Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14580 del 12/06/2017

Cassazione civile, sez. II, 12/06/2017, (ud. 24/02/2017, dep.12/06/2017),  n. 14580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9194-2013 proposto da:

G.F., ((OMISSIS)) nella sua qualità di erede della

sig.ra Gu.Be., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

DEI PRATI DEGLI STROZZI 21, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE

SCARNATI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

RENATO VICO;

– ricorrente –

contro

P.A.S., (OMISSIS), P.M. (OMISSIS),

P.O.G. (OMISSIS), P.M. (OMISSIS), P.R.

(OMISSIS), (OMISSIS), P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA L. ANDRONICO 24, presso lo studio dell’avvocato ILARIA

ROMAGNOLI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ALESSANDRO SECCHI VILLA;

– controricorrenti –

e contro

R.D., R.E., C.T., C.L.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1086/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 02/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato RAFFAELE SCARNATI, difensore della ricorrente, che

si è riportato agli atti depositati ed ha chiesto l’accoglimento

del ricorso;

udito l’Avvocato ILARIA ROMAGNOLI, difensore dei controricorrenti,

che si è riportato agli atti depositati ed ha chiesto il rigetto

del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 5 gennaio 1982 Gu.Be. conveniva davanti al Tribunale di Bergamo C.T., L.A., E. e L.C., chiedendo la loro condanna: a rimettere in pristino la strada già esistente e gravante sugli immobili di cui ai mappali n. (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS); a cessare il transito sia pedonale che carraio sul proprio fondo; a risarcire il danno causato.

Si costituivano i convenuti, i quali esponevano che: C.E. era deceduta; C.L.C. era estraneo al giudizio, avendo venduto i suoi diritti a tali P.G. ed A.A.; contestavano l’estensione del diritto di servitù vantato dall’attrice e chiedevano il rigetto della domanda negatoria servitutis dallo stesso esercitata; in via riconvenzionale, domandavano il riconoscimento del loro diritto di servitù di passaggio pedonale e carraio sul mappale (OMISSIS), acquisito per usucapione o destinazione del padre di famiglia.

Il Tribunale di Bergamo, disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di P.G. ed A.A., i quali si costituivano e domandavano il rigetto della domanda attrice, in subordine la costituzione di servitù di transito coattiva e la condanna dell’attrice ad eliminare alcune opere abusive, istruiva la causa a mezzo di Ctu.

Intervenivano in corso di causa E. e R.D., acquirenti delle porzioni della (OMISSIS) già dei convenuti C.T., L.A. ed E., ed aderivano alle domande dei loro danti causa. La causa era poi interrotta e riassunta per il decesso del procuratore delle parti P. ed A. e di C.L.C..

Il Tribunale di Bergamo, con sentenza n. 1442/2006, accoglieva la negatoria servitutis ed una domanda della convenuta A. per la sistemazione di un canale di gronda e rigettava le altre domande.

Con atto di citazione datato 11 dicembre 2006, R.E., R.D. ed A.A. proponevano appello.

Si costituiva la sola Gu.Be., la quale chiedeva che l’appello fosse dichiarato inammissibile o respinto.

Gli altri appellati restavano contumaci.

In seguito al decesso della A., la causa era riassunta dal figlio P.S..

La Corte di Appello di Brescia, con sentenza n. 1086/2012, accoglieva in parte l’appello e, pertanto, dichiarava l’intervenuto acquisto per usucapione della servitù di passaggio pedonale e carraio sulla stradella esistente sul mappale (OMISSIS) di proprietà di Gu.Be., nonchè sul percorso sviluppantesi nel sottoportico del fabbricato a favore del fondo di proprietà R. di cui ai mappali (OMISSIS), (OMISSIS) in Comune di (OMISSIS) ed ordinava a Gu.Be. di rimuovere tutti i materiali e le installazioni che impedivano alle R. l’esercizio di tale diritto, ad eccezione del cancello metallico, del quale avrebbe dovuto consegnare le chiavi od altro dispositivo idoneo ad azionarlo alle R. medesime ed agli Eredi P.- A..

La Corte Territoriale, inoltre, costituiva, a favore dei mappali (OMISSIS), di proprietà degli Eredi P.- A., servitù coattiva di passaggio pedonale e carraio sulla stradella predetta e sul sottoportico, determinando il relativo indennizzo.

Avverso la indicata sentenza della Corte di Appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione G.F., quale erede di Gu.Be., articolandolo su due motivi, mentre P.A.S., M., O.G., R., M. e S., quali eredi di A.A., hanno resistito con controricorso. D. ed R.E., T. e C.L.A. non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= La ricorrente, con il primo motivo di ricorso, lamenta la nullità della sentenza o del procedimento.

