Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14580 del 13/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 14580 Anno 2015
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: LORITO MATILDE

SENTENZA

sul ricorso 28385-2009 proposto da:
RUSSI

MARIA

GIULIA

C.E.

RSSMGL67P59B8290,

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO D’ITALIA
102, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PASQUALE
MOSCA, che la rappresenta e difende, giusta delega in
atti;
i

– ricorrente –

2015
2175

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.E. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

Data pubblicazione: 13/07/2015

’,..

`.?

studio

dell’avvocato

FIORILLO

LUIGI,

che

la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controrícoxrente

avverso la sentenza n. 6336/2008 della CORTE
,

D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/07/2009 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/05/2015 dal Consigliere Dott. MATILDE
LORITO;
udito l’Avvocato MOSCA GIOVANNI;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega verbale
FIORILLO LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
accoglimento.

7041/2006;

Russi Maria Giulia adiva il Tribunale di Roma chiedendo
dichiararsi la nullità del termine apposto ai seguenti
contratti stipulati con Poste Italiane s.p.a.: periodo 7/10/9731/1/98 per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di
ristrutturazione degli assetti occupazionali in corso e in
ragione della graduale introduzione di nuovi processi
produttivi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e
completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”;
periodo 1/7/98-3019/98 per “necessità di espletamento del
servizio in concomitanza di assenze per ferie”; periodo
13/10/98-31/1199 per “esigenze eccezionali…”.
Il Tribunale respingeva il ricorso con pronunzia in data
20/4/06 che veniva confermata dalla Corte d’Appello di Roma.
La Corte territoriale perveniva a tali conclusioni sul rilievo
della legittimità dei primi due contratti, alla luce delle
disposizioni contrattuali collettive di settore, e della
intervenuta risoluzione del terzo contratto per mutuo consenso.
Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione la
Russi affidato a due motivi illustrati da memoria ex art.378
c.p.c. Resiste con controricorso la società Poste Italiane.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, denunciando violazione degli artt. 13721175-1355-2697-1427-1431-2946 c.c., la ricorrente k lamenta che
la Corte di merito ha disatteso il consolidato indirizzo della
giurisprudenza di legittimità che, per la risoluzione per mutuo
consenso tacito, richiede la presenza di comportamenti che
denotino “una chiara e certa comune volontà delle parti
medesime di volere, d’accordo tra loro, porre definitivamente
fine ad ogni rapporto di lavoro”, con onere della allegazione e
della prova in capo alla parte che prospetti lo scioglimento
del rapporto, di talché la mera circostanza oggettiva del
decorso del tempo di per sé non assume alcuna rilevanza.
Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando altresì vizio
di motivazione, lamenta che la Corte territoriale ha ritenuto
cessato il rapporto di lavoro di cui è causa, per mutuo
consenso, desumibile dal comportamento delle parti, omettendo
di indicare, oltre alla inerzia della lavoratrice protratta per
circa sei anni, ulteriori elementi idonei a determinare la
detta risoluzione del rapporto.
1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Come questa Corte ha più volte affermato “nel giudizio
instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un
unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto
dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale
ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del
rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione
dell’ultimo contratto a termine, nonché del comportamento
tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre
definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo” (v. Cass. 1011-2008 n. 26935, Cass. 28-9-2007 n. 20390, Cass. 17-12-2004 n.
23554, nonché da ultimo Cass. 18-11-2010 n. 23319, Cass. 11-32011 n. 5887, Cass. 4-8-2011 n. 16932). La mera inerzia del
lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine, quindi, “è
di per sé insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione
del rapporto per mutuo consenso” (v. da ultimo Cass. 15-11-2010
n. 23057, Cass. 11-3-2011 n. 5887), mentre “grava sul datore di
lavoro”, che eccepisca tale risoluzione, “l’onere di provare le
circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e
certa delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni
rapporto di lavoro” (v. Cass. 2-12-2002 n. 17070 e fra le altre
da ultimo Cass. 1-2-2010 n. 2279, Cass. 15-11-2010 n. 23057,
Cass. 11-3-2011 n. 5887) e “la valutazione del significato e
della portata del complesso degli elementi di fatto compete al
giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in
sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di
diritto” (v. Cass. 11-3-2011 n. 5887, Cass. 4-8-2011 n. 16932).
Tali principi, del tutto conformi al dettato di cui agli art.
1372 e 1321 c.c. e al sistema,
sono stati ripetutamente
ribaditi da questa Corte (v. da ultimo, fra le tante, Cass.
n.ri 3924, 4181, 7282, 7630, 7772, 7773/2015, cfr. anche Cass.
13-2-2015 n. 2906, che, in sostanza, in una fattispecie
concreta “peculiare”, in ragione dell’accertamento di fatto
congruamente motivato dalla Corte di merito, ha respinto il
ricorso del lavoratore, precisando espressamente che la
soluzione adottata “non costituisce un superamento” del
“consolidato orientamento di questa Corte di legittimità”).
Va
pertanto
ulteriormente
confermato
tale
indirizzo
consolidato, basato in sostanza sulla necessaria valutazione

Tali motivi, che, in quanto strettamente connessi possono
v essere trattati congiuntamente, risultano fondati e vanno
accolti.

Il ricorso va, pertanto, accolto e l’impugnata sentenza va
cassata con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa
composizione, la quale provvederà attenendosi all’indirizzo qui
ribadito e statuirà anche sulle spese del presente giudizio di
cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e
rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in
diversa composizione.
Così deciso in Roma il 14 maggio 2015.

dei comportamenti e delle circostanze di fatto, idonei ad
integrare una chiara manifestazione consensuale tacita di
volontà in ordine alla risoluzione del rapporto, non essendo
all’uopo sufficiente il semplice trascorrere del tempo e
neppure la mera mancanza, seppure prolungata, di operatività
del rapporto. Al riguardo, infatti, non può condividersi il
diverso indirizzo che, valorizzando esclusivamente il “piano
oggettivo” nel quadro di una presupposta valutazione sociale
“tipica” (v. Cass. 6-7-2007 n. 15264 e da ultimo Cass. 5-6-2013
n. 14209), prescinde del tutto dal presupposto che – come è
stato chiarito da Cass. 28-1-2014 n. 1780 – “la risoluzione per
mutuo consenso tacito costituisce pur sempre una manifestazione
negoziale che in quanto tale, seppure tacita, non può essere
configurata su un piano esclusivamente oggettivo. D’altra
parte, il mero decorso del tempo e la nera inerzia del
lavoratore costituiscono un semplice fatto che, al di fuori
delle ipotesi tipiche fissate dalla legge, di per sé
è
irrilevante. Né può essere sufficiente al fine della
risoluzione del rapporto per mutuo consenso tacito la mera
cessazione della funzionalità di fatto del rapporto stesso,
tanto più che nel rapporto di lavoro possono anche intervenire
numerose ipotesi di sospensione, previste dalla legge o
derivanti dalla volontà delle parti (v. fra le altre Cass. 77-1998 n. 6615)”. Orbene nella fattispecie la Corte di merito,
in contrasto con l’indirizzo consolidato di questa Corte, ha
ritenuto configurabile la risoluzione per mutuo consenso tacito
in considerazione soltanto della notevolissima fase di non
attuazione del rapporto (oltre 5 anni), che rendeva “plausibile
ritenere che l’interessata abbia reperito altra occupazione
sufficientemente remunerativa”.

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