Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14575 del 13/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 14575 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 27000-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
l domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e
difesa dall’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega in
2015

atti;
– ricorrente –

3.960
contro

TRAVASCIO ELIO MARIO, elettivamente domiciliato in
ROMA,

VIA

GERMANICO

172,

presso

lo

studio

Data pubblicazione: 13/07/2015

dell’avvocato SERGIO GALLEANO, che lo rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n.

1345/2008 della CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/12/2008 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/05/2015 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega verbale TOSI
PAOLO;
udito l’Avvocato DE MICHELE VINCENZO per delega
GALLEANO SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

1055/2007;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 17 dicembre 2008, la Corte d’appello di Milano rigettava l’appello di Poste
Italiane s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, che, in accoglimento della domanda del
dipendente Elio Mario Travascio, ne aveva accertato il diritto di inquadramento come quadro

20 luglio 1999, condannando la società datrice ad assegnargli mansioni corrispondenti alla
riconosciuta qualifica A2 e al pagamento, per ogni anno di dequalificazione per l’accertata
illegittimità delle mansioni assegnategli dal 20 maggio 2002, della somma di € 3.000,00, oltre
interessi e rivalutazione.
A motivo della decisione, la Corte territoriale riteneva corretto l’inquadramento in qualifica
A2 per l’esercizio di mansioni Q2 per oltre sei mesi ad essa confacenti, sulla scorta della
I
I
comparazione della declaratoria Q2 dell’area operativa a norma degli artt. 43, 44 CCNL con
l’attività concretamente svolta da Travascio ed il livello della sua preparazione professionale e
di autonomia (cassiere ed economo, nonché collaboratore con il responsabile dell’agenzia
inquadrato in qualifica Q1), alla luce delle scrutinate risultanze istruttorie.
Essa reputava pure congrua la liquidazione in via equitativa del danno da demansionamento,
subito dal lavoratore dal maggio 2002, in quanto adibito per ben quattro anni a compiti di
impiegato d’ordine, comportante un evidente pregiudizio alla professionalità acquisita.
Con atto notificato il 5 dicembre 2009 Poste Italiane s.p.a. ricorre per cassazione con quattro
motivi, cui resiste Mario Travascio con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato
memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli arti.
1362 ss. c.c. in riferimento all’art. 44 CCNL Poste 1994 e all’art. 21 CCNL Poste 2003, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per erroneo riconoscimento del diritto del
lavoratore al superiore inquadramento in area quadri di II livello per lo svolgimento di
“attività con preparazione professionale specializzata” e “funzioni di significativa importanza
con facoltà di iniziative nell’ambito delle direttive gestionali” pur in mancanza della

di II livello dal 3 aprile 1997 e di area A2 dall’i gennaio 2004 ed alle coerenti retribuzioni dal

”responsabilità di gestione di unità organiche” ed omessa la comparazione con le declaratorie
intermedie tra il livello di appartenenza (D) e quello riconosciuto (A).
Con il secondo, la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 43, 44
CCNL Poste 1994 e 21 CCNL Poste 2003, 2103, 2697 c.c., 115, 116 c.p.c., in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per erroneo riconoscimento del diritto del lavoratore al

“cassiere” ed “economo”, senza effettiva valutazione, anche sulla scorta delle prove orali
assunte, delle concrete mansioni svolte, coerenti con la qualifica assegnata e conseguente
insussistenza del demansionamento ritenuto dal 2002.
Con il terzo, la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729
c.c., 115, 116 c.p.c. e vizio di motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5
c.p.c., per erronea assunzione della prova della necessaria autonomia e responsabilità propria
del livello quadri rivendicato, sulla base del fatto controverso e non dimostrato dell’alternanza
del lavoratore con il direttore dell’ufficio postale nello svolgimento delle sue mansioni
anziché solo con gli aiuto-cassiere, sulla scorta degli elementi di prova acquisiti.
Con il quarto, la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione artt. 2697, 1218,
1223 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per difetto di prova del danno
professionale riconosciuto per effetto del ritenuto demansionamento.
I primi due motivi (violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c. in riferimento
all’art. 44 CCNL Poste 1994 e all’art. 21 CCNL Poste 2003, 2103, 2697 c.c., 115, 116 c.p.c.,
per erroneo riconoscimento del diritto del lavoratore al superiore inquadramento in area quadri
di Il livello pur in mancanza della “responsabilità di gestione di unità organiche” e sulla base
delle qualifiche formali di “cassiere” ed “economo”) possono essere congiuntamente
esaminati, per stretta connessione.
Essi sono entrambi infondati.
Premesso il potere di interpretazione diretta della Corte di Cassazione delle norme
contrattuali collettive nazionali, per effetto del novellato art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.
senza più il veicolo indiretto della violazione del canone interpretativo denunciato degli artt.
1362 ss. c.c. (Cass. 19 marzo 2014, n. 6335), la Corte territoriale ha correttamente sussunto
la fattispecie, apprezzata nella concreta sussistenza dei concorrenti requisiti di
specializzazione e di responsabilità: quest’ultima sotto il profilo della collaborazione con il

