Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14581 del 12/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 12/06/2017, (ud. 24/02/2017, dep.12/06/2017),  n. 14581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1434-2013 proposto da:

A.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SISTINA 121, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO PANUCCIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO DE SIMONE

SACCA’;

– ricorrente –

contro

R.M.R., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA CESARE BECCARIA 84, presso lo studio dell’avvocato ELENA

PIETROPAOLI, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO AZZARA’;

– c/ricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 273/2011 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 22/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato CLAUDIO GALLI, con delega dell’Avvocato FRANCESCO

AZZARA’ difensore della ricorrente, che si è riportato agli atti

depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del 2^- 3^-

4^-5^ motivo del ricorso principale; per il rigetto del ricorso

incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.M.R., con atto di citazione del 18 settembre 2002 conveniva in giudizio davanti alla Corte di Appello di Reggio Calabria A.M., proponendo appello avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n. 729 del 2001, con cui il giudice adito aveva interamente rigettato le domande dell’attrice e dichiarato compensate le spese processuali.

L’appellante, proprietaria di un appartamento acquistato nel 1974 da A.M. ed ubicato in uno stabile sito in (OMISSIS) lamentava la mancata affermazione del suo diritto ad una quota dell’area coperta dello stabile destinata a parcheggio, pari, secondo il progetto assentito dal Comune 1a mq 160 dell’intero piano seminterrato, atteso che con l’atto di acquisto le era stato trasferito l’immobile con tutti gli accessori e le pertinenze e dipendenze e l’area in questione in quanto non risultava area riservata a favore del venditore doveva essere ritenuta comune. Assumendo, altresì, il vincolo pubblicistico di destinazione l’appellante escludeva la necessità di un corrispettivo in favore del costruttore venditore.

L’appellante contestava, altresì, il rigetto della domanda diretta ad obbligare l’ A. a rimuovere quanto realizzato nello spazio di isolamento adiacente al fabbricato, sebbene il diritto di passaggio e di transito in tale area fosse stato attribuito dal titolo di acquisto dell’unità immobiliare.

Si costituiva A.M., che chiedeva il rigetto dell’impugnazione e, in via subordinata, il riconoscimento del proprio diritto ad un corrispettivo in caso di riconoscimento del diritto di uso a parcheggio in capo all’appellante. Impugnava, a sua volta, il capo della sentenza del Tribunale che aveva disposto la compensazione delle spese di giudizio.

La Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza n. 273 del 2011, accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza impugnata dichiarava R.M. comproprietaria pro quota dello spazio comune posto nel seminterrato del fabbricato oggetto di causa destinato a parcheggio nel progetto approvato. Ordinava ad A. di rimuovere quanto ostacolava il libero passaggio e transito nello spazio di isolamento del fabbricato e precisamente la baracca in lamiera il muro ed il cancello in metallo ad esso adiacente.

Rigettava l’appello di A.. Condannava A. al pagamento di due terzi delle spese relative di entrambi i gradi del giudizio e compensava il residuo terzo. Secondo la Corte di Reggio Calabria, la disciplina legale delle aree destinate a parcheggio interne o circostanti ai fabbricati prescrive un vincolo di destinazione di natura pubblicistica per il quale gli spazi in questione sono riservati all’uso diretto delle persone che stabilmente occupano le singole unità immobiliari delle quali si compone il fabbricato o che ad esso abitualmente accedono. Ove, poi, manchi una espressa riserva di proprietà da parte del costruttore venditore gli spazi di cui si dice vanno ritenute parti comuni dell’edificio condominiale ai sensi dell’art. 1117 c.c. Risultando dall’atto di acquisto il diritto di passaggio e transito sugli spazi di isolamento non occupati dagli impianti condominiali, vanno eliminati tutti i manufatti realizzati dall’ A. su tali spazi e che ne impediscono il transito ed il passaggio.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da A.M. con ricorso affidato a cinque motivi. R.M.R. ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale affidato ad un motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

A.= Ricorso principale.

1.= Con il primo motivo di ricorso A.M. lamenta la violazione o falsa applicazione del dettato della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, L. n. 765 del 1967, art. 18, violazione o falsa applicazione degli artt. 817 e 818 c.c. nonchè dell’art. 1117 c.c. e dell’art. 1362 c.c.. e ss. (art. 360 c.p.c., n. 3) Motivazione omessa, insufficiente e/o contraddittoria (art. 360 c.p.c., n. 5). Secondo il ricorrente la Corte distrettuale nel ritenere che la parte del seminterrato progettuale destinata a parcheggio integrerebbe gli estremi di una pertinenza, in virtù del vincolo impressogli dalla legge, e quindi sarebbe stato ceduto pro quota unitamente all’appartamento, non avrebbe tenuto conto che lo spazio destinato a parcheggio non è mai esistito proprio perchè, come avrebbe avuto modo di specificare la CTU, tra il piano seminterrato destinato a parcheggio e l’esterno vi era un dislivello e le macchine non potevano accedere a detto locale di posteggio. Se dunque i posti auto erano previsti nel progetto di costruzione del fabbricato ma non sono stati mai realizzati, l’acquirente dell’appartamento avrebbe diritto al risarcimento del danno ma non anche l’attribuzione del parcheggio.

Tuttavia, sempre secondo il ricorrente, al seminterrato in questione non potrebbe mai essere riconosciuta natura pertinenziale, in quanto non avrebbe i requisiti essenziali della pertinenze e, cioè, l’elemento oggettivo: materiale destinazione del bene accessorio, e l’elemento soggettivo e cioè la volontà di destinare il bene ccessorio a servizio o ad ornamento di un bene principale.

1.1.= Il motivo è infondato. Come ha avuto modo di chiarire la Corte distrettuale “(….) l’effettiva esistenza di spazi destinabili a parcheggio è l’unica condizione per il riconoscimento giudiziale del diritto reale al loro uso da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari del fabbricato (…) per altro quel riconoscimento può avere come oggetto soltanto le aree che siano state destinate allo scopo di cui si tratta nei provvedimenti ablativi all’edificazione, senza la possibilità di ubicazioni alternative (…)” La Corte, per ulteriore chiarezza, ha avvertito che il diritto reale d’uso permane anche nel caso in cui il venditore si sia riservato la proprietà dell’area, con l’ulteriore specificazione che ove nulla è stato detto nell’atto di vendita deve ritenersi trasferita anche la proprietà dell’area vincolata quale pertinenza, o bene condominiale ex art. 1117 c.c., dell’appartamento venduto. Ed è giusto il caso di specificare che, sussistendo l’effettiva esistenza di spazi destinabili a parcheggio, rimane ininfluente la circostanza che per adibire effettivamente quegli spazi a parcheggio saranno necessari ulteriori interventi edilizi.

Per altro, e comunque, quanto affermato dalla Corte distrettuale integra gli estremi di una interpretazione di una situazione di fatto ed essendo priva di vizi logici e/o giuridici non è suscettibile di essere sindacata nel giudizio di legittimità.

2.= Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 817 e 818 c.c. del dettato della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, L. n. 765 del 1967, art. 18, nonchè dell’art. 112 c.p.c.. Omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Secondo il ricorrente insufficiente e contraddittoria sarebbe la motivazione con la quale la Corte distrettuale avrebbe riconosciuto alla controparte il diritto all’uso dell’intera area destinata a spazio di isolamento perchè non sono chiare le ragioni che dovrebbero giustificare siffatta conclusione. E, comunque, ritiene ancora il ricorrente, nel caso specifico, l’area di isolamento per quanto sia venuta ad esistenza, tuttavia, non è mai stata adibita a parcheggio e pertanto non potrebbe essere indicata siccome bene pertinenziale accessoria ai singoli appartamenti.

2.1.= Il motivo è infondato. Come ha già chiarito la Corte distrettuale “(…) quanto invece alle aree scoperte la situazione dei luoghi accertata dal CTU rende ancor più evidente la violazione del vincolo di destinazione in quanto l’occupazione di buona parte dello spazio di isolamento con una baracca rende astrattamente fruibile per il parcheggio una porzione pari a circa il 15% di quella prevista, senza trascurare i problemi di accessibilità creati dalla chiusura dello spazio di isolamento con un muretto ed un cancello in ferro (…). E come viene specificato successivamente “(…) Evidentemente, il diritto dell’odierna appellante che si atteggia quale diritto di comproprietà sulla porzione del locale seminterrato destinata a parcheggio nel progetto e diritto reale di uso quanto all’area scoperta costituita dallo spazio di isolamento, dovrà in pratica coordinarsi con quello degli altri condomini e a tale coordinamento conseguirà la concretizzazione dello stesso diritto e l’individuazione dello spazio a disposizione dell’odierna appellante, atteso che il soddisfacimento delle esigenze di tutti i titolari delle quindici unità immobiliari che compongono il fabbricato impone la destinazione di tutte le are vincolate, tanto la porzione del seminterrato quanto lo spazio di isolamento (….)”.

E’ del tutto evidente che, correttamente, la Corte distrettuale, da un verso, ha identificato il vincolo di destinazione di uso specificando che le aree di cui si dice (seminterrato e spazio di isolamento) erano vincolate ad un uso, sia che il venditore si sia riservato il diritto di proprietà (come per lo spazio di isolamento) e a maggior ragione se il venditore non si sia riservato il diritto di proprietà (ed è il caso del seminterrato). E ad un tempo, la Corte distrettuale ha, correttamente, chiarito che il diritto di uso deve intendersi esteso all’intera area di parcheggio nonostante quel diritto dovrà essere contenuto nei limiti di quanto a ciascuno spettante.

