Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14568 del 13/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 14568 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

SENTENZA

sul ricorso 9752-2010 proposto da:
FIORENZA

SALVATORE

C.F.

FRNSVT38M28L331Q,

già

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONE IV N. 38,
presso lo studio dell’avvocato CARMINE MEDICI, che lo
rappresenta e difende, giusta delega in atti e da
ultimo domiciliato presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE
2015

SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente –

1724
contro

MINISTERO

DELL’ECONOMIA

E

DELLE

FINANZE

C.F.

80415740580, in persona del Ministro pro tempore,

Data pubblicazione: 13/07/2015

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO presso i cui Uffici domicilia ope legis in ROMA,
alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 2816/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/04/2015 dal Consigliere Dott. ENRICA
D’ANTONIO;
udito l’Avvocato SILVESTRINI FRANCESCO per delega
MEDICI CARMINE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di ROMA, depositata il 06/04/2009 R.G.N. 250/2006;

R.G 9752/2010
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di rigetto
della domanda di Fiorenza Salvatore, già direttore regionale delle entrate per la
Toscana e dal 12/5/2000 immesso, a seguito della partecipazione a procedura
concorsuale, nelle funzioni di componente di commissione tributaria e collocato
fuori ruolo, volta all’accertamento del suo diritto all’incremento del trattamento
economico in godimento in guisa tale da raggiungere un trattamento complessivo

riferimento alla parte variabile della retribuzione di posizione connessa con
l’incarico in precedenza svolto ed alla indennità di risultato con condanna
dell’amministrazione al pagamento in suo favore delle differenze.
La Corte ha rilevato che ai sensi dell’art 24 dlgs n 165/2001 la retribuzione del
personale con qualifica di dirigente era determinata dal CCNL per le aree
dirigenziali prevedendo che il trattamento economico accessorio fosse correlato
alle funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità. Risultava , pertanto,
evidente secondo la Corte che solo la retribuzione fissa, stabilita in misura uguale
per tutti gli appartenenti alla stessa fascia / poteva ritenersi rientrare nel
trattamento economico fondamentale e quindi non soggetta a variazioni in quanto
attinente alla qualifica,mentre la parte variabile era correlata alla funzione e quindi
destinata a remunerare l’effettivo livello di responsabilità, l’impegno richiesto, la
rilevanza e collocazione istituzionale dell’ufficio e della funzione; tale parte
variabile non costituiva un compenso fisso e di ammontare determinato per tutta
la carriera.
La Corte d’appello ha affermato che 1′ indennità di posizione non poteva essere
compresa nel trattamento fisso e continuativo di cui all’art 3, comma 57, 1 n
537/1993,. come interpretato dall’aer 1 , co 226, 1 n 266 del 2005, con la
conseguenza che era irrilevante quanto affermato dal ricorrente circa l’efficacia di
tale compenso ai fini pensionabili o della buonuscita in quanto tale efficacia era
fondata sul carattere remunerativo ma non mutava la misura variabile del
/
compenso ai fini del suo mantenimento nel corso della carriera _
La Corte d’appello ha affermato, inoltre, l’irrilevanza del richiamo alle norme sul
comando trattandosi di ipotesi diversa a quella in esame in cui il dirigente aveva

non inferiore a quello percepito nella posizione di provenienza con particolare

scelto di svolgere una diversa funzione partecipando, di sua iniziativa, ad una
procedura concorsuale .
La Corte ha poi affermato il difetto di legittimazione passiva del Ministero in
relazione al periodo antecedente al 25/11/99 essendo legittimata l’Agenzia delle
Entrate.
Avverso la sentenza ricorre il Fiorenza con due motivi ulteriormente illustrati
con memoria ex art 378 cpc .Resiste il Ministero. Il Collegio ha autorizzato la
motivazione semplificata.

Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa
applicazione della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 226, nonché degli
artt. 13, 38, 39 e 40 del contratto collettivo del personale dirigente dell’area prima
per il quadriennio 1998 – 2001.
Formula il seguente quesito : se per effetto degli artt 13, comma 4, 38,39 e 40 ,
commi 1 e 2, del CCNL 98/01 nonche dell’ari 2, comma 2, del ceni 2000/2001 la
parte variabile della retribuzione di posizione abbia o meno carattere fisso e
continuativo ai fini della determinazione dell’assegno personale non riassorbibile
e non rivalutabile di cui all’ad 1 , comma 226, della L n 226/2005.
Sostiene il ricorrente che la parte variabile della retribuzione di posizione è
connessa all’incarico dirigenziale specificamente conferito al dirigente, così come
individuato sulla base della graduazione delle posizioni dirigenziali in relazione
alle responsabilità connesse all’incarico; che la parte variabile della retribuzione di
posizione costituisce pur sempre una componente della retribuzione avente
carattere fisso e continuativo e che entrambe le componenti della retribuzione di
posizione, quella fissa e quella variabile, concorrono nella base di calcolo del
trattamento di quiescenza, nonché dell’indennità di buonuscita o di fine servizio.
Il motivo è infondato.
Sia la giurisprudenza amministrativa (Cons, Stato, ad. plen., 11 dicembre 2006, n.
14) che quella di questa corte (Cass., sez. lav., 15 maggio 2007, n. 11084, Cass n
12498/2012) concordano nel distinguere tra trattamento fondamentale e
trattamento accessorio. In particolare Cons. Stato, ad. plen., 11 dicembre 2006, n.
14, citata dallo stesso ricorrente , ha affermato che il diritto del dirigente, cessato
dall’incarico di direttore generale di un Ministero e nominato consigliere della
Corte dei Conti, a conservare il più favorevole trattamento economico

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dell’incarico cessato non ricomprende anche la retribuzione di risultato e la parte
variabile della retribuzione di posizione, che quindi non possono essergli
riconosciute nella nuova posizione giuridica. Sicché può ritenersi che la
retribuzione di posizione, quanto alla parte variabile, è strettamente legata allo
specifico incarico dirigenziale.
È vero che la L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 3, comma 57, prevede che, nei
casi di passaggio di carriera di cui all’art. 202 del citato testo unico approvato con
D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, ed alle altre analoghe disposizioni, al personale con

posizione è attribuito un assegno personale pensionabile, non riassorbibile e non
rivalutabile, pari alla differenza fra lo stipendio o retribuzione pensionabile in
godimento all’atto del passaggio e quello spettante nella nuova posizione.
Tale disposizione, tuttavia, è stata oggetto di interpretazione autentica ad opera
della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 226, (legge finanziaria 2006) che
ha previsto che l’art. 3, comma 57, citato, si interpreta nel senso che alla
determinazione dell’assegno personale non riassorbibile e non rivalutabile
concorre il trattamento, fisso e continuativo, con esclusione della retribuzione di
risultato e di altre voci retributive comunque collegate al raggiungimento di
specifici risultati o obiettivi. Ciò che conferma che la retribuzione di posizione,
quanto alla parte variabile, è strettamente legata all’effettivo espletamento dello
specifico incarico dirigenziale.
Nè rileva in senso contrario la normativa contrattuale collettiva invocata dal
ricorrente (l’art. 37 del contratto collettivo del personale dirigente dell’area prima
per il quadriennio 1998 – 2001, che distingue tra retribuzione fissa e retribuzione
di posizione variabile; il successivo art. 40, comma 1, che stabilisce che i nuovi
trattamenti retributivi hanno effetto sul trattamento ordinario di previdenza, di
quiescenza, sull’indennità di buonuscita e di fine servizio, e in particolare, al
secondo comma, prevede che gli effetti del primo comma si applicano anche alla
retribuzione di posizione parte fissa e parte variabile; l’art. 13 che prevede che il
dirigente ha diritto, in caso di mutamento di mansioni, ad un incarico dirigenziale
equivalente) perché riguarda profili diversi: l’incidenza della retribuzione e degli
elementi che la compongono sugli istituti indiretti e il mutamento di posizione del
dirigente quanto ai presupposti di legittimità (di cui non si dubita nella specie).

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stipendio o retribuzione pensionabile superiore a quello spettante nella nuova

Si tratta quindi di profili che non incidono sulla questione controversa in causa,
per la quale occorre invece far riferimento direttamente alla disciplina di fonte
legale e segnatamente alla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 226, citata.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione artt 57,73 e 74
dlgs n 300/1999, dell’art 5 del dm 28 dicembre 2000, dell’art 20 del dpr n 107 del
2001 sulla legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate per il periodo
antecedente . Detto motivo , relativo alla legittimazione dell’Agenzia delle
Entrate, resta assorbito dal rigetto del primo motivo. .

processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del presente giudizio
liquidate in € 5.000,00 ,oltre spese prenotate a debito.
Roma 21/4/2015
L’estensore
‘Antonio

Il Preside e
Luigi M cioce

Il Funzionario Giudiziario
Dott.ssa Donatel

Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

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