Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14569 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/07/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 09/07/2020), n.14569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27669-2015, proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

E.G., E.V., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA VAL PELLICE 51, presso lo studio dell’avvocato GIANGICOMO

BAUSONE, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3475/2015 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 14/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/01/2020 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO.

Fatto

PREMESSO

che:

1. in causa relativa alla legittimità del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in forza del quale tre immobili di proprietà di E.V. e E.G. e per cui questi ultimi avevano proposto, con procedura Docfa, l’accatastamento nella categoria D/8 con determinate rendite, erano stati accatastati in detta categoria con rendita superiore in forza di relazione di stima basata su atti di comparazione non allegati al provvedimento, la commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza n. 3475 del 14 aprile 2015, confermando la decisione impugnata, dichiarava il provvedimento illegittimo per difetto di motivazione;

2.11Agenzia ricorre per la cassazione di tale sentenza sostenendo contrasti con alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 e D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, convertito dalla L. 24 marzo 1993, n. 75 in relazione al D.M. n. 19 aprile 1994, n. 701;

3.i contribuenti, con controricorso, sollevano tre preliminari eccezioni di inammissibilità del ricorso e chiedono dichiararsene comunque l’infondatezza;

4. i contribuenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con la prima delle tre eccezioni preliminari viene sostenuto che il ricorso per cassazione è tardivo e quindi inammissibile perchè notificato dopo la scadenza del termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c. L’eccezione è infondata. L’art. 327, richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, stabilisce, nella formulazione come modificata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, applicabile, ai sensi della stessa L. n. 69 del 2009, art. 58, ai giudizi instaurati -come quello di specie- a decorrere dal 4 luglio 2009, che “Indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell’art. 395 non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”. Ai sensi della L. n. 742 del 1969, art. 1, se il decorso del termine processuale ha inizio durante il periodo di sospensione feriale, esso è differito alla fine di detto periodo. Secondo la disciplina introdotta dal D.L. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1, conv., con modif., dalla L. n. 162 del 2014, applicabile immediatamente con decorrenza dall’anno 2015 (come puntualizzato da Cass. 21674 del 19/09/2017), il periodo di sospensione feriale va dal 1 al 31 agosto. Tenuto conto della sospensione, il termine di cui all’art. 327 c.p.c. è venuto a scadere il 16 novembre 2015. Emerge dalla relata di notifica in calce al ricorso che la notifica è stata effettuata lo stesso 16 novembre;

2. con la seconda delle tre eccezioni preliminari viene sostenuto che il ricorso è inammissibile perchè redatto dall’Avvocatura dello Stato senza che la stessa avesse ricevuto apposito mandato difensivo dall’Agenzia delle Entrate. L’eccezione è infondata. Questa Corte ha già precisato che “in tema di rappresentanza e difesa in giudizio, le Agenzie fiscali, ai sensi del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 72, possono avvalersi, del R.D. n. 611 del 1993, ex art. 43, del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, che, in forza di tali disposizioni, si pone con esse in un rapporto di immedesimazione organica, ben diverso da quello determinato dalla procura “ad litem”, che trova fondamento nell’intuitus fiduciae” e nella personalità della prestazione. Ne consegue che gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede, senza bisogno di mandato, neppur quando, come nel caso del ricorso per cassazione, è richiesto il mandato speciale” (Cass. n. 13627 del 30/05/2018; Cass. n. 4950 del 28/03/2012);

3. con la terza delle tre eccezioni preliminari viene sostenuto che il ricorso è inammissibile perchè notificato “presso tale Architetto d.G.V. che non risulta affatto aver agito e/o agire come difensore e/o procuratore domiciliatario dei controricorrenti”. L’eccezione è infondata. Dalla documentazione in atti, a cui la Corte può accedere trattandosi di scrutinare una questione processuale rispetto alla quale la Corte è giudice del fatto, emerge che la notifica del ricorso è stata effettuata, per posta, anche presso la residenza dei contribuenti (v. distinta di raccomandata invio del ricorso, recante indicazione del nome e dell’indirizzo dei contribuenti e numero corrispondente a quello sulle “cartoline” di ricevimento sottoscritte). I contribuenti hanno proposto tempestivo controricorso, talchè il vizio di localizzazione della notifica perchè effettuata loro personalmente è da considerarsi sanato ex art. 156 c.p.c. per raggiungimento dello scopo (v., sul punto, Cass. ordinanza n. 24450 del 17/10/2017: “La notifica del ricorso per cassazione alla parte personalmente e non al suo procuratore non determina l’inesistenza, ma la nullità della notificazione, sanabile ex art. 291 c.p.c., comma 1,con la sua rinnovazione, oppure con l’intervenuta costituzione della parte destinataria, a mezzo del controricorso, secondo la regola generale dettata dall’art. 156 c.p.c., comma 2, applicabile anche al giudizio di legittimità);

4. il ricorso è fondato. La Corte ha statuito che “in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale abbia luogo a seguito della procedura disciplinata dal D.L. n. 16 del 1993, art. 2, conv. in L. n. 75 del 1993, e del D.M. 19 aprile 1994, n. 701 (cd. Procedura DOCFA) ed in base ad una stima diretta eseguita dall’Ufficio (come accade per gli immobili classificati nel gruppo catastale D), tale stima, che integra il presupposto ed il fondamento motivazionale dell’avviso di classamento (esprimendo un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, in relazione al quale la presenza e l’adeguatezza della motivazione rilevano ai fini non già della legittimità, ma dell’attendibilità concreta del cennato giudizio, e, in sede contenziosa, della verifica della bontà delle ragioni oggetto della pretesa), costituisce un atto conosciuto e comunque prontamente e facilmente conoscibile per il contribuente, in quanto posto in essere nell’ambito di un procedimento a struttura fortemente partecipativa, con la conseguenza che la sua mancata riproduzione o allegazione all’avviso di classamento non si traduce in un difetto di motivazione” (Cass. n. 17917 del 09/07/2018). La commissione tributaria regionale, annullando il provvedimento de quo sul presupposto che lo stesso, essendo fondato su una relazione di stima a sua volta fondata su altre relazioni di stima non allegate al provvedimento, fosse illegittimo per difetto di motivazione, ha deciso in modo divergente dalle superiori statuizioni della Corte;

5. il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con rigetto dell’originario ricorso dei contribuenti;

6. le spese del merito devono essere compensate in ragione dell’evolversi della vicenda processuale;

7. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso dei contribuenti;

“compensa le spese del merito;

condanna i controricorrenti a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.600, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 9 luglio 2020

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