3.= Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione ella L. n. 767 del 1967, art. 18, della L. n. 1150 del 1942, art. 42 sexies. Motivazione omessa, insufficiente e/o contraddittoria (art. 360 c.p.c., n. 5). Violazione dell’art. 42 Cost. in tema di diritto di proprietà, violazione e falsa applicazione dell’art. 1021 c.c. e dell’art. 1102 c.c.. Secondo il ricorrente la Corte distrettuale nel riconoscere il diritto di uso della R. sugli spazi di isolamento destinati progettualmente a parcheggio non avrebbe tenuto conto che l’esponente si era riservata la proprietà degli spazi di isolamento ad esclusione di quella parte di essi destinati ad impianti condominiali (centrale termica ed autoclave) ed aveva concesso il diritto di passaggio e transito sui predetti spazi al fine di raggiungere lo spazio destinato a parcheggio. Sicchè la R. avrebbe diritto di un posteggio auto e dunque di un passaggio per accedervi, non potendo però il suo potere estendersi sull’intera area. Se la R. dovesse avere un diritto sull’area di isolamento, questo dovrebbe essere strettamente inteso come possibilità di posteggiare un auto.

3.1.= Il motivo è infondato perchè non coglie l’effettiva ratio decidendi. Infatti, come ha chiarito la Corte distrettuale “(…) la richiesta dell’odierna appellante di vedersi garantita la libera transitabilità dello spazio di isolamento a prescindere dalla circostanza che questa è indispensabile ad assicurare la destinazione a parcheggio scaturisce da una specifica previsione del titolo di acquisto con il quale, riservandosi la proprietà, il costruttore venditore attribuì alla R.M.R. prefigurandolo anche in favore dei futuri acquirenti delle altre unità immobiliari: il diritto di passaggio e di transito sui predetti spazi di isolamento non occupati dagli impianti condominiali. Conseguentemente, tanto la baracca in lamiera che occupa buona parte dello spazio di isolamento (…) quanto il muretto ed il cancello in ferro (…..) rendono di fatto impossibile il libero transito ed il passaggio a cui l’appellante ha diritto (…)”.

Come appare del tutto chiaro la decisione è fondata su ragioni solide le cui coordinate sono da un verso l’ampia previsione, che riguarda l’interezza degli spazi di isolamento, nel contratto di compravendita intervenuto tra A. e la R.: del diritto di passaggio e transito sui predetti spazi di isolamento non occupati dagli impianti condominiali, per altro dall’accertamento che quel diritto di passaggio era reso impossibile dai manufatti realizzati da A. ed insistenti sugli spazi di isolamento. A fronte della valutazione effettuata dalla Corte di Appello, la ricorrente contrappone le proprie personali osservazioni, ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità, nè può il ricorrente pretendere il riesame del merito sol perchè la valutazione delle clausole del contratto e delle accertate circostanze di fatto, compiuta dal Giudice del merito, non risponde alle sue aspettative e convinzioni.

4.= Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1374 c.c. in relazione all’erronea e falsa applicazione della L. n. 767 del 1967, art. 18 della L. n. 1150 del 1942, art. 42 sexies, insufficiente e contraddittoria motivazione, violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c.). Motivazione omessa, insufficiente e/o contraddittoria (art. 360 c.p.c., n. 5). Il ricorrente, sostiene che la Corte avrebbe dovuto previa ammissione della richiesta consulenza, condannare al R. al pagamento di un prezzo per l’acquisizione del diritto di proprietà o del diritto di uso dell’area di parcheggio costituendo ogni contraria statuizione una violazione del principio di cui all’art. 1374 c.c. per il quale va sempre mantenuto l’equilibrio del sinallagma contrattuale.

4.1.= Il motivo è infondato. La Corte d’Appello ha correttamente fatto derivare dalla ritenuta estensione automatica degli atti di disposizione alle quote indivise del bene pertinenziale costituito dall’area seminterrata destinata a parcheggio, l’effetto di ritenere compreso nel prezzo pattuito per la vendita anche la parte di prezzo relativa alla quota della pertinenza. Una volta escluso che gli atti di disposizione fossero limitati al bene principale, detto effetto costituiva una conseguenza accessoria, non potendosi ritenere, in assenza di specifiche ed inequivoche pattuizioni, che le parti avessero compravenduto, unitamente al bene principale, anche le relative pertinenze, limitando il corrispettivo al valore di mercato del bene principale. La tesi sostenuta dal ricorrente è esatta solo con riferimento all’ipotesi, diversa da quella verificatasi nel caso in esame, che lo spazio destinato a parcheggio condominiale – o quote di esso – rimasto nell’esclusiva disponibilità del costruttore – venditore, sia stato oggetto di separate negoziazioni. In tal caso, invero, essendo indubitabile che gli atti di disposizione aventi ad oggetto le singole unità abitative si riferiscono esclusivamente a tali beni, corrisponde ad un corretto principio di corrispettività, oltre che a logica, che, in considerazione della nullità delle clausole degli atti che distolgano eventualmente gli spazi destinati a parcheggio da tale destinazione e dell’automatico operare, ai sensi dell’art. 1339 c.c., della norma imperativa posta dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies il condomino, il quale abbia conseguito, in virtù dell’operare di tale meccanismo giuridico, la quota del bene pertinenziale, sia tenuto ad un supplemento di prezzo, corrispondente al valore di mercato della quota acquisita.

