Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14579 del 13/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 14579 Anno 2015
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA
sul ricorso 27624-2009 proposto da:
D’ANZI

SILVANA

elettivamente

ANTONIA

C.F.

domiciliata

in

DNZSVN77D62L418K,
ROMA,

VIA

F.

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA
MANZI, rappresentata e difesa dagli avvocati DANIELE
OLIVIERO, COSIMO LOVELLI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
2169

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA 20 25/B, presso lo studio

Data pubblicazione: 13/07/2015

dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
con troricorrente –

avverso la sentenza n. 292/2009 della CORTE D’APPELLO
di POTENZA, depositata il 18/03/2009 R.G.N. 373/2008;

udienza del 14/05/2015 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato MANZI FEDERICA per delega LOVELLI
COSIMO E OLIVIER° DANIELE;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega verbale
FESSI ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI9che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Udienza del 14 maggio 2015 — Aula B
n. 26 del ruolo — RG n. 27624/09
Presidente: Roselli – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata respinge l’appello proposto da Silvia Antonia D’Anzi
avverso la sentenza del Tribunale di Potenza n. 1264/2007, di rigetto della domanda della D’Anzi
volta ad ottenere la dichiarazione di nullità della clausola appositiva del termine al contratto
stipulato con POSTE ITALIANE s.p.a. — per il periodo 1 dicembre-31 dicembre 2000 — per far
fronte ad esigenze eccezionali connesse alla fase di ristrutturazione aziendale, ex art. 8 del CCNL
Poste 26 novembre 1994, come integrato dai successivi Accordi attuativi.
La Corte d’appello di Potenza, per quel che qui interessa, precisa che:
a) il Tribunale di Potenza non ha esaminato l’eccezione della società POSTE ITALIANE,
ritualmente proposta in primo grado e riproposta in appello, sulla intervenuta risoluzione del
rapporto per mutuo consenso;
b) tale eccezione, invece, deve essere accolta ed ha carattere assorbente;
c) va, infatti, rilevato che, nella specie, si riscontra una considerevole sproporzione tra la
durata del rapporto a termine (pari a solo un mese) e il lasso di tempo intercorso fra la scadenza del
suddetto rapporto e l’esperimento dell’azione in giudizio da parte della lavoratrice (nella specie pari
a più di cinque anni), l’accettazione senza riserve del TFR e l’assenza di alcuna iniziativa anche
tramite le 00.SS., da parte dell’interessata, nel suddetto periodo;
d) questi elementi sono sufficienti ai fini della configurabilità del mutuo consenso alla
risoluzione del contratto di lavoro, senza che assuma alcun rilievo in contrario la circostanza che la
società POSTE ITALIANE abbia dedotto soltanto il mero decorso del tempo, in quanto gli altri
elementi sono incontroversi e se ne può tenere conto d’ufficio, in base al principio di acquisizione
delle risultanze istruttorie comunque entrate nel processo.
2.— 11 ricorso di Silvia Antonia D’Anzi domanda la cassazione della sentenza per un unico,
articolato, motivo; resiste, con controricorso, POSTE ITALIANE s.p.a.
La società controricorrente deposita anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ., nella quale
chiede l’applicabilità dello jus superveniens rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32,
conuni 5, 6 e 7, in vigore dal 24 novembre 2010.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare va precisato che al presente ricorso si applicano ratione temporis le
prescrizioni di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I — Sintesi del ricorso

Il — Esame delle censure
2.- Il motivo è fondato e va accolto.
2. 1 .

Come questa Corte ha più volte affermato “nel giudizio instaurato ai fini del

riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul
presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinché
possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché
del comportamento téquto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa
comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo” (v.
Cass. 10-11-2008 n. 26935, Cass. 28-9-2007 n. 20390, Cass. 17-12-2004 n. 23554, nonché da
ultimo Cass. 18-11-2010 n. 23319, Cass. 11-3-2011 n. 5887, Cass. 4-8-2011 n. 16932; Cass. 4
aprile 2013, n. 8182).
La mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine, quindi, “è di per sé
insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso” (v. da ultimo
Cass. 1 5- 11-2010 u. 23057, Cass. 11-3-2011 n. 5887), mentre “grava sul datore di lavoro”, che
eccepisca tale risoluzione, “l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà
chiara e certa delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro” (v. Cass. 212-2002 n. 17070 e fra le altre da ultimo Cass. 1-2-2010 n. 2279).
2.2.- Tale principio, del tutto conforme al dettato di cui agli art. 1372 e 1321 cod. civ., va
ribadito anche in questa sede, così confermandosi l’indirizzo prevalente ormai consolidato, basato
in sostanza sulla necessaria valutazione dei comportamenti e delle circostanze di fatto, idonei ad
integrare una chiara manifestazione consensuale tacita di volontà in ordine alla risoluzione del
rapporto, non essendo all’uopo sufficiente il semplice trascorrere del tempo e neppure la mera
mancanza, seppure prolungata, di operatività del rapporto.
2.3.- Orbene nella fattispecie la Corte di merito, in sostanza disattendendo tale principio, ha
fondato il proprio giudizio esclusivamente sul mero decorso del tempo ritenendo che “lo iato
temporale, così ponderato, è espressione di uno iato di volontà”, avendo la lavoratrice “prestato
piena adesione” alla risoluzione prevista dal contratto.
Gli ulteriori elementi, infatti, richiamati in sentenza (asserita accettazione del TFR “senza
riserve”, l’assenza di alcuna iniziativa anche tramite le 00.SS., da parte dell’interessata, nel
suindicato periodo) da un lato non risultano affatto univoci e decisivi, dall’altro, a ben vedere,
2

1.-11 ricorso è articolato in un unico motivo, nel quale lavoratrice — denunciando violazione e
falsa applicazione defl’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 1372 cod. civ., nonché vizio di
motivazibue sostiene che la Corte territoriale abbia, erroneamente, ritenuto che il contratto a
termine in oggetto si sia- risolto per mutuo consenso, senza che la società datrice di lavoro avesse
fornito. la prova dell’esistenza di elementi ulteriori rispetto al mero decorso del tempo dai quali si
poteva desumere una chiara e certa comune volontà delle parti di porre definitivamente fine ad ogni
rapporto lavorativo.

neppure hanno trovato fondamento in specifici accertamenti di fatto (non essendo peraltro in alcun
modo spiegato dalla Corte di merito sulla base di quali risultanze concrete i detti ulteriori elementi
sarebbero emersi nel processo).
111— Conclusioni
3.— In sintesi, il ricorso deve essere accolto, per le ragioni dianzi esposte.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del
presente giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Bari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, 11 14 maggio 2015.

La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, con rinvio, anche per le spese del
presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Bari, che si atterrà, nell’ulteriore esame del
merito della controversia, a tutti i principi su affermati.

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