Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14568 del 10/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14568 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 13524-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope
legis;
– ricorrente contro

?013
4474

BETTONI GIANLUIGI;
– intimato –

avverso la sentenza n. 63/64/2010 della Commissione
Tributaria Regionale di MILANO – Sezione Staccata di
BRESCIA del 16.3.2010, depositata il 29/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Data pubblicazione: 10/06/2013

consiglio del 09/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott.
GIUSEPPE CARACCIOLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del

Dott. TOMMASO BASILE.

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati

La CTR di Milano ha accolto parzialmente l’appello di Bettoni Gianluigi -appello
proposto contro la sentenza n.175/05/2006 della CTP di Bergamo che aveva
integralmente respinto il ricorso del contribuente- ed ha così confermato l’avviso di
accertamento concernente IRPEF per l’anno 1998, salvo disapplicare le sanzioni con
detto provvedimento inflitte in considerazione dell’esistenza di condizioni di
obiettiva incertezza sul tenore della normativa applicabile ed in considerazione della
violazione del principio di affidamento.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo, quanto al primo dei due aspetti
valorizzati, che sussistesse il presupposto che “la disciplina normativa della cui
applicazione si tratti si articoli in una pluralità di prescrizioni (nel caso in esame: dpr
131/86; dpr 917/86, imposte diverse, orientamento giurisprudenziale alternante) il cui
coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per l’equivocità del loro
contenuto, derivanti da elementi positivi di confusione”; quanto al secondo dei due
aspetti, invece, ritenendo che il ricorrente si è attenuto, in buona fede, …..alle
indicazioni dell’amministrazione nonché allo stato della giurisprudenza, richiamata,
ed ai principi ritenuti vigenti all’epoca della presentazione della dichiarazione”.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte contribuente non si è costituita.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di censura —rubricato come “contraddittorietà della
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione
all’art.360 comma 1 n.5 cpc”- la ricorrente si duole della sentenza di secondo grado

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Osserva

per essere stata questa redatta in modo tale che è impossibile determinare con
sufficiente precisione le ragioni di fatto e di diritto che giustificano le determinazioni
contenute nel dispositivo, vuoi con riferimento all’esistenza di una pluralità di
prescrizioni di difficoltoso coordinamento; vuoi con riferimento all’esistenza di
prescrizioni dell’amministrazione alle quali il contribuente si era in tesi attenuto; vuoi

all’epoca dei fatti.
Il motivo appare manifestamente fondato, alla luce della pregressa giurisprudenza di
questa Corte (per tutte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2067 del 25/02/1998) secondo la
quale:”È denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 comma primo n. 5
cod. proc. civ., il vizio di omessa motivazione della sentenza qualora la stessa si fondi
su motivazione omessa o “apparente”, qualora, cioè, il giudice di merito pretermetta
del tutto la indicazione degli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento,
ovvero li indichi senza, peraltro, compierne alcuna approfondita disamina logica e
giuridica”.
Nella specie di causa il giudicante (dopo avere richiamato la giurisprudenza di questa
Corte in relazione ai principi generali applicabili alla domanda di disapplicazione
delle sanzioni formulata a mente dell’art.8 del D.Lgs. 546/1992) si è indotto ad
accogliere l’appello proposto dalla parte contribuente sulla scorta di argomenti
stereotipi e privi di specifica concludenza (rispetto alla concreta fattispecie in esame),
senza che emerga quali siano le specifiche ragioni per le quali le censure sono state
ritenute fondate. Per quanto diffuse, le motivazioni del provvedimento risultano
perciò apodittiche ed insufficienti a consentire a questa Corte di assolvere al dovere
di controllo della coerenza logica del provvedimento giudiziale.
E ciò, anche in considerazione della manifesta contraddizione che si desume dalla
motivazione del provvedimento, in altra parte del quale si accenna a “consolidati
canoni ermeneutici”, il che contrasta con l’assunto dell’esistenza di obiettiva
condizione di incertezza sul tenore della normativa applicabile.

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in riferimento a quale fosse lo stato della giurisprudenza ed ai principi ritenuti vigenti

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza, con conseguente rinvio al giudice dell’appello, apparendo
necessario rinnovare l’esame delle questioni proposte con la censura d’appello che è
stata accolta con il capo della decisione qui impugnata.
Roma, 30 dicembre 2012

delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR
Lombardia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del
presente grado.
Così deciso in Roma il 9 maggio 2013.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati

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