Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14573 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 15/07/2016, (ud. 12/04/2016, dep. 15/07/2016), n.14573

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 704/2011 proposto da:

C.T.P. – COMPAGINA TRASPORTI PUBBLICI S.P.A., P.I. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA

PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO

TERRACCIANO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4362/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 11/06/2010 R.G.N. 8613/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Napoli M.D., dipendente della azienda di trasporti CTP spa con qualifica di operatore di esercizio, premesso di avere diritto a numero due giorni aggiuntivi di ferie e numero cinque giorni di permessi retribuiti a norma degli accordi interconfederali del 27 luglio e del 14 novembre dell’anno 1978-stipulati in seguito alla abolizione, con L. n. 54 del 1977, di numero 7 festivita’ infrasettimanali- agiva nei confronti del datore di lavoro per la sua condanna alla riattribuzione di un giorno di permesso retribuito, che era stato sottratto con ordine di servizio del 12 gennaio 2001 in concomitanza con il ripristino della festivita’ del 2 giugno. Chiedeva altresi’ condannarsi il datore di lavoro al pagamento della indennita’ sostitutiva per le giornate di permesso non fruite dall’anno 2001.

Deduceva la illegittimita’ della soppressione del permesso, in quanto costituente modifica unilaterale degli accordi interconfederali dell’anno 1978.

Il Tribunale, con sentenza del 20-25 marzo 2009, rigettava la domanda.

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 26 maggio-11 giugno 2010 (nr. 4362), accoglieva l’appello del M. ed, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava il diritto del lavoratore a fruire dall’anno 2001 di un ulteriore giorno di permesso retribuito annuo; condannava la CTP al risarcimento del danno, nei limiti della prescrizione.

La Corte territoriale rilevava che nella premessa degli accordi interconfederali le parti dichiaravano che la finalita’ della L. n. 54 del 1977 – che era quella di rimuovere la incidenza negativa delle festivita’ infrasettimanali sulla produttivita’ aziendale non trovava applicazione nei confronti delle aziende pubbliche di trasporto, che assicuravano il servizio anche nelle giornate festive; la disciplina collettiva era diretta alla organizzazione del servizio per le giornate gia’ considerate festive, con il contenimento dei costi di esercizio.

Con il primo accordo venivano concessi complessivamente sei giorni (due di ferie e 4 di permessi) in luogo delle sette festivita’ soppresse mentre per la settima festivita’ le parti davano atto di non avere raggiunto una intesa; la controversia circa la cd. settima festivita’ confermava la limitata rilevanza attribuita dalle parti sociali alla soppressione ope legis delle festivita’.

Con il successivo accordo del 14 novembre 1978 le parti, ribadite le ragioni della disciplina pattizia, limitavano la erogazione della cd. settima festivita’ al solo personale che fruiva annualmente di non piu’ di 74 giornate di riposo (o non-prestazione).

Era stato poi sottoscritto analogo accordo del 27.2.1979, con associazioni sindacali diverse.

Gli accordi, dunque, tenevano conto delle modalita’ differenziate del servizio prestato dal personale in ragione della distribuzione dell’orario di lavoro e delle giornate di riposo annue godute (o di non-prestazione).

Tali rilievi consentivano di escludere la ricorrenza, o’ a seguito della reintroduzione della festivita’ del 2 giugno, di una fattispecie di presupposizione, come dedotto dalla difesa della CTP; del resto alcune festivita’ religiose erano state ripristinate (festa dell’epifania e dei SS. Apostoli Pietro e Paolo) ed anche la festa del 2 giugno era stata reintrodotta una tantum nell’anno 1986 senza alcuna modifica del regime fissato dagli accordi.

Soltanto nelle note conclusive del primo grado la CTP aveva esposto di avere gia’ proceduto, con ordine di servizio del 3 gennaio 1986 nr. 2, a sopprimere un permesso retribuito, a fronte del ripristino della festivita’ della epifania. Tale allegazione di fatto era tuttavia tardiva e comunque non esprimeva la volonta’ della associazioni stipulanti ma, al limite, configurava una condotta del datore di lavoro di inosservanza degli accordi.

La questione era stata rimessa all’esame della ASSTRA – gia’ FEDERTRASPORTI – dopo una sfavorevole pronunzia della Corte di merito, cosi’ confermandosi la necessita’ dell’intervento sindacale.

