Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14573 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/07/2020, (ud. 14/02/2020, dep. 09/07/2020), n.14573

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13736-2013 proposto da:

YOUNG ROMA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 106, presso

Lo studio dell’avvocato FRANCESCO FALVO D’URSO, che lo rappresenta e

difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE UFFICIO CONTROLLI DI ROMA

2 in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 272/2012 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 07/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/02/2020 dal Consigliere Dott. NAPOLITANO LUCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO che ha chiesto

il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate notificò alla società Young Roma S.r.l., a seguito di verifica tributaria espletata presso la stessa, previa instaurazione del contraddittorio quale previsto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 110, comma 11, nella formulazione applicabile ratione temporis, avviso di accertamento ai fini IRES, IVA ed IRAP per l’anno 2004, col quale provvide al recupero a tassazione di costi eccedenti i limiti di deducibilità o comunque altrimenti non deducibili o non inerenti, di costi non di competenza per l’anno di riferimento, ovvero di costi relativi ad operazioni commerciali intrattenute con imprese operanti in Paesi a fiscalità privilegiata (c.d. Paesi black list), con conseguente recupero delle maggiori imposte dovute ed applicazioni di sanzioni ed interessi.

La società impugnò detto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Roma, che accolse parzialmente il ricorso, riconoscendo la deducibilità dei costi per Euro 248.265,25 relativi ad operazioni intercorse con soggetti residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, confermando nel resto i rilievi fiscali posti a base dell’atto impositivo.

Avverso la pronuncia di primo grado proposero appello tanto la società, in via principale, quanto l’Ufficio, in via incidentale, riguardo alle statuizioni che le avevano visti reciprocamente soccombenti. L’adita Commissione tributaria regionale (CTR) del Lazio respinse l’appello principale della società ed accolse invece l’appello incidentale dell’Ufficio, ritenendo, quanto ai costi relativi ad operazioni intercorse con soggetti residenti in Paesi a fiscalità privilegiata (nella fattispecie Hong Kong, secondo il D.M. 23 gennaio 2002, n. 19719 nella formulazione applicabile ratione temporis), che la società non avesse adempiuto l’onere della prova sulla stessa incombente, dimostrando che le operazioni intercorse tra la stessa e i soggetti ivi residenti rispondessero ad un effettivo interesse economico.

Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Parte ricorrente, pur nel riferirsi in rubrica al parametro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sviluppa poi la censura lamentando in sostanza un’anomalia motivazionale talmente grave da comportare la nullità della sentenza (pag. 6 del ricorso), affermando come nel caso in esame sia “del tutto evidente dalla semplice lettura della sintetica motivazione la presenza di argomentazioni incoerenti, tali da non permettere di comprendere le ragioni sostanziali della decisione della Commissione regionale” (pag. 5 del ricorso).

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in rubrica, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., “Violazione e falsa applicazione dell’art. 110 T.U.I.R., comma 2” (in realtà commi 10 ed 11, come correttamente esplicitato nel corso dell’illustrazione del motivo), rilevando come la sentenza impugnata non abbia considerato – affinchè la contribuente avesse legittimamente potuto dedurre i costi riferiti alle operazioni commerciali intrattenute con soggetti residenti – la duplice esimente, prevista in via alternativa dalla normativa in esame, per sottrarsi al regime d’indeducibilità stabilito in via di regola generale dalla norma, concernente o la rispondenza delle operazioni effettivamente realizzate ad un effettivo interesse economico dell’imprenditore, ovvero lo svolgimento prevalente da parte della società estera di una “attività commerciale effettiva”.

3. Il primo motivo, laddove ci si riferisca all’effettivo contenuto della censura come esplicitata nell’ambito della sua illustrazione, attinente ad un vizio di attività del giudice e dunque deducibile in relazione al parametro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, è infondato.

3.1. Diversamente da quanto esposto in ricorso, nella sua pur stringata esposizione, la decisione impugnata è idonea a rivelare la ratio decidendi, dando atto, quantunque sommariamente, di avere preso in considerazione le diverse ragioni poste a fondamento di ciascun disconoscimento di costi operato dall’Amministrazione e di come sulla legittimità di talune riprese a tassazione non vi fosse stata impugnazione da parte della contribuente e, nel resto, chiarendo i limiti della condivisione della decisione resa dalla CTP, anche con riferimento al contenuto motivazionale dell’avviso di accertamento.

