Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14572 del 10/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14572 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 14323-2011 proposto da:
BONALI

BRUNO

BNLBRN27D26B869S,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BERENGARIO 10 – Scala B,
presso lo studio dell’avvocato CECCHETTI PAOLA,
rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO NENCHA,
giusta mandato alle liti in calce al ricorso;
– ricorrente contro

?O13

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001;
– intimata –

li478

avverso la sentenza n. 43/9/2010 della Commissione
Tributaria Regionale di BARI dell’8.3.2010, depositata
il 12/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Data pubblicazione: 10/06/2013

consiglio del 09/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott.
GIUSEPPE CARACCIOLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del

Dott. TOMMASO BASILE.

La Corte, ritenuto
che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la
seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva
La CTR di Bari ha accolto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la
sentenza della CTP di Bari n.121-15-2008 che aveva rigettato il ricorso di Bonali
Bruno- ed ha così confermato l’avviso di accertamento ai fini IRPEF per l’anno
2000, emesso per la rettifica del corrispettivo di vendita (dal dichiarato di £
55.000.000 all’accertato di £ 262.125.000) della quota indivisa di un terreno
edificabile sito in Bari, terreno trasferito con atto notarile del 4.8.2000.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che l’A.F. è legittimata a
procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza, sulla base
dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro
(alla luce della presunzione che ciascun operatore si comporta secondo la comune
prassi di mercato e non vende ad un prezzo inferiore a quello di comune commercio),
mentre è onere probatorio del contribuente superare —anche con il ricorso ad
elementi indiziari- la presunzione di corrispondenza tra prezzo e valore di mercato.
Essendosi il contribuente avvalso —in sede di impugnazione dell’avviso ai fini
dell’imposta di registro- della definizione finalizzata alla chiusura della lite fiscale
pendente circa il negozio di vendita, il cui valore è perciò rimasto cristallizzato a
seguito di ordinanza di estinzione del giudizio, ciò implicava una forma di
accettazione del maggior valore accertato, perciò legittimamente utilizzato nel
calcolo della plusvalenza tassabile. Quanto —poi- agli argomenti indiziari addotti dal
contribuente (circa la congruità del prezzo dichiarato, alla luce del fatto che
l’immobile era gravato da iscrizioni ipotecarie) la Commissione ha evidenziato che la

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letti gli atti depositati

garanzia ipotecaria priva il proprietario di qualsiasi discrezionalità nella
determinazione del prezzo di vendita, giacchè il ricavato è destinato in via prioritaria
al soddisfacimento dei creditori.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte intimata non si è difesa.

definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Invero, con il primo motivo (centrato sulla violazione del combinato disposto degli
art.67 e 68 del TUIR; dell’art.16 della lgge n.289/2002; 38 e 40 del DPR 600/1973, in
riferimento agli art.2697, 2727, 2729 cod civ e 116 cpc), la ricorrente si duole in
sostanza del fatto che il giudice del merito abbia ritenuto che la definizione della lite
relativa all’impugnazione dell’accertamento concernente la tassa di registro implichi
accettazione di detto valore (perciò utilizzabile anche ai fini della imposta sul reddito)
mentre la base imponibile dei due tributi è radicalmente diversa (sicché non è
possibile operare una automatica trasposizione). D’altronde, l’adesione al condono
avrebbe potuto essere apprezzata ai fini probatori solo se proveniente dal contribuente
contro cui la si invoca, mentre la definizione della lite ai fini dell’imposta di registro
era avvenuta a cura e spese non della parte venditrice ma di quella acquirente
(debitore principale dell’imposta di registro), come risultante dalla domanda di
definizione e dall’attestato di pagamento prodotti in atti della fase di merito sub
doc.3.
Il motivo di impugnazione è inammissibilmente formulato per inidonea
identificazione dell’archetipo del vizio valorizzato.
Ed infatti la parte ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia supposto
(come infatti è detto esplicitamente nella sentenza impugnata) che sia stato l’odierno
ricorrente ad aderire alla definizione della lite, mentre invece la documentazione
prodotta in atti (peraltro vagamente menzionata, in difformità dal canone
dell’autosufficienza del ricorso per cassazione) dimostrerebbe che ad aderire alla
definizione era stato l’altro coobligato-acquirente dell’immobile.