5.= Con il quinto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1065 c.c., art. 1362 c.c. e ss. e art. 1322 c.c. e ss. Omessa e/o erronea valutazione della questione attinente all’interpretazione della volontà negoziale delle parti espressa per mezzo dell’atto dell’8 marzo 1974 in ordine alla costituzione della servitù di passaggio e transito. Motivazione omessa insufficiente o contraddittoria (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Secondo la ricorrente, la Corte di Appello, affermando doversi dichiarare in favore dell’appellante, in virtù degli accordi nell’atto di vendita, il diritto di passaggio e transito sulla zona di isolamento, avrebbe riconosciuto alla R. un diritto di servitù di passaggio. Ora i manufatti realizzati da A. (una baracca in lamiera, un muro con relativo cancello) non sarebbe di ostacolo al libero transito e la decisione di eliminare quei manufatti sarebbe dunque una decisione abnorme. D’altra la stessa R. non solo non avrebbe dedotto alcuna limitazione al proprio diritto ma men che meno lo ha provato.

5.1.= Il motivo per quanto non rimane assorbito dal terzo motivo già esaminato è infondato non solo perchè si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione dei dati di fatto non proponibile nel giudizio di cassazione se, come nel caso in esame, la valutazione della Corte distrettuale non presenta vizi logici e/o giuridici, ma, soprattutto, perchè la Corte ha ampiamente chiarito, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, che i manufatti (la baracca in alluminio, il muro in cemento ed il cancello) rendevano “(…) impossibile il libero transito ed il passaggio a cui l’appellante aveva diritto (…)” così come era stato previsto nel contratto di compravendita.

B.= Ricorso incidentale.

6.= Con l’unico motivo di ricorso incidentale R. lamenta la violazione dell’art. 972 c.c., comma 2 in relazione al rigetto della pretesa risarcitoria avanzata dalla sig.ra R.. Difetto ed erroneità della motivazione. Secondo la ricorrente incidentale erroneamente la Corte di appello avrebbe ritenuto che la domanda di risarcimento rigettata dal primo giudice unitamente agli altri capi della domanda non sarebbe stata riproposta con l’atto di appello e, quand’anche la stessa non essendo stata riproposta in maniera espressa sarebbe incorsa nella decadenza a di cui all’art. 346 c.p.c. non considerando che la domanda era stata avanzata con l’atto di citazione e con l’atto di appello, l’appellante chiedeva l’accoglimento di tutte le richieste deduzioni e conclusioni formulate in primo grado e negli atti di causa riportate da aversi qui formalmente e sostanzialmente riproposte ed integralmente trascritte.

6.1.= Il motivo è infondato. E’ orientamento della dottrina processualistica e della stessa giurisprudenza di questa Corte di cassazione che il riferimento generico delle parti alle deduzioni e richieste di primo grado non soddisfa al disposto dell’art. 342 c.p.c., il quale esige una specificazione, ancorchè non rigorosa, tuttavia, concreta ed adeguatamente determinata, dei motivi di gravame. Nè esso soddisfa al disposto dell’art. 346 stesso codice, il quale esige la riproposizione espressa delle domande e delle eccezioni non accolte dal primo giudice. Pertanto è corretto quanto ha affermato la Corte distrettuale e cioè che “(….) avendo il giudice di primo grado rigettato la domanda di risarcimento del danno per mancanza di prova del danno escludendo che nella situazione emersa il danno potesse ritenersi in re ipsa ed esigendo una specifica dimostrazione della sua esistenza e della sua gravità, tale motivazione imponeva una censura specifica che l’atto di impugnazione non contiene, con al conseguenza che il rigetto della pretesa risarcitoria è ormai coperta dal giudicato e non più controvertibile (….)”.

In definitiva, vanno rigettati entrambi i ricorsi (principale ed incidentale) La reciproca soccombenza è ragione sufficiente per compensare le spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte rigetta entrambi i ricorsi (principale ed incidentale), compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 24 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2017

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