3.2. In proposito questa Corte ha chiarito che “Nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (…) senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sè, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità nè dei contenuti nè delle modalità espositive” (cfr. Cass. SU 16 gennaio 2015, n. 642; Cass. sez. 6-2, ord. 7 novembre 2016, n. 22562).

3.3. D’altronde la riprova che le argomentazioni esposte siano comunque idonee a consentire il controllo sulla ratio decidendi sottesa alla decisione stessa è data dall’autonoma impugnazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto della sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto l’appello incidentale dell’Ufficio avverso la sentenza di primo grado.

3.4. Prima di passare all’esame del secondo motivo, giova altresì rilevare che, ove mai comunque la censura di carenza motivazionale debba ricondursi, secondo la rubrica, al parametro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, essa andrebbe ritenuta inammissibile per un duplice ordine di motivi.

3.4.1. Il primo attiene alla sua formulazione per “omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia”, laddove l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nella sua formulazione ratione temporis applicabile, quale introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, prevedeva il vizio di “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

3.4.2. Il secondo va colto comunque in relazione alla generica doglianza d’insufficienza motivazionale della sentenza impugnata in ordine alle prove che sarebbero state offerte dalla contribuente nel giudizio di merito a sostegno della dedotta legittimità della deduzione dei costi riferiti.

Si è chiarito, infatti, in proposito, che la prospettazione del vizio di motivazione per omessa valutazione di prove documentali non può prescindere, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, dal riportarne il contenuto (cfr., tra le molte, Cass. sez. 3, 25 agosto 2006, n. 18506; Cass. sez. 5, 21 maggio 2019, n. 13625) ovvero indicarne tempo e luogo della relativa produzione nel giudizio, al fine di consentire il vaglio di decisività riguardo al diverso esito del giudizio che ne sarebbe scaturito.

Il ricorso, in parte qua, non soddisfa il requisito di specificità dei motivi di cui all’art. 366 c.p.c..

3.5. Il primo motivo deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

4. Il secondo motivo, chiarito che, di là dal riferimento erroneo contenuto in rubrica, è effettivamente riferito all’art. 110 TUIR, commi 10 e 11 nella formulazione applicabile ratione temporis, (anno d’imposta 2004) è fondato.

Detti commi, per quanto in questa sede rileva, erano così formulati:

10. “Non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione Europea aventi regimi fiscali privilegiati. Si considerano privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni, ovvero di altri criteri equivalenti.

11. “Le disposizioni di cui al comma 10 non si applicano quando le imprese residenti in Italia forniscano la prova che le imprese estere svolgono prevalentemente un’attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione. L’Amministrazione, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove predette. Ove l’Amministrazione non ritenga idonee le prove addotte, dovrà darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento. La deduzione delle spese e degli altri componenti negativi di cui al comma 10 è comunque subordinata alla separata indicazione nella dichiarazione dei redditi dei relativi ammontari dedotti”.

4.1. Posto che nella fattispecie in esame si discuteva di operazioni intercorse con soggetti residenti ad Hong Kong (Paese allora compreso nella c.d. black list di cui al D.M. 23 gennaio 2002) la CTR avrebbe dovuto vagliare, al fine di escludere la deducibilità dei costi relativi alle operazioni intercorse tra contribuente, l’insussistenza di entrambe le esimenti previste dal succitato dell’art. 110 TUIR, comma 11, essendo esse previste dalla norma, nel testo allora applicabile, in via alternativa e non cumulativa.

4.2. Ne consegue che, quand’anche si ritenga che la CTR sia pervenuta ad escludere, attraverso un compiuto accertamento di fatto, che la contribuente abbia dato adeguata dimostrazione che le operazioni poste in essere dalla società stessa rispondessero ad un effettivo interesse economico, è rimasto del tutto inesplorato dalla decisione impugnata l’ulteriore profilo concernente lo svolgimento prevalente, da parte delle società estere, di attività commerciale effettiva, idoneo a giustificare la deducibilità dei costi afferenti alle operazioni commerciali con le stesse società svolte dalla contribuente nell’anno di riferimento.

5. Il ricorso della contribuente deve essere pertanto accolto in relazione al secondo motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, che, nel dare seguito all’ulteriore accertamento demandatole, provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso in relazione al secondo motivo, dichiarato inammissibile primo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 9 luglio 2020

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