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Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere

Orbene, ai fini di denunciare l’esistenza (e la rilevanza) dell’asserito fraintendimento,
non vi è dubbio che la parte ricorrente avrebbe dovuto ricorrere alla categoria del
vizio di motivazione giacchè si tratta —per evidenza- di circostanze di fatto e di
valutazioni di puro merito che concernono il potere di ricostruzione della fattispecie
concreta —dalla legge di rito assegnato in via esclusiva al giudice del merito- il cui

della norma, almeno non nell’ottica prospettata dalla parte ricorrente.
Ed invero è principio tante volte enunciato da questa Corte che:” In tema di ricorso
per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea
ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata
da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo
della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie
concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della
norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è
possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine
tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea
ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della
legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta
– è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata
dalla contestata valutazione delle risultanze di causa” (per tutte, Cass. Sez. L,
Sentenza n. 16698 del 16/07/2010).
Ciò posto per ciò che attiene al nucleo logico centrale del motivo di impugnazione, ed
una volta appurato che non può prescindersi dalla ricostruzione della situazione di
fatto che è stata presa in considerazione dal giudice del merito, non resta che fare
applicazione anche alla specie di causa dell’indirizzo costantemente ripetuto da
questa Corte secondo cui:”In tema di accertamento delle imposte sui redditi,
l’amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva
all’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale relativa al valore di
avviamento, realizzata a seguito di cessione di azienda, sulla base dell’accertamento

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apprezzamento non può costituire oggetto di erronea interpretazione o applicazione

di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, ed è onere
probatorio del contribuente superare (anche con ricorso ad elementi indiziari) la
presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato
in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di avere
in concreto venduto ad un prezzo inferiore” (Cass.Sez. 5, Sentenza n. 21055 del

5070 del 02/03/2011).
Né conta che nella specie di causa si sia trattato di cessione di terreno e non di
azienda, non essendo diversi i principi da applicare e non apparendo ragione alcuna
per non applicare anche a siffatta ipotesi la presunzione derivante dall’ordinaria
(salvo prova contraria che ne dimostri la disomogeneità) coerenza dei valori di uno
stesso bene, accertati ai fini dell’applicazione di imposte diverse. E neppure può
avere speciale rilevanza la circostanza che il valore dell’atto negoziale ai fini
dell’imposta di registro sia stato definito con modalità agevolate atteso che anche a
questo proposito la Corte Suprema ha avuto modo di evidenziare che “La diversità
dei due tributi, escludendo la necessaria coincidenza dei predetti valori, comporta
peraltro che la riduzione eventualmente conseguente alla definizione in via agevolata
del valore di mercato inizialmente assunto come parametro per l’accertamento non
spiega alcuna incidenza ai fini della determinazione della plusvalenza, consistendo
quest’ultima nella differenza tra il valore di acquisto e quello di cessione del bene”.
(Sez. 5, Sentenza n. 4057 del 21/02/2007, Rv. 595953) .
Con il secondo motivo di impugnazione (centrato sul vizio di motivazione della
sentenza) la parte ricorrente si duole del capo della decisione con cui è stato ritenuto
irrilevante ai fini della soluzione della lite che il bene fosse gravato da iscrizioni
ipotecarie, giacchè il giudicante aveva confuso gli effetti della garanzia reale
ipotecaria con quelli del pignoramento esecutivo immobiliare, i primi dei quali non
impediscono al proprietario di determinare ed incassare il prezzo di vendita. Perciò
non si può comprendere come il giudicante abbia potuto svilire la rilevanza del fatto

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28/10/2005 IDEM: Sez. 5, Sentenza n. 19548 del 07/10/2005 Sez. 5, Sentenza n.

dell’esistenza di iscrizioni ipotecarie al fine di ritenere congruo il corrispettivo
dichiarato nell’atto di vendita.
Anche detto motivo di impugnazione appare inammissibilmente formulato,
risolvendosi in una sterile critica agli argomenti valorizzati dal giudice del merito ai
fini del rigetto dell’appello, senza che la parte ricorrente abbia dato conto della

motivazionale. Ed infatti, non è dato di comprendere —nella ricostruzione della
censura dianzi riassunta- in quali termini la parte ricorrente prospetti che l’esistenza
delle iscrizioni ipotecarie sarebbero idonee a far venire meno la presunzione di
corrispondenza tra il valore di mercato del bene compravenduto ed il corrispettivo di
vendita oggetto di accertamento, atteso che l’eventualità (a cui probabilmente la parte
ricorrente allude) che le parti contraenti abbiano decurtato dal controvalore oggettivo
dei beni immobili gli oneri necessari per la liberazione di questi ultimi dai pesi
ipotecari non apparirebbe in nessun caso idonea a giustificare l’attribuzione al solo
conguaglio della funzione di corrispettivo, il quale invece non può che consistere
nella complessiva somma dei due valori (numerano e commutativo) che
costituiscono l’effettivo esborso di cui l’acquirente si fa carico.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 30 dicembre 2012

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa il cui contenuto non
induce la Corte a rimeditare le ragioni poste a fondamento della proposta del relatore;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.

P.Q.M.
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decisività del fatto controverso in relazione al quale è denunciato il fatto

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite
di questo grado, liquidate in E 1.500,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma il 9 maggio 2013.

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