superiore inquadramento in area quadri di II livello sulla base delle qualifiche formali di

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direttore dell’agenzia postale, cui attribuita la qualifica Q1 , in riferimento alla previsione
dell’accordo 25 marzo 1995, integrativo della previsione degli artt. 43 e 44 CCNL Poste
1994 e pertanto con valutazione non astratta.
Essa è stata piuttosto il frutto di un accertamento in fatto e di una valutazione probatoria,
coerenti con l’ordinario procedimento di accertamento delle attività lavorative in concreto

categoria e dal raffronto dei risultati di tali due indagini (Cass. 6 marzo 2007, n. 5128; Cass.
24 marzo 2004, n. 5942). Come noto, tali accertamento e valutazione sono insindacabili
laddove siano logicamente e correttamente argomentati, come nel caso di specie (per le
ragioni esposte a pgg. da 3 a 5 della sentenza), sicchè è inammissibile una mera
contestazione intesa ad accreditare un’interpretazione dei fatti diversa da quella giudiziale
(sostanzialmente finalizzata ad una scomposizione della declaratoria contrattuale e alla sua
equiparazione, ben valutata dalla sentenza, alla responsabilità direzionale di una
“funzionale”), così insinuando una rivisitazione critica del merito, indeferibile in sede di
legittimità (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 5 marzo
2007, n. 5066).
Il terzo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 c.c., 115, 116
c.p.c. e vizio di motivazione, per erronea assunzione come provata della necessaria autonomia
e responsabilità propria del livello quadri rivendicato, è inammissibile.
Anche qui, infatti, la società ricorrente introduce nella sostanza una contestazione della
valutazione probatoria della Corte, peraltro adeguatamente motivata come già illustrato e
pertanto insindacabile in sede di legittimità. Sicchè, il mezzo tende piuttosto ad una richiesta
di riesame del merito, per la contrapposizione sul punto dell’interpretazione propria del
ricorrente a quella della Corte territoriale (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo
2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694). Inoltre, il mezzo viola il principio di
autosufficienza del ricorso prescritta, a pena di inammissibilità, dall’alt 366, primo comma, n.
6 c.p.c. (Cass. 19 maggio 2006, n. 11886), per l’omessa integrale trascrizione, pertanto
inidonea, delle deposizioni testimoniali richiamate a supporto della contrapposta
interpretazione dei fatti.

svolte, di individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di

Il quarto motivo, relativo a violazione e falsa applicazione arti. 2697, 1218, 1223 c.c., per
difetto di prova del danno professionale conseguente al ritenuto demansionarnento, è
infondato.
Ed infatti la Corte territoriale, una volta accertato l’intervenuto demansionamento del
lavoratore, ha correttamente assunto la prova del danno professionale (che, come noto, il

motivato, ben può trarre, determinandone anche in via equitativa l’entità, in via presuntiva
dagli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità dell’esperienza lavorativa pregressa, alla
natura della professionalità coinvolta, alla durata del demansionamento, all’esito finale della
dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto: Cass. 26 novembre 2008, n. 28274;
Cass. 26 febbraio 2009, n. 4652), sulla scorta delle esaurienti ragioni esposte (a pg. 5 della
sentenza).
Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente il rigetto del ricorso, con la
regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza, con distrazione al
difensore antistatario secondo la sua richiesta.

P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna Poste Italiane s.p.a. alla rifusione, in favore del controricorrente,
delle spese del giudizio, che liquida in € 100,00 per esborsi e € 4.000,00 per compenso
professionale, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con
distrazione al difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2015

Depositato in CanCeikdei

Il Pres dente

giudice del merito, con apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione se adeguatamente

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