Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14574 del 10/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14574 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 14915-2011 proposto da:
D’ANDREA

TIZIANA

DNDTZN71C42L1821,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA TACITO 23, presso lo studio
dell’avvocato DE GIOVANNI GRAZIANO, rappresentata e
difesa dall’avvocato COLATEI AUGUSTO, giusta delega a
margine del ricorso;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 0636339101 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope
legis;
– controri corrente –

Data pubblicazione: 10/06/2013

avverso la sentenza n. 205/14/2010 della Commissione
Tributaria Regionale di ROMA del 13.4.2010, depositata
il 21/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 09/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. TOMMASO BASILE.

GIUSEPPE CARACCIOLO.

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati

La CTR di Roma ha respinto l’appello di D’Andrea Tiziana -appello proposto contro
la sentenza della CTP di Roma n.345-52-2008 che aveva rigettato il ricorso della
predetta contribuente- ed ha così confermato l’avviso di accertamento ai fini IRPEF
per l’anno 2000, emesso per la rettifica del corrispettivo di vendita (dal dichiarato di
£ 100.000.000 all’accertato di £ 232.500.000) di un terreno edificabile sito in
Guidonia Montecelio, terreno trasferito con atto notarile del 25.2.2000.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che, per quanto concerne la
documentazione depositata dall’Ufficio nel corso del primo grado di giudizio su
invito della stessa CTP, quest’ultima non aveva influito sulla decisione della
Commissione Provinciale “essendo già tutto specificato ed espresso chiaramente
dall’Ufficio nella costituzione in giudizio; ed inoltre nel senso che l’A.F. è legittimata
a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza, sulla base
dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro,
mentre è onere probatorio del contribuente (che nulla aveva argomentato e prodotto
in sede di appello) superare —anche con il ricorso ad elementi indiziari- la
presunzione di corrispondenza tra prezzo e valore di mercato.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
La parte intimata si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Invero, con il terzo motivo (rubricato come:Insufficiente motivazione su un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360 primo comma n.5
cpc….” e che, per il fatto di essere di più pronta liquidazione può essere anteposto

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Osserva

agli altri nell’esame), la ricorrente si duole in sostanza del fatto che il giudice del
merito non abbia fatto alcun esame degli argomenti presuntivi da essa parte
contribuente indicati sin dal primo grado del processo (e qui specificate debitamente
in ossequio al canone di autosufficienza) e concretamente relativi alla circostanza che
il medesimo immobile oggetto della vendita era stato da essa contribuente acquistato

l’Ufficio sottoponesse a rettifica detto atto di acquisto e senza che tra l’acquisto e la
rivendita fossero intervenute modificazioni di genere urbanistico, oltre che alla
circostanza che la rettifica del valore dichiarato ai fini della tassa di registro era stata
oggetto di un accertamento per adesione sottoscritto non già da essa parte acquirente
ma dalla sola parte venditrice.
Il motivo appare fondato e può essere accolto.
Invero, alla luce degli elementi indiziari come sopra riassunti e addotti in giudizio
dalla parte ricorrente emerge dalla stessa considerazione della scarna motivazione
della sentenza impugnata che il giudice del merito —negligentemente e salvo
rammentare astrattamente che la parte contribuente ha facoltà di avvalersi anche di
elementi indiziari ai fini della prova- non ha tenuto conto alcuno delle inferenze
logiche che possono essere desunte dalle anzidette circostanze, essendosi limitato il
medesimo giudice ad assumere insussistenti gli elementi di prova contraria
incombenti sul contribuente, senza però fare analitica considerazione di quelli dianzi
elencati.
E ciò si dice non già come valutazione della giustezza o meno della decisione, ma
come indice della presenza di difetti sintomatici di una possibile decisione ingiusta,
che tali possono ritenersi allorquando sussiste un’adeguata incidenza causale (come
nella specie esiste) della manifesta negligenza di dati istruttori qualificanti, oggetto di
possibile rilievo in cassazione, esigenza a cui la legge allude con il riferimento al
“fatto decisivo” (in termini Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7635 del 16/05/2003).
Nella specie, parte ricorrente ha evidenziato una pluralità di elementi di fatto non
adeguatamente e specificamente considerati dal giudice del merito che costituiscono

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solo sette mesi prima con valore dichiarato in atto pari a £ 100.000.000, senza che

senz’altro idonei indici sintomatici di una possibile decisione ingiusta, siccome
capaci di generare una difettosa ricostruzione del fatto (processuale) dedotto in
giudizio.
Consegue da ciò che la censura avente ad oggetto il vizio motivazionale (più liquida
ed assorbente rispetto a quella fondata sulla violazione di legge) può essere accolta e

secondo grado che —in diversa composizione- tornerà a pronunciarsi sulle questioni
oggetto dell’atto di appello proposto dalla parte contribuente e regolerà anche le
spese del presente grado di giudizio.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.
Roma, 20 ottobre 2012

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che la parte ricorrente, con atto di data 29.04.2013 ha comunicato che la procedura
deve ritenersi definita ai sensi dell’art.39 comma 12 del D.L. n.98/2011, atteso che il
contribuente ha provveduto al versamento di tutte le somme dovute;
che il Collegio, in adesione a detta istanza, ritiene che il processo debba essere
dichiarato estinto;
che le spese di lite non necessitano di regolazione.

P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il processo ai sensi dell’art.16 della legge n.289/2002.
Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma il 9 maggio 2013.

che, per conseguenza, la controversia debba essere rimessa al medesimo giudice di

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