Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14582 del 16/06/2010

Cassazione civile sez. I, 16/06/2010, (ud. 18/05/2010, dep. 16/06/2010), n.14582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8476-2005 proposto da:

N.A.M. (c.f. (OMISSIS)) in proprio,

P.S. (C.F. (OMISSIS)), domiciliati in ROMA,

P.ZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato NICOLI ALCIDE MARIA, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

F.LLI LOMBARDI DIVISIONE MARMI S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE

STRAORDINARIA;

– intimata –

sul ricorso 11854-2005 proposto da:

DITTA F.LLI LOMBARDI DIVISIONE MARMI DITTA S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE

STRAORDINARIA, in persona del Commissario Liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso l’avvocato

ROMANELLI GUIDO FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CAVALLINI FRANCOLINI MARCO, giusta procura a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

-controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

N.A.M. in proprio, P.S., domiciliati

in ROMA, P.ZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NICOLI ALCIDE MARIA,

giusta procura a margine del ricorso principale;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 426/2004 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 13/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato ALCIDE MARIA NICOLI che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso principale; il rigetto

dell’incidentale;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

GUIDO FRANCESCO ROMANELLI che ha chiesto il rigetto del ricorso

principale;

l’accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’accoglimento per quanto

di ragione del ricorso principale; per l’assorbimento del ricorso

incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con ricorso ai sensi dell’art. 101, L. Fall., depositato il 26 gennaio 1998, N.A.M. e P.S. chiesero l’ammissione, in via chirografaria, allo stato passivo della procedura di amministrazione straordinaria della s.p.a. “F.lli Lombardi Divisione Marmi”, dei crediti rispettivamente per L. 17.870.000 e L. 53.610.000 di cui assumevano di essere titolari quali possessori di certificati obbligazionari di nominali L. 10 milioni e L. 30 milioni emessi dalla società in bonis in data di poco antecedente alla dichiarazione di fallimento, poi convertito in amministrazione straordinaria, collocati, mediante vendita “porta a porta” al precipuo scopo di eludere la normativa Consob.

Il Commissario giudiziale si oppose all’ammissione del credito deducendo:

che gli organi della procedura avevano effettivamente rilevato, dalle scritture contabili e dalla documentazione rinvenuta a seguito dell’assoggettamento della Ditta F.lli Lombardi Divisione Marmi s.p.a. alla procedura di amministrazione straordinaria, l’esistenza di un prestito obbligazionario per L. 3 miliardi attuato mediante emissione e collocazione di n. 3.000 obbligazioni non convertibili al portatore del valore nominale di lire un milione ciascuna;

che in sede di formazione dello stato passivo si era, per conseguenza, provveduto ad inserire nell’elenco dei creditori chirografari l’intero importo in linea capitale oltre accessori, senza nessuna migliore specificazione, in mancanza di elementi atti ad individuare nominativamente gli obbligazionisti;

che nella delibera assembleare che aveva approvato l’emissione del prestito il Presidente della società aveva precisato che il collocamento delle obbligazioni sarebbe avvenuto presso un gruppo di azionisti della società controllante Ditta F.lli Lombardi s.p.a. e che l’operazione non costituiva, pertanto, sollecitazione al pubblico risparmio soggetta alle formalità prescritte, a pena di nullità, dalla L. 7 giugno 1974, n. 216;

che la circostanza che i ricorrenti non fossero mai stati soci della Ditta F.lli Lombardi s.p.a. induceva, per contro, a ritenere l’illiceità dell’intera operazione e l’illegittimità dell’acquisto dei titoli dai medesimi effettuato;

che nulla la procedura poteva in ogni caso affermare in merito all’autenticità dei titoli e delle sottoscrizioni ad essi apposte in calce, che ai sensi e per gli effetti dell’art. 214 c.p.c. dichiarava, pertanto, di non conoscere, disconoscendo altresì la conformità delle copie prodotte agli originali.

Con sentenza del 20 dicembre 2000 il Tribunale, riscontrata la tardività del deposito degli originali dei certificati obbligazionari eseguito dai ricorrenti in data (25 marzo 1999) successiva alla chiusura della fase istruttoria e alla scadenza del termine perentorio ai medesimi assegnato con ordinanza 15 ottobre 1998 ai sensi dell’art. 184 c.p.c., comma 2 rigettò la domanda, osservando che le fotocopie prodotte non costituivano idonea prova del credito vantato in presenza dell’espressa contestazione della conformità agli originali formulata dalla convenuta ai sensi dell’art. 2719 c.c. e art. 214 c.p.c.. Alla medesima conclusione, soggiunse, si sarebbe dovuti, d’altra parte, pervenire anche nell’ipotesi in cui i ricorrenti avessero dimostrato di essere portatori dei titoli obbligazionari in questione, in ragione della nullità dell’intera operazione di emissione del prestito, siccome attuata in palese violazione della normativa di cui alla L. 7 giugno 1974, n. 216, come sostituita dalla L. 23 marzo 1982, n. 77. Inoltre, la domanda di arricchimento senza causa introdotta dai ricorrenti dopo lo spirare del termine di cui all’art. 183 c.c., comma 5, era da considerarsi inammissibile in rito, oltre che infondata nel merito per non avere i ricorrenti medesimi provato di avere mutuato denaro alla F.lli Lombardi.

Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Brescia confermò la decisione del Tribunale di rigetto della domanda, impugnata da N.A.M. e P.S., accogliendo l’appello limitatamente alla richiesta di compensazione delle spese processuali. Osservò la Corte di merito che la documentazione cui gli appellanti avevano affidato la prova del proprio assunto dell’avvenuta ammissione al passivo da parte del Commissario, non appariva affatto idonea a sorreggerlo. Infatti, dallo stato passivo dell’amministrazione della F.lli Lombardi Divisione Marmi depositato dal Commissario straordinario in data 10 luglio 1992, prodotto in copia quale allegato n. 3, si evinceva che l’ammissione non aveva riguardato lo specifico credito rivendicato dagli appellanti, il cui nominativo neppure figurava tra quelli dei crediti ammessi, bensì, in generale, il credito per l’intero ammontare del prestito obbligazionario rappresentato da certificati al portatore – di cui gli organi della procedura avevano tenuto doverosamente conto, a fronte delle risultanze della documentazione contabile rinvenuta all’atto dell’apertura della procedura concorsuale, pur senza tuttavia procedere alla concreta individuazione dei titolari delle corrispondenti posizioni di credito, evidentemente rimandata ad un momento successivo, collegato alla verifica della sussistenza dei presupposti per la relativa ammissione, rappresentati non solo dal possesso dei titoli in originale, ma altresì dalla validità dell’operazione portata a termine dalla società in bonis, alla stregua della normativa vigente in materia. Nè poteva indurre a diversa conclusione il contenuto della lettera (OMISSIS) con la quale il commissario straordinario, nel comunicare che l’attivo realizzato dalla procedura consentiva il pagamento integrale di tutti i creditori concorsuali, aveva invitato i portatori di titoli obbligazionari a presentare “nominativamente” idonea istanza di ammissione tardiva avanti al Tribunale competente, ai sensi dell’art. 101, L. Fall., al fine di poter partecipare alla distribuzione della parte di attivo di loro pertinenza, non potendo ad essa attribuirsi il significato di un riconoscimento del diritto dei possessori dei certificati obbligazionari ad essere ammessi al passivo incondizionatamente, e perciò senza previa verifica della ricorrenza dei presupposti di ammissione nè effetto preclusivo della possibilità, per la procedura, di accedere a quella previa verifica.

Tali ragioni erano assorbenti rispetto alla stessa ammissibilità, nei confronti della procedura concorsuale, della domanda di pagamento diretto riproposta nelle conclusioni del grado in sostituzione dell’originaria domanda di ammissione al passivo. L’esplicito riconoscimento della correttezza delle conclusioni raggiunte dal Tribunale in merito alla nullità dell’emissione del prestito obbligazionario nella riscontrata violazione della normativa sulla trasparenza del mercato immobiliare, poi, valeva ad escludere la fondatezza della domanda di ammissione degli appellanti (che non poteva essere ritenuta rinunciata per effetto della richiesta di pagamento di somme, della quale costituiva il presupposto e nella quale doveva ritenersi implicitamente compresa) posto che l’eventuale riconoscimento della tempestività della produzione degli originali dei titoli obbligazionari, non avrebbe potuto dar luogo all’ammissione al passivo di un credito che traeva origine da un rapporto incontestabilmente nullo. Inoltre, l’ammissione degli appellanti al passivo della procedura per un importo corrispondente a quello dei certificati obbligazionari a titolo di indebito, si sarebbe resa possibile solo in presenza di una corrispondente domanda, che risultava per contro estranea a quella in concreto proposta, che rinveniva la causa petendi nel possesso di quei certificati, mentre gli appellanti non avevano formulato alcuna censura in critica alla pronuncia di inammisibilità della domanda di arricchimento senza causa – emessa dal primo giudice sul rilievo che la sua proposizione era avvenuta ben oltre il termine previsto dall’art. 183 c.c., comma 5 – e che la proposizione di tale domanda in appello doveva considerarsi preclusa per il divieto sancito dall’art. 345 c.p.c., comma 2. La natura della controversia e le ragioni della decisione erano tali da giustificare la compensazione delle spese.

Contro la sentenza di appello N.A.M. e P. S. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati con memoria.

Resiste con controricorso l’amministrazione straordinaria intimata, la quale ha proposto ricorso incidentale affidato a tre motivi, resisitito con controricorso dai ricorrenti principali.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.1- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 209, L. Fall., e deducono che i giudici del merito, pur avendo accertato che il credito degli obbligazionisti era stato ammesso, senza alcuna riserva, nello stato passivo predisposto dal Commissario dell’a.s. e depositato in cancelleria, non hanno tratto le dovute conseguenze dall’ intangibilità dei crediti ammessi nel predetto stato passivo, “che non tollera più alcuna discussione in ordine all’esistenza, validità, invalidità, nullità, efficacia o quant’altro delle partite così consacrate”.

Si sarebbe formato, sull’ammissione, il “c.d. giudicato endofallimentare” sull’ammissione del prestito obbligazionario, restando irrilevanti le vicende concernenti il trasferimento delle obbligazioni al portatore.

Deducono che il credito ammesso allo stato passivo è quello degli obbligazionisti “relativamente al quale il fatto che il Commissario Straordinario non abbia indicato i nominativi dei possessori dei titoli obbligazionari (e i nomi dei ricorrenti gli risultavano) ®non ha alcuna incidenza sul carattere di definitività dello stato passivo medesimo”.

L’irregolarità dell’emissione delle obbligazioni era nota al Commissario prima della formazione dello stato passivo.

2.2.- Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione alla valutazione della raccomandata ad essi inviata dal Commissario, contenente l’invito a presentare un’insinuazione tardiva, perchè l’attivo realizzato consentiva il pagamento integrale dei creditori e affinchè “i portatori di titoli obbligazionari, al fine di poter partecipare alla distribuzione della parte di attivo di loro pertinenza, provvedano nominativamente a presentare idonea istanza …”.

2.3.- Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 185 c.p. e art. 2043 c.c. per avere escluso il diritto di vittime del reato di cui al D.L. n. 95 del 1974, art. 18 al pagamento del loro credito.

2.4.- Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. in relazione alla ritenuta inammissibilità della domanda di arricchimento senza causa.

3.1.- Con il primo motivo di ricorso incidentale il Commissario Straordinario controricorrente denuncia violazione degli artt. 183 e 189 c.p.c. e artt. 51 e 52, L. Fall., in relazione all’inammissibilità delle nuove domande (di condanna) proposte dai ricorrenti.

3.2.- Con il secondo motivo il Commissario Straordinario controricorrente denuncia la violazione dell’art. 184 c.p.c. e deduce che erroneamente la Corte di appello avrebbe esaminato il merito della domanda di ammissione tardiva pur in presenza dell’eccezione di tardività della produzione degli originali dei titoli obbligazionari, le cui copia fotografiche erano state tempestivamente disconosciute.

3.3.- Con il terzo motivo il Commissario Straordinario controricorrente denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in ordine alla disposta compensazione delle spese processuali, “neppure adeguatamente motivata”.

4.- I ricorsi – proposti contro la stessa sentenza – vanno riuniti.

Occorre premettere che di recente le Sezioni unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 25174 del 15/10/2008) hanno ribadito, in relazione al procedimento di cui all’art. 209, L. Fall., “il carattere definitivo ed immutabile (salvo che a seguito di ricorso al giudice) dello stato passivo una volta depositato, trattandosi di una caratteristica che discende dalle esigenze proprie della procedura concorsuale e non è affatto incompatibile con la natura amministrativa di un atto che il legislatore vuole suscettibile di eventuale modifica solo per effetto di un successivo intervento giurisdizionale, entro i limiti e con le forme previste per tale intervento”. Peraltro, è diverso – rispetto a quello disciplinato per la formazione del passivo fallimentare – “lo scenario in cui si attua la formazione del passivo nel procedimento di liquidazione coatta, al quale pacificamente è attribuita natura amministrativa (si vedano, tra le altre, Sez. un. n. 11216 del 1997, Cass. n. 17048 del 2007, Cass. n. 1817 del 2005 e Cass. n. 15102 del 2001; ma, prima ancora, Corte cost. n. 155 del 1980); scenario nel quale solo eventualmente, a seguito della proposizione di uno dei ricorsi ipotizzati dalla L. Fall., già citato art. 209, possono inserirsi momenti giurisdizionali, che però non valgono a modificare i caratteri schiettamente amministrativi delle operazioni di verifica dei crediti precedentemente svolte dal commissario liquidatore. Le quali, infatti, oltre ad essere affidate ad un soggetto estraneo alla giurisdizione, prescindono dalla necessità di domande di parte (destinate ad assolvere, se proposte, solo ad una funzione collaborativa) e non sono in alcun modo vincolate al contenuto di tali eventuali domande”. Il deposito dello stato passivo costituisce “il momento a partire dal quale può aprirsi, nell’ambito della procedura di liquidazione coatta amministrativa, una di quelle fasi giurisdizionali cui sopra s’è fatto cenno: giacchè gli interessati recuperano la facoltà di rivolgersi al giudice, nelle forme dell’opposizione richiamate in detto articolo, al fine di ottenere l’accertamento dei crediti (e degli eventuali privilegi) o delle pretese restitutorie che lamentano essere stati pretermessi, oppure al fine di contestare l’ammissione di crediti (e di privilegi) o delle pretese altrui. Il deposito dello stato passivo nella cancelleria del tribunale, con funzione di pubblicità, non può invece certamente avere la virtù di far acquistare intrinseca natura giurisdizionale all’atto conclusivo di un procedimento di carattere amministrativo – qual è quello di verificazione del passivo nella liquidazione coatta -, posto in essere dal soggetto al quale compete dar corso a quel procedimento e di portarlo in tal modo a conclusione”.

