ordine alla sussistenza o all’insussistenza della ratifica costituisce peraltro un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità esclusivamente per incongruenza ed illogicità della
motivazione (cfr. Cass., Sez. I, 14 aprile 2006, n. 8876; 5 marzo 1993, n. 2681;
Cass., Sez. III, 10 gennaio 2003, n. 195). Tali vizi nella specie non sono stati in
alcun modo dedotti, in quanto l’Amministrazione si è limitata ad insistere sull’intervenuta ratifica dell’accordo, sostenendo in particolare di aver prodotto la delibera a tal fine adottata dalla Giunta municipale, ma omettendo d’indicare la fase e la
sede in cui ha avuto luogo tale produzione; in tal modo, essa ha dimostrato di voler sollecitare, attraverso l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge,
una nuova valutazione delle prove, non consentita al Giudice di legittimità, al quale non spetta il potere di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di
controllare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale è affidato in via esclusiva il compito di
individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e la

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volontà dell’ente: l’attività privatistica della Pubblica Amministrazione è infatti

concludenza e scegliere, tra le complessive risultanze processuali, quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr. ex
plurimis, Cass., Sez. I, 4 novembre 2013, n. 24679; Cass., Sez. V, 16 dicembre

2. — E’ invece fondato il secondo motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1441 e 1444 cod. civ., ribadendo che,
in quanto incidente sulla volontà dell’Amministrazione, la mancata ratifica non
poteva comportare la nullità dell’accordo transattivo, ma solo la sua inefficacia o
annullabilità, che non poteva essere fatta valere dall’Enel, ma solo dalla parte nel
cui interesse era prescritto il predetto requisito.
2.1. — In proposito, è appena il caso di richiamare il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator non è rilevabile d’ufficio, ma solo su eccezione di parte, la cui proposizione spetta esclusivamente allo pseudo-rappresentato e non anche all’altro contraente, il quale, ai sensi dell’art. 1398 cod. civ., è legittimato soltanto ad agire nei confronti del,faisus procurator, al fine di ottenere il risarcimento del danno sofferto per aver confidato senza colpa nell’operatività del contratto
(cfr. Cass., Sez. II, 24 ottobre 2013, n. 24133; 17 giugno 2010, n. 14618; 15 gennaio 2000, n. 410; con riguardo ai contratti stipulati dal Comune, Cass., Sez. I, 9
maggio 2007, n. 10631). Non può pertanto condividersi la sentenza impugnata,
nella parte in cui, rilevato che l’operatività dell’accordo stipulato dal Comune con
la SES era subordinata alla ratifica del Consiglio comunale, ne ha dichiarato
senz’altro l’inefficacia, in accoglimento del motivo di appello proposto dall’Enel,
osservando che l’Amministrazione non aveva fornito la prova dell’intervenuta ratifica, senza considerare che l’appellante, in qualità di controparte del soggetto rap-

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2011, n. 27197; Cass., Sez. lav.. 18 marzo 2011, n. 6288).

presentato dal falsus procurator, non era legittimato a sollevare la relativa eccezione.
3. — Con il primo motivo del ricorso incidentale, l’Enel lamenta la violazione

del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, dell’art. 131 del regio decreto 4 febbraio
1915, n. 148, degli artt. 112, 113, 115, 276 e 277 cod. proc. civ. e degli artt. 10, 11
e 15 disp. prel. cod. civ., nonché l’omessa motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, osservando che, nell’escludere la necessità della ratifica
del Consiglio comunale, ai fini della valida costituzione in giudizio del Comune,
la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell’intervenuta abrogazione della legge n. 142 del 1990, oltre ad aver omesso di pronunciare sugli altri motivi di nullità
o annullabilità della delibera di autorizzazione dedotti dall’Enel, costituiti dalla
mancata approvazione da parte del Comitato regionale di controllo e dalla mancata pubblicazione nelle forme di legge.
4. — Con il secondo motivo, il controricorrente denuncia la violazione e la
falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 276 e 277 cod. proc. civ. e dell’art.
1362 cod. civ., nonché l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio, rilevando che la sentenza impugnata ha omesso di esaminare l’eccezione, sollevata in via subordinata, secondo cui l’autorizzazione era limitata alla
proposizione di una domanda di risarcimento di un danno di Lire 3.146.960 per
inadempimento, di esclusione degli aumenti tariffari e di pagamento dell’indennizzo di Lire 500.000. Illogicamente, inoltre, essa ha ritenuto che l’inammissibilità
delle domande non autorizzate fosse stata sanata dalla delibera di autorizzazione
alla costituzione nel giudizio d’appello.
5. — Con il terzo motivo, il controricorrente deduce la violazione degli artt.

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e/o la falsa applicazione dell’art. 274 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, dell’art. 57

83, 166 e 182 cod. proc. civ., nonché l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata nella parte in
cui ha ritenuto ammissibili le difese svolte dal procuratore del Comune, sfornito di

6. — I predetti motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti
questioni tra loro intimamente connesse, non meritano accoglimento.
Nel ritenere valida la costituzione in giudizio del Comune, nonostante la
mancata ratifica da parte del Consiglio comunale della deliberazione con cui la
Giunta municipale aveva autorizzato il Sindaco a proporre l’opposizione al decreto
ingiuntivo, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio, più
volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’entrata in vigore
del nuovo ordinamento delle autonomie locali, introdotto dalla legge n. 142 del
1990, ha comportato il definitivo consolidamento delle deliberazioni precedentemente adottate in via d’urgenza dalla giunta a norma dell’art. 140 del regio decreto
n. 148 del 1915, avendo attribuito al predetto organo una competenza generale per
tutti gli atti di amministrazione non demandati espressamente al sindaco o al consiglio, con la conseguente esclusione della necessità di un’espressa ratifica da parte di quest’ultimo, al cui diniego era risolutivamente condizionata l’efficacia di tali
delibere; in mancanza di una norma transitoria ad hoc, la nuova disciplina trova
infatti applicazione anche alle fattispecie procedimentali già insorte ma non ancora compiute alla data della sua entrata in vigore, rendendo definitivamente efficace l’autorizzazione a stare in giudizio precedentemente rilasciata in via d’urgenza
dalla giunta, e facendo quindi venir meno la necessità di una sanatoria della costituzione in giudizio dell’ente, mediante la produzione della ratifica approvata dal
consiglio comunale, nel termine ultimo segnato dal passaggio della causa in deci-

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valida procura.

sione (cfr. Cass., Sez. I, 10 settembre 2003, n. 13218; 21 dicembre 2002, n.
18224; Cass., Sez. 1,22 gennaio 2001, n. 897).
6.1. — In quanto verificatosi in data anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. n.

ne della legge n. 142 del 1990 ad opera dell’art. 274, primo comma, lett. q), del
predetto decreto, il quale, anzi, nel procedere al riordino della disciplina degli enti
locali, l’ha ulteriormente modificata, attribuendo al sindaco la rappresentanza legale del Comune, e limitandosi a fare salva la previsione da parte dello statuto dei
modi di esercizio di tale rappresentanza, con la conseguenza che, in mancanza di
una apposita norma statutaria, la cui esistenza nella specie non è stata neppure
prospettata, l’autorizzazione della giunta municipale non costituisce più un atto
necessario ai fini della proposizione di azioni giudiziarie o della resistenza in giudizio (cfr. Cass., Sez. I, 21 novembre 2011, n. 24433; Cass., Sez. lav., 10 giugno
2010, n. 13968; 2 maggio 2007, n. 10099). Ciò comporta anche il superamento
delle questioni sollevate dal controricorrente in ordine all’oggetto ed alla portata
dell’autorizzazione a stare in giudizio, nonché all’invalidità derivata della procura
rilasciata al difensore del Comune, delle quali la Corte di merito ha escluso la
fondatezza in virtù della delibera di autorizzazione ad impugnare la sentenza di
primo grado adottata dalla Giunta municipale in epoca successiva all’entrata in vigore della legge n. 142 del 1990, ed interpretata dalla sentenza impugnata come
una ratifica dell’attività processuale irritualmente svolta in primo grado.
6.2. — L’efficacia dell’autorizzazione a stare in giudizio non avrebbe potuto
essere esclusa neppure in virtù della mancata trasmissione al Co.re.co ., trattandosi
di un atto che, come si desume dall’art. 45, secondo comma, della legge n. 142 del
1990 (successivamente trasfuso negli artt. 126 e 127 del d.lgs. n. 267 del 2000),

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267 del 2000, l’effetto in questione non trova ostacolo nell’intervenuta abrogazio-

non era sottoposto a controllo preventivo di legittimità, ma solo a controllo successivo, e quindi, anche se dichiarato immediatamente eseguibile in quanto urgente, ai sensi dell’art. 47, terzo comma, della predetta legge, non era soggetto a de-

