Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14582 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 15/07/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 15/07/2016), n.14582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19520/2013 proposto da:

T.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

VALSOLDA 45/E, presso lo studio dell’avvocato MARCO DI TERLIZZI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE ROBERTO CHIECO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.F.G., C.F. (OMISSIS), D.F.F. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA E. Q. VISCONTI 20,

presso lo studio dell’avvocato ALBERTO DE ROSA, rappresentati e

difesi dall’avvocato PASQUALE VIELI, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 59/2013 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZ.

DIST. DI TARANTO, depositata il 12/04/2013 R.G.N. 309/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito l’Avvocato SANASI MAURIZIO per delega Avvocato CHIEVO PASQUALE

ROBERTO;

udito l’Avvocato MATTEI STEFANO per delega Avvocato VIELI PASQUALE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilita’ in subordine

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 12 aprile 2013 la Corte di appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, su appello proposto da T.C., ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di Taranto che aveva respinto la domanda del T. di condanna, in via solidale, di D.F.G. (titolare dell’impresa agricola San Giovanni e datore di lavoro del T.) nonche’ di D.F.F., nonche’ della societa’ cooperativa a r.l. Allevatori ionici, al pagamento delle differenze retributive pari a Euro 216.145,47 nonche’ dei contributi previdenziali omessi per l’attivita’ di vigilanza nonche’ di irrigazione notturna svolta sulla proprieta’ terriera degli stessi nel periodo settembre 1993 – settembre 2002.

Avverso la sentenza, il lavoratore propone ricorso per Cassazione, affidato a sei motivi. D.F.G. e D.F.F. resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo e controverso nonche’ violazione dell’art. 1294 c.c., avendo la Corte territoriale dato esclusivo rilievo – al fine di individuare il titolare del rapporto di lavoro subordinato all’esercizio del potere direttivo e del potere di controllo, trascurando il contenuto e le modalita’ di svolgimento dell’attivita’ del T. che rendevano impossibile differenziare in concreto la mansione di guardiano svolta per entrambi gli imprenditori.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 232 c.p.c., non essendo stata valutata, dalla Corte territoriale, al pari del giudice di primo grado, la mancata risposta all’interrogatorio formale di D.F.F. sui capitoli 4, 7, 8 e 14 del ricorso (riportati per esteso).

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo e controverso nonche’ violazione e falsa applicazione del CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti avendo, la Corte, ritenuto applicabile il CCNL per i dipendenti degli Istituti di vigilanza privata nonostante le risultanze emerse dai prospetti paga e dalla contribuzione previdenziale.

4. Con il quarto ed il quinto motivo il ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo e controverso nonche’ violazione e falsa applicazione del CCNL per le aziende agricole avendo, la Corte, trascurato di valutare le risultanze probatorie raccolte che dimostravano la riconducibilita’ delle mansioni svolte dal T. alla qualifica Area 1 (ex operaio specializzato super) di cui al CCNL 19.7.1995 operai agricoli nonche’ il riconoscimento degli istituti retributivi connessi all’orario di lavoro espletato.

5. Con il sesto motivo il ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo e controverso nonche’ violazione e falsa applicazione dell’art. 2116 c.c., comma 2, avendo, la Corte territoriale, ignorato il comportamento omissivo tenuto da D.F.F. all’interrogatorio formale con particolare riguardo al mancato versamento dei contributi previdenziali.

6. I motivi, che possono essere affrontati congiuntamente considerata la stretta connessione, appaiono inammissibili sotto vari profili e, in ogni caso, infondati.

7. Preliminarmente, va osservato che la fattispecie in esame (pubblicata dopo l’11 settembre 2012) ricade, ratione temporis, nel regime risultante dalla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, il quale prevede che la sentenza puo’ essere impugnata per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”. L’intervento di modifica del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., come recentemente interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053/2014), comporta un’ulteriore sensibile restrizione dell’ambito di controllo, in sede di legittimita’, sulla motivazione di fatto, dovendosi interpretare, la norma, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Ebbene, la sentenza impugnata ha affrontato, con argomenti logici e coerenti, tutti i profili oggetto delle censure avanzate dal ricorrente, ritenendo:

– di individuare un unico datore di lavoro nella persona di D.F.G. (in applicazione del consolidato orientamento che individua l’elemento della subordinazione nella sottoposizione al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro; cfr. ex multis, Cass. n. 19568/2013, Cass. n. 3418/2012);

– di escludere (in assenza di riscontri probatori sufficienti) il riconoscimento del parametro 170 – Area 1 (ex operaio specializzato super) di cui al CCNL operai agricoli e florovivaisti e di prendere quale parametro di comparazione (rispetto alla retribuzione effettivamente percepita) il profilo di “vigile munito di licenza e porto d’armi”, al fine di verificare la congruita’ della retribuzione percepita dal T. (in applicazione del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il ricorso al criterio della categoria economica di appartenenza del datore di lavoro, e quindi dell’attivita’ concretamente svolta dall’impresa, fissato dall’art. 2070 c.c., e’ consentito al solo fine di individuare il parametro della retribuzione adeguata ex art. 36 Cost., quando non risulti applicata alcuna contrattazione collettiva ovvero sia dedotta l’inadeguatezza della retribuzione contrattuale ex art. 36 Cost., rispetto all’effettiva attivita’ lavorativa esercitata. (cfr. ex multis Cass. S.U. n. 2665/1997, Cass. n. 26742/2014);

– di respingere la domanda di riconoscimento di un pregiudizio conseguente all’irregolare adempimento dell’obbligazione contributiva, essendo ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. nn. 12517/2003, 2227/97, 5825/95), il principio secondo cui il diritto al risarcimento del danno – per omessa o irregolare contribuzione previdenziale (di cui dell’art. 2116 c.c., comma 2) – sorge nel momento in cui si verifica il duplice presupposto dell’inadempienza contributiva e della perdita totale o parziale della prestazione previdenziale.

E’, pertanto, rilevabile l’inammissibilita’ dei motivi nella parte in cui si censura la carenza o contraddittorieta’ della motivazione, non essendo ravvisabile alcuna anomalia motivazionale come richiesto dalla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

8. Le censure sono, inoltre, prospettate con modalita’ non conformi al principio di specificita’ dei motivi di ricorso per cassazione: con particolare riguardo ai motivi di impugnazione della sentenza di primo grado (di cui si lamenta la mancata valutazione), alle risultanze processuali che dimostrerebbero il recepimento del CCNL operai agricoli e florovivaisti da parte del datore di lavoro, alle modalita’ di svolgimento del rapporto di lavoro che fonderebbero il diritto al pagamento di diversi istituti retributivi (lavoro straordinario, festivita’, ferie non godute) parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto dell’atto di appello (e non un mero estratto riassuntivo), gli elementi salienti dei prospetti paga, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo cosi’ ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cass. 12 febbraio 2014, n. 3224; Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726).

9. Le censure rivolte direttamente contro la sentenza di primo grado e non contro la sentenza di appello debbono, inoltre, ritenersi inammissibili (sulla inammissibilita’ di siffatte censure v. Cass. n. 5637/2006, Cass. n. 6733/2014) e cio’ con particolare riguardo alla mancata risposta all’interrogatorio formale da parte di D.F.F., la cui censura e’, inoltre, formulata con modalita’ non conformi al principio di specificita’ dei motivi di ricorso per cassazione, non essendo stato riportato il verbale di udienza ove emerge l’ammissione dell’interrogatorio formale e la mancata presentazione. In ordine, poi, al profilo della irregolarita’ contributiva, il ricorrente non ha nemmeno indicato il capitolo di prova ammesso per l’interrogatorio formale.

In ogni caso, e’ orientamento costante di questa Corte quello secondo cui la valutazione della mancata risposta all’interrogatorio formale rientra nell’ampia facolta’ del giudice di merito, che deve considerare tale comportamento nell’ambito del quadro degli altri elementi probatori acquisiti al processo, non equivalendo – la mancata presentazione – ad una confessione (cfr. ex multis, Cass. nn. 10099/2013, 6181/2009, 22407/2006).

10. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza.

11. Il ricorso e’ stato notificato il 2.8.2013, dunque in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilita’ del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale e’ respinta integralmente o e’ dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta e’ tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice da’ atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformita’.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese di lite a favore dei controricorrenti, liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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