4.1.- Svolta la necessaria premessa in ordine alla natura del procedimento di cui all’art. 209, L. Fall., ed evidenziato, ancora, che è dedotta la violazione di tale ultima norma processuale, va rilevato, conformemente a quanto evidenziato dalla sentenza impugnata, che l’immutabilità dello stato passivo depositato dal Commissario Straordinario ha riguardato, nella concreta fattispecie, l’ammissione al passivo dell’intero prestito obbligazionario.

Peraltro, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale della S.C. – al quale il Collegio intende dare continuità – qualora occorra accertare se sì sia formato il giudicato nell’ambito dello stesso processo – e tale deve essere ritenuto l’unitario procedimento di accertamento del passivo nell’amministrazione straordinaria, anche nella fase giurisdizionale – la corte di cassazione non è vincolata dall’interpretazione degli atti processuali compiuta dai giudici del merito, ma ha il potere dovere di valutare direttamente tali atti, al fine di stabilire se rispetto alla questione, si è formato il giudicato, con conseguente preclusione di ogni esame della stessa (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 11322 del 21/07/2003; Sez. 3, Sentenza n. 19918 del 18/07/2008).

Ciò premesso, va rilevato che il portatore di un titolo obbligazionario, il quale abbia, ai sensi dell’art. 2419 cod. civ. e art. 208, L. Fall., presentato istanza individuale di ammissione, qualora sia mancata – come nella concreta fattispecie, tale circostanza essendo indiscussa tra le parti – anche un’istanza ai sensi della predetta norma e dell’art. 2418 c.c., comma 2 del rappresentante comune degli obbligazionisti, non ha alcun onere di insinuarsi al passivo mediante presentazione di una domanda tardiva, anche se sollecitato in tal senso dal Commissario. Dagli atti prodotti dalle parti – specificamente richiamati nel ricorso – si evince che in data 3.7.1991 sono state trasmesse al Commissario Straordinario – il quale fa riferimento a tale corrispondenza nella propria raccomandata del (OMISSIS) – le domande di ammissione di numerosi obbligazionisti, tra i quali il ricorrente N. e il dante causa (circostanza non smentita dalla resistente) della P..

Tali domande, dunque, corrispondono a quelle che i creditori e i terzi possono presentare ai sensi dell’art. 208, L. Fall..

In data 10.7.1992, il Commissario dell’a.s. ha depositato in cancelleria lo stato passivo ai sensi dell’art. 209, L. Fall., ammettendo l’intero prestito obbligazionario.

La circostanza (valorizzata dalla Corte di appello) che non risultino nominativamente indicati i singoli obbligazionisti è affatto irrilevante, una volta accertato che la domanda ex art. 2419 cod. civ. e art. 208, L. Fall., è stata effettivamente presentata, che non risulta comunicata l’esclusione del credito (anzi ammesso per l’intero importo del prestito) e tenuto conto che lo stato passivo non può essere letto prescindendo dalle domande dei creditori.

Il primo motivo del ricorso principale, dunque, è fondato.

I restanti motivi e il ricorso incidentale restano assorbiti.

5.- Da quanto innanzi esposto discende che la domanda di insinuazione al passivo proposta dai ricorrenti, in quanto riferita allo stesso credito per il quale era stata presentata domanda di insinuazione tempestiva, regolarmente ammessa, era inammissibile. Tanto avrebbe dovuto dichiarare il giudice del merito.

La cassazione della sentenza impugnata, dunque, va pronunciata senza rinvio ai sensi dell’art. 382 c.p.c. perchè la domanda era improponibile.

L’esito complessivo del giudizio giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiarando assorbiti gli altri motivi e il ricorso incidentale. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata e compensa tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2010

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