Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14563 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 15/07/2016, (ud. 07/06/2016, dep. 15/07/2016), n.14563

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12851/2012 proposto da:

C.U., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

RANDACCIO 1, presso lo studio dell’avvocato MUSA LEONARDO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO CARMELO ORLANDINO;

– ricorrente –

contro

D.M.I., (OMISSIS), C.M. (OMISSIS),

C.G. (OMISSIS), C.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliate

in ROMA, VIA LUIGI RIZZO 41, presso lo studio dell’avvocato MARIA

ANTONIETTA TORTORA, rappresentate e difese dagli avvocati VITTORIANO

BRUNO, ANTONELLO BRUNO;

D.V.M. (OMISSIS), C.E.A. (OMISSIS),

C.V.I. (OMISSIS), nella qualita’ di eredi di

C.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUIGI RIZZO 41,

presso lo studio dell’avvocato MARIA ANTONIETTA TORTORA,

rappresentati e difesi dagli avvocati VITTORIANO BRUNO, ANTONELLO

BRUNO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza non definitiva n. 581/2009 della CORTE D’APPELLO

di LECCE, depositata il 02/11/2009 e la sentenza definitiva n.

287/2011 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 31/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/06/2016 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato FRANCESCO CARMELO ORLANDINO, difensore del

ricorrente, che ha chiesto di riportarsi al ricorso ed alla memoria

ex art. 378 c.p.c.;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 16.2.2000 D.M.I. e C.M., G. e C. convenivano davanti al Tribunale di Brindisi, sezione di Ostuni, C.V. e U. per la divisione in parti uguali dei beni immobili relitti da C.E., marito della prima e genitore degli altri, secondo quanto previsto nella scrittura 10.2.1995.

Esponevano che il de cuius aveva disposto con testamento di tutto il suo patrimonio in favore dei figli e che, essendo sorta contestazione sulla valutazione degli immobili, con scrittura 10.2.1995 si era dato incarico ad un collegio di ripartire il patrimonio in parti uguali tra i figli.

C.V. aderiva alla domanda mentre U. ne contestava il fondamento svolgendo riconvenzionale nei confronti della madre per il riconoscimento dei suoi diritti su titoli di stato del de cuius depositati presso il Credito italiano a garanzia di debiti della moglie.

Il Tribunale rigettava le domande di Umberto e disponeva la divisione mentre la Corte di appello con sentenza non definitiva rigettava i motivi 1 e 2 e sanciva che i titoli erano stati incamerati dal Credito Italiano a garanzia del credito e con sentenza definitiva 31 marzo 2011 rigettava nel resto l’appello statuendo che beni si valutano all’apertura della successione ed il diritto di abitazione non si estingue con il mancato esercizio ma con esplicita rinunzia.

Ricorre C.U. con cinque motivi, illustrati da memoria, resistono la D.M., C.M., G. e C..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si deduce violazione dell’art. 587 c.c., art. 457 c.c., comma 2 e art. 475 c.c., comma 2, perche’ come dedotto in appello la domanda degli appellati si fondava su una c.d. perizia arbitrale con assegnazione dei beni con eventuale addebito in denaro per le eccedenze mentre il convenuto aveva chiesto la divisione in parti uguali.

Era affetta da nullita’ la dichiarazione dei germani M., G., V. e C. che accettavano l’eredita’ ma non il testamento mentre nella scrittura solo C.U. aveva accettato il testamento.

Col secondo motivo si denunziano vizi di motivazione sulla nullita’ dell’intera attivita’ arbitrale per la mancata convocazione preventiva e la comunicazione dei criteri e metodi dell’indagine.

Col terzo motivo si lamentano violazione dell’art. 587 c.c. e vizi di motivazione sull’esclusione dei titoli dall’asse ereditario.

Col quarto motivo si denunziano error in procedendo, vizi di motivazione e violazione degli artt. 1021, 1022 e 1023 c.c., sul diritto di abitazione.

Col quinto motivo si lamenta violazione dell’art. 789 c.c., in ordine al mancato deposito in cancelleria del progetto di divisione del ctu.

Cio’ premesso si osserva:

Come dedotto, la Corte di appello con sentenza non definitiva ha rigettato i motivi 1 e 2 e sancito che i titoli erano stati incamerati dal Credito Italiano a garanzia del credito e con sentenza definitiva 31 marzo 2011 ha rigettato nel resto l’appello statuendo che beni si valutano all’apertura della successione ed il diritto di abitazione non si estingue con il mancato esercizio ma con esplicita rinunzia.

La prima censura non chiarisce quale statuizione impