Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14571 del 12/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 12/06/2017, (ud. 07/03/2017, dep.12/06/2017),  n. 14571

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25420/2011 proposto da:

M.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA VERBANO 2 c/o FAMIGLIA SARLI – LOCCI, rappresentato e difeso

dall’avvocato ENZO GIUSEPPE MARIA SARLI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN, GIUSEPPINA GIANNICO,

ANTONELLA PATTERI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 207/2011 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 03/06/2011 R.G.N. 559/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2017 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MARIA SONIA VULCANO per delega Avvocato ENZO

GIUSEPPE MARIA SARLI;

udito l’Avvocato SERGIO PREDEN.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Potenza, in parziale accoglimento dell’appello dell’Inps, ha condannato l’Istituto al pagamento in favore di M.S., pensionato già dipendente dell’Inam transitato alla Regione Basilicata, della somma di Euro 17.585,84, quale riliquidazione, nei limiti della prescrizione quinquennale, della pensione goduta dal ricorrente, in relazione al periodo dal 17 luglio 2000 al 31/3/2005, con inclusione nel calcolo dell’indennità di funzione.

Con riferimento all’eccezione di avvenuto pagamento sollevata dall’Inps solo in appello, la Corte ha rilevato che non costituiva eccezione in senso stretto e che, pertanto, era utilmente opponibile in appello ed ammissibile l’espletamento di una CTU al fine di accertare la sussistenza del credito del M..

Circa l’eccezione di prescrizione, premesso che in applicazione dell’art. 2935 c.c., la prescrizione cominciava a decorrere dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto essere fatto valere, ha ritenuto che la pendenza di altro giudizio, relativo al ricalcolo dei ratei per il periodo precedente dal 30/12/1992 al 31/12/1996, non impediva il decorso della prescrizione con riferimento ai ratei relativi al periodo successivo, dal 1 gennaio 97 al 31 marzo 2005,oggetto del presente giudizio. Ha, quindi, rilevato che nel caso di specie dovevano ritenersi prescritti i ratei di pensione maturati nel periodo gennaio 97 – 17 luglio 2000 in quanto l’unica interruzione era costituita dalla deposito presso l’Inps di Potenza dell’istanza, a firma della parte e del legale, datata 18 luglio 2005 contenente la richiesta di ricalcolo per il periodo 1997/2005.

Quanto alla necessità, opposta dall’Inps, di procedere al riassorbimento tra l’indennità di funzione pretesa e la retribuzione di posizione in godimento la Corte ha rilevato che si trattava di deduzione nuova e come tale inammissibile.

Infine, circa l’eccezione sollevata dall’Inps secondo cui l’indennità di funzione non era pensionabile, la Corte ha rilevato sia che la precedente sentenza della Corte d’appello intercorsa tra le parti ne aveva affermato la pensionabilità, sia che la giurisprudenza della Suprema Corte era nello stesso senso.

Avverso la sentenza ricorre in cassazione il M. con tre motivi. Resiste l’Inps.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 2935, 2953 e 2937 c.c.. Censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto prescritti i ratei relativi al periodo dal gennaio 1997 al 17 luglio 2000.

Osserva che solo a seguito del giudizio conclusosi con la sentenza della Corte d’appello di Potenza n. 84 del 2004 aveva appreso di poter ottenere le differenze sui ratei di pensione, essendo stato statuito, in via definitiva, il diritto all’inclusione nella base retributiva pensionabile dell’indennità di funzione. Secondo il ricorrente l’Inps avrebbe dovuto provvedere a ricalcolare la pensione anche per il periodo fino al 2005, indipendentemente dalla richiesta del M..

Deduce, inoltre, che l’Inps aveva di fatto rinunciato alla prescrizione ai sensi dell’art. 2937 c.c., comma 3, eccependo che il pagamento, da esso effettuato, riguardava tutto il periodo fino al 2005.

Il motivo è infondato.

Circa la prescrizione, va rilevato che il precedente giudicato richiamato da controparte si riferisce ad un periodo diverso rispetto a quello oggetto del presente giudizio con la conseguenza che correttamente la sentenza impugnata afferma che,nella fattispecie, la prescrizione decorre, ai sensi dell’art. 2935 c.c., dalla data in cui il diritto poteva essere fatto valere rimanendo del tutto irrilevante il precedente giudicato.

Va, altresì, richiamato il principio affermato da questa Corte, al quale si è correttamente uniformata anche la sentenza qui impugnata (cfr da ultimo Cass. n. 21026/2014, n. 10828/2015), secondo cui “l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l’art. 2935 c.c., attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941, prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le quali, salvo l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, nè il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento”.

Quanto alla ipotizzata rinuncia dell’Inps a far valere la prescrizione trattasi di eccezione non menzionata nella sentenza. Il ricorrente, in violazione del principio di specificità delle censure, ha omesso di indicare in quale atto aveva sollevato la questione ed in quale momento processuale. In mancanza l’eccezione risulta inammissibile dovendosi ritenere sollevata solo nel presente giudizio.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 437 c.p.c.. Lamenta che l’Inps aveva formulato l’eccezione di pagamento solo in appello.

3. Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione per avere la Corte immotivatamente esaminato l’eccezione di pagamento, sebbene tardivamente proposta, senza neppure motivare sul perchè l’Inps non avesse proposto l’eccezione fin dal primo grado.

4. I due motivi, congiuntamente esaminati in quanto entrambi attinenti all’eccezione di avvenuto pagamento, sono infondati. E’ sufficiente rilevare che l’eccezione di pagamento è rilevabile d’ufficio poichè l’estinzione del debito, ove sia provata, va accertata dai giudice anche in assenza di richiesta da parte del debitore, sicchè la questione può essere sollevata per la prima volta anche in appello. (cfr. Cass. n. 9965/2016 (cfr. Cass. 16.3.2010, n. 6350).

5.Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato. Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2017

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