doveva essere trasmessa all’organo di controllo (cfr. Cass., Sez. I, 7 dicembre
2001, n. 15520; 9 novembre 2001, n. 13881; 4 giugno 1996, n. 5127). La dichiarazione di urgenza della delibera, comportandone l’immediata eseguibilità, escludeva infine, ai sensi del terzo comma dell’art. 47 cit. (a sua volta riprodotto nello
art. 134, quarto comma, del d.lgs. n. 267), che l’efficacia dell’atto fosse subordinata alla scadenza del termine di dieci giorni dall’affissione nell’albo pretorio, previsto dal secondo comma della medesima disposizione (cfr. Cass., Sez. I, 3 maggio
1999, n. 4397).
7. — Con il quarto motivo, il controricorrente lamenta la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 140 del regio decreto 11 dicembre 1953, n. 1775, dell’art. 12
disp. prel. cod. civ. e dell’art. 1362 cod. civ., anche in relazione all’art. 360, primo
comma, n. 1 cod. proc. civ., sostenendo che, nell’escludere la competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche, la Corte di merito non ha considerato che
la domanda di risarcimento proposta dal Comune aveva ad oggetto danni correlati
alla derivazione o all’utilizzazione di acque pubbliche e postulava l’accertamento
dei limiti dell’invaso e dei terreni dallo stesso danneggiati.
7.1.— Il motivo è infondato.
In tema di risarcimento dei danni derivanti dalla realizzazione, dal funzionamento o dalla manutenzione di opere pubbliche, questa Corte ha infatti affermato
costantemente che la competenza dei tribunali regionali delle acque pubbliche è
limitata alle controversie che, in quanto implicanti un apprezzamento in ordine al-

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cadenza per decorso del termine entro il quale, ai sensi dell’art. 46, sesto comma,

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la deliberazione, alla progettazione ed all’attuazione di opere idrauliche, incidano,
direttamente o indirettamente, sulle scelte dirette alla tutela di interessi pubblici
connessi al regime delle acque pubbliche, e segnatamente a quelle di carattere tec-

utilizzazione dell’utenza nei confronti della Pubblica Amministrazione, restando
invece attribuite alla competenza dei tribunali ordinari le controversie risarcitorie
soltanto occasionalmente connesse a vicende riguardanti il governo delle acque
(cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 20 gennaio 2006, n. 1066; Cass., Sez. VI, 24 dicembre 2014, n. 27392; Cass., Sez. III, 16 aprile 2009, n. 9026). A quest’ultima
categoria dev’essere ricondotta anche la domanda di risarcimento proposta in via
riconvenzionale dal Comune, la quale, pur traendo origine dall’avvenuta interruzione della strada Sedini-Tempio, rimasta parzialmente sommersa a seguito della
realizzazione del bacino idrico di Casteldoria, non implica alcuna valutazione in
ordine alle modalità di costruzione dell’invaso, non trovando fondamento direttamente nella scelta dell’area più adatta ovvero nella progettazione o nell’esecuzione
dei lavori, ma nell’inadempimento dell’obbligo di procedere alla ricostruzione della strada interrotta, assunto dalla SES con l’accordo stipulato 1’11 dicembre 1959.
La natura transattiva dell’accordo, volto a prevenire o a porre fine proprio ad una
lite derivante dalla costruzione dell’opera idraulica, precludendo anche la proposizione di questioni riguardanti la demanialità delle acque, i limiti del bacino o l’occupazione dei fondi necessari per la sua realizzazione, esclude la possibilità di annoverare la controversia tra quelle di cui all’art. 140 del regio decreto n. 1775 del
1933, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, l’eccezione di nullità sollevata
dall’Enel, che non mirava a riaprire il dibattito in ordine alla causa dei danni lamentati dal Comune, ma solo ad inficiare il titolo da quest’ultimo dedotto a fon-

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nico inerenti alla distribuzione ed all’uso delle acque ed ai diritti di derivazione ed

damento dell’opposizione e della domanda di risarcimento.
8. — Con il quinto motivo, il controricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1353 e 2697 cod. civ., nonché l’insufficienza della mo-

nell’escludere il difetto di legittimazione passiva dell’Enel, la sentenza impugnata
non ha considerato che la successione a titolo particolare di quest’ultimo nei beni e
negl’impianti destinati alla produzione ed alla distribuzione dell’energia elettrica
non comprendeva anche gli obblighi in precedenza assunti dalla SES, che potevano al più rappresentare una parte del costo del bacino e delle opere connesse. La
prova dell’annotazione della transazione nelle scritture contabili obbligatorie dello
Enel avrebbe inoltre dovuto essere fornita dal Comune, al quale incombeva l’onere
di provare l’avveramento della condizione e la sussistenza dei presupposti da cui
traeva origine il credito.
8.1. — Il motivo è infondato.
Nell’affermare l’opponibilità all’Enel dell’accordo transattivo stipulato tra il
Comune e la SES, la sentenza impugnata si è infatti conformata al principio costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il trasferimento coattivo all’Enel delle imprese esercenti in via esclusiva o principale attività industriali elettriche, previsto dagli artt. 1 e 4 della legge 6 dicembre 1962, n.
1643, pur dando luogo ad una successione a titolo particolare, aveva ad oggetto
l’intera azienda, intesa come complesso di beni comprensivo dei debiti e dei crediti dell’impresa trasferita, ed ha pertanto comportato il subingresso dell’avente causa in tutti i rapporti attivi e passivi funzionalmente riconducibili all’esercizio della
attività imprenditoriale, indipendentemente dall’origine contrattuale o extracontrattuale degli stessi e dalla possibilità di distinguere tra quelli facenti capo al sog-

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tivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, affermando che,

getto imprenditore e quelli concernenti l’oggetto dell’impresa, restando esclusi soltanto i rapporti del tutto estranei alla qualità d’imprenditore elettrico e quelli inerenti ai beni restituiti ai sensi dell’art. 4, primo comma, n. 1, secondo periodo (cfr.

giugno 1972, n. 1998). Tra i rapporti trasferiti dev’essere incluso anche quello in
esame, tanto nel caso in cui se ne voglia sottolineare la natura originariamente risarcitoria, essendo pacifico che i danni che la SES si era obbligata a riparare erano
stati arrecati nell’esercizio dell’attività di costruzione di un’opera idraulica, rientrante nell’oggetto della società costruttrice, quanto nel caso in cui si voglia evidenziare la fonte contrattuale del predetto impegno, assunto nell’ambito di un accordo volto a prevenire o porre fine ad una lite tutt’altro che estranea all’attività
imprenditoriale, in quanto derivante dai danni arrecati nell’esercizio della stessa.
Non può condividersi, al riguardo, l’affermazione del controricorrente, secondo cui, in quanto annoverabile tra i costi sostenuti dalla SES per la realizzazione del bacino, l’obbligazione in esame sarebbe dovuta restare a carico della società espropriata: l’assunzione dei predetti costi da parte dell’Enel, benché non espressamente prevista, era implicitamente desumibile dai criteri di calcolo degl’indennizzi dovuti per i trasferimenti coattivi, i quali, dovendo assicurare, per quanto
possibile, la corrispondenza dell’importo liquidato al valore globale netto dei cespiti attivi e passivi delle imprese da trasferire, scontavano in anticipo gli oneri
connessi alle obbligazioni da queste ultime assunte per l’esercizio dell’attività industriale (cfr. Cass., Sez. Il. 23 gennaio 1971, n. 149).
La natura speciale della disciplina dettata dalla legge n. 1643 del 1962, avente sotto più profili portata derogatoria rispetto a quella ordinaria della cessione di
azienda, consente poi di ritenere corretta l’esclusione dell’applicabilità dell’art.

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Cass., Sez. I, 25 luglio 1977, n. 3300; 27 marzo 1972, n. 959; Cass., Sez. II, 21

2560 cod. civ., incompatibile sia con l’ampiezza e le caratteristiche del fenomeno
ablatorio, riguardante la generalità delle imprese esercenti esclusivamente o prevalentemente attività industriali elettriche e produttivo dell’automatica liberazione

dei creditori, sia con le modalità di liquidazione dell’indennizzo, che, in quanto
fondate sulle risultanze dei bilanci, ne postulavano la conformità alle scritture
contabili dell’azienda.
9. — E’ infine inammissibile il sesto motivo, con cui il controricorrente deduce l’omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, rilevando
che la Corte di merito ha omesso di pronunciare in ordine all’eccezione di prescrizione sollevata nell’atto d’appello, all’insussistenza dei presupposti per la compensazione dei crediti ed al difetto di legittimazione del Comune in ordine all’azione
di risarcimento dei danni subiti da fondi di proprietà di terzi.
9.1. — L’omesso esame delle predette eccezioni trova infatti giustificazione
nell’intervenuta dichiarazione di nullità dell’accordo transattivo, che, determinando il rigetto sia dell’opposizione al decreto ingiuntivo che della domanda di risarcimento proposta dal Comune, ha comportato l’assorbimento delle relative questioni: in difetto di una statuizione sfavorevole, anche implicita, della sentenza
impugnata, esse non possono essere riproposte in sede di legittimità, neppure mediante il ricorso incidentale condizionato, dovendosi escludere che la mancata riproposizione comporti la formazione di un giudicato implicito, e ben potendo le
medesime questioni essere sollevate nuovamente nel giudizio di rinvio (cfr. Cass.,
Sez. II, 24 gennaio 2011, n. 1566; Cass., Sez. I, 2 dicembre 2005, n. 26264; Cass.,
Sez. III, 10 aprile 2003, n. 5681).
10. — La sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dall’ac-

NRG 15928-08 Com Perfugas-Enel Produzione Spa – Pag. 15

del dante causa dai debiti anteriori al trasferimento, senza necessità del consenso

coglimento del secondo motivo del ricorso principale, con il conseguente rinvio
della causa alla Corte d’Appello di Cagliari, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo, rigetta
il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di
Cagliari, anche per la liquidazione delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2015, nella camera di consiglio della
Prima Sezione Civile

P.Q.M.

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