Gli accordi interconfederali del 1978 prevedevano la proroga annuale tacita in mancanza di disdetta ed il testo contrattuale del 1979 non fissava scadenza; la disdetta non era mai stata formalizzata.

Non era stata allegata una ipotesi di recesso per impossibilita’ sopravvenuta od eccessiva onerosita’ ed, in ogni caso, la variazione intervenuta aveva una incidenza marginale rispetto al complessivo contenuto dell’accordo.

La condanna veniva emessa per la sola giornata di premesso non goduto dall’anno 2002, in ragione dell’atto interruttivo della prescrizione del 20.2.2007.

Per la Cassazione della sentenza ricorre la CTP Trasporti spa, articolando due motivi.

M.D. e’ rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., in relazione agli accordi interconfederali del 27 luglio e 14 novembre 1978 del comparto autoferrotranviario nonche’ grave vizio di motivazione.

La ricorrente rileva che per effetto della soppressione delle sette festivita’ infrasettimanali i lavoratori autoferrotramviari non avevano perduto giornate di riposo, come era accaduto per i lavoratori che effettuavano turni di lavoro ordinari, in quanto essi erano normalmente impegnati a prestare servizio anche nei giorni festivi.

Gli stessi avevano perso, tuttavia, la doppia retribuzione che ricevevano per la prestazione festiva sicche’ i lavoratori avevano subito un danno economico eguale a quello dei dipendenti degli altri settori e, simmetricamente, le aziende di trasporto avevano conseguito il medesimo risparmio.

Per questa ragione gli accordi del 27.7 e 14.11.1978, unici applicabili alle aziende pubbliche, prevedevano la attribuzione di due giornate di ferie e di ulteriori quattro giornate di permesso retribuito “a compensazione ed in luogo” delle festivita’ nazionali e religiose e delle solennita’ civili soppresse o comunque differite.

Il tenore letterale degli accordi era chiaro circa la attribuzione delle ferie e dei permessi allo scopo di compensare l’abolizione delle festivita’; il preambolo era del tutto generico ed inconferente rispetto alla sostanza dei patti.

Inoltre dalla soppressione delle festivita’ gia’ derivava un risparmio per la azienda, per cui non vi era una necessita’ di ridurre i costi.

La Corte territoriale errava, dunque, nell’attribuire dignita’ di patto alla premessa degli accordi, il cui contenuto dispositivo restava compendiato nell’art. 1, comma 1.

L’accordo del novembre 1978 aveva integrato il precedente, riservando il quinto permesso ai soli lavoratori che godessero di non piu’ di 74 giornate annue di riposo; tale accordo non rilevava nella controversia in quanto il M. aveva goduto dei sette riposi compensativi, non ponendosi, pertanto, alcun problema di ragguaglio tra la singola festivita’ ripristinata ed il numero delle giornate da revocare.

Dal tenore complessivo degli accordi emergeva che il principio compensativo da adottare era quello paritetico, con l’unica eccezione dei dipendenti che gia’ godevano di piu’ di 74 giorni di riposo settimanale.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – violazione e falsa applicazione degli artt. 1325 e 1418 c.c., nonche’ omessa motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza del difetto funzionale di causa.

La ricorrente espone di avere dedotto – tanto in primo grado che in appello – la esistenza del difetto funzionale di causa e, quindi, la parziale nullita’ sopravvenuta dell’accordo, in forza della testuale previsione della attribuzione delle giornate di congedo e di permesso “a compensazione ed in luogo” delle festivita’ soppresse.

Assume che la Corte territoriale aveva rinviato l’esame della eccezione alla verifica del contenuto degli accordi e si era poi soffermata, invece, soltanto sulla assenza della presupposizione – neppure dedotta – e non anche sul difetto funzionale di causa.

La nullita’ degli accordi derivante dal parziale difetto della causa poteva essere fatta valere anche in via stragiudiziale direttamente dalla parte interessata.

I motivi, che possono essere congiuntamente trattati per la loro connessione, sono infondati.

Le questioni in questa sede dedotte sono state gia’ superate dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis: Cass. 20206-20205-20204-2023-20202-20201-20125/2014; 18175/2014), con indirizzo cui in questa sede si intende dare continuita’.

Negli arresti richiamati si e’ rilevato, in fattispecie perfettamente sovrapponibili a quella in esame, come con il ricorso si chieda la dichiarazione di parziale inefficacia o parziale invalidita’ dell’accordo interconfederale, riducendo di una unita’ il numero dei permessi, e che l’inefficacia o l’invalidita’ parziale di un contratto sono istituti peculiari, con disciplina specifica, di difficile raccordo con le teoriche della presupposizione e della causa in concreto.

L’esito dell’operazione richiesta al giudice sarebbe in realta’ quello di una modifica del contenuto del contratto.

Tale modifica, ammesso che sia per questa via perseguibile, potrebbe operare solo in presenza di una precisa corrispondenza tra il rimodellamento del quadro legislativo e l’assetto del regolamento contrattuale; in sostanza perche’ sia ipotizzabile un meccanismo di riduzione dei permessi in ragione della reintroduzione delle festivita’ soppresse dovrebbe esservi perfetta simmetria tra i due fattori laddove nel caso in esame si e’ in presenza di un rapporto asimmetrico.

Rispetto alla soppressione o differimento alla domenica di sette festivita’, operato dalla legge del 1977, l’accordo collettivo del luglio 1978 previde sei giorni di ferie o permessi aggiuntivi, che divenivano sette, in forza del successivo accordo del novembre 1978, soltanto per alcuni lavoratori.

Mancava quindi una puntuale ed univoca corrispondenza tra soppressioni delle festivita’ ed incrementi di ferie e permessi.

La asimmetria si accentuava con il mutamento del quadro legislativo; nel 1986 veniva ripristinata la festivita’ dell’Epifania e nel 2000 quella del 2 giugno senza che le parti collettive che avevano sottoscritto gli accordi interconfederali abbiano ritenuto di operare una revisione dell’asseto concordato sulla base delle nuove emergenze legislative.

Un ulteriore elemento di confusione si rinviene nella lettura dell’accordo collettivo: da un lato, si afferma che i sei (o sette) giorni di ferie e permessi sono “a compensazione ed in luogo” delle festivita’ soppresse o differite, dall’altro, pero’, richiamate le finalita’ della legge che le aveva soppresse, le parti contrattuali dichiarano che, tenuto conto della peculiare natura dei servizi di trasporto per la necessita’ di assicurare la piu’ completa ed efficiente funzionalita’ del servizio anche nella giornate gia’ considerate festive “non trovano realizzazione nei confronti delle aziende del settore le finalita’ perseguite dalla legge anzidetta”.

La simmetria perfetta necessaria per ipotizzare l’applicabilita’ delle tesi sulla condizione non espressa manca quindi tanto sul piano numerico che nella espressione della volonta’ delle parti in ordine al rapporto tra le finalita’ legislative e quelle della loro pattuizione.

La revisione dell’accordo collettivo non puo’ essere operata per iniziativa unilaterale di un soggetto privato che non ne e’ parte; per il singolo lavoratore o datore di lavoro aderente alle organizzazioni stipulanti il contratto collettivo costituisce un “atto normativo” con efficacia vincolante ed unica via per sottrarsi a tale efficacia e’ quella del recesso dall’associazione.

Le parti collettive hanno invece omesso di aggiornare e ricalibrare la disciplina della materia, pur avendo rinnovato piu’ volte la contrattazione del settore negli anni successivi alle modifiche legislative.

In conclusione, non e’ possibile ritenere legittimo il comportamento di una delle parti del contratto individuale di lavoro, che, unilateralmente, ha deciso di disapplicare parzialmente (e quindi modificare) il contenuto dell’accordo collettivo nazionale a seguito di una delle modifiche legislative in materia di festivita’, che invece le parti collettive non hanno ritenuto idonee a determinare revisioni della disciplina dell’accordo nazionale da loro sottoscritto.

Il giudice del merito si e’ attenuto nella ricostruzione del quadro normativo e contrattuale ai principi sopra espressi onde non ricorre ne’ il vizio denunziato sotto il profilo della motivazione ne’ la violazione di norme del codice civile e degli accordi interconfederali.

Nulla per le spese, in quanto la parte intimata non ha svolto attivita’ difensiva.

PQM

Rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 12 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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