La ricorrente sostiene che la Corte Territoriale avrebbe omesso di decidere in ordine alle eccezioni di nullità da lei proposte in grado di appello. In particolare, la Corte di Appello di Brescia non avrebbe tenuto conto della nullità, per mancanza di specificità dei motivi, dell’atto di citazione in appello delle parti R.- A., poichè R.D., R.E. ed A.A. avevano proposto un atto di appello redatto in maniera unitaria, senza distinguere i mappali di cui esse erano proprietarie e le differenti difese da loro svolte in primo grado, come si evinceva dalla sentenza impugnata, che non era riuscita a distinguere, in motivazione, i mappali di proprietà delle parti. Inoltre, era pure nulla la citazione in appello da parte delle R.- A. a P.G., essendo quest’ultimo già morto durante il giudizio di primo grado.

1.1.= Il motivo è inammissibile.

Questa Corte ha affermato che, affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primis, la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi. Ove, infatti, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente; per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi (Cass. 19 marzo 2007 n. 6361; Cass. 14 ottobre 2010 n. 21226).

Nella specie, la questione di cui al motivo in esame non risulta in alcun modo trattata nella sentenza impugnata. Il ricorrente, nell’affermare che in sede di appello aveva eccepito la nullità dell’atto di citazione, non riporta, in violazione del principio di specificità ed autosufficienza del ricorso per cassazione, in quali termini tutto ciò sia avvenuto.

Senza dire che le eccezioni attinenti alla mancata declaratoria di nullità della sentenza e/o del procedimento, dato che la notifica dell’atto di citazione in appello, sarebbe stata rivolta a soggetto defunto, non tiene, ovviamente conto del nuovo indirizzo della Corte di cassazione a SU in merito all’ultrattività della procura (Cass. 15295 del 2014).

2.= Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

La ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale non abbia considerato le risultanze della Ctu agli atti, che conteneva una precisa descrizione di luoghi di causa. La Corte di Appello di Brescia, pertanto, non aveva valutato gli altri tratti di strada effettivamente praticati e praticabili, nè da quando il mappale (OMISSIS) era divenuto effettivamente transitabile. Essa, inoltre, non aveva tenuto conto che non era stato provato l’acquisto per usucapione o destinazione del padre di famiglia della servitù in esame.

2.1.= Il motivo è inammissibile.

Va qui evidenziato che il tenore delle censure, richiama, in verità, il testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nella versione anteriore alla riforma introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, norma, nel caso, non più applicabile, trattandosi di sentenza depositata il 2 ottobre 2012, quindi dopo l’entrata in vigore della precitata novella, la quale ha introdotto una disciplina più stringente, limitata la possibilità della denuncia dei vizi di motivazione che consentono l’intervento della Corte di Cassazione solo al caso di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Il cambiamento operato dalla novella è netto, dal momento che dal previgente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, viene eliminato, non solo il riferimento alla “insufficienza” ed alla “contraddittorieta”, ma addirittura la stessa parola “motivazione”. Può, quindi, affermarsi che la nuova previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, legittima solo la censura per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, non essendo più consentita la formulazione di censure per il vizio di “insufficiente” o “contraddittorietà” della motivazione. Nè a diverso opinamento può pervenirsi nella considerazione che la censura per “omessa, insufficiente o contraddittorietà della motivazione”, potrebbe trovare ingresso, dando prevalenza all’aspetto sostanziale più che a quello letterale e formale del mezzo e quindi prescindendo dalla inidoneità della, formulazione, ostandovi l’evidente prospettiva della novella, introdotta dal Legislatore al fine di ridurre l’area del sindacato di legittimità sui “fatti”, escludendo in radice la deducibilità di vizi della logica argomentazione (illogicità o contraddittorietà), che non si traducano nella totale incomprensibilità dell’argomentare. In buona sostanza, ciò che rileva, in base alla nuova previsione, è solo l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, cioè la pretermissione di quei dati materiali, acquisiti e dibattuti nel processo, aventi portata idonea a determinare direttamente un diverso esito del giudizio.

Ora, nel caso in esame, il motivo si risolve, come si evince da una lettura dello stesso motivo, nella richiesta di una nuova e diversa valutazione dei fatti che sono stati oggetto delle decisione e non omessi.

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c. condannata a rimborsare parte controricorrente delle spese del presente giudizio di cassazione, che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge; dà atto che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte d cassazione, il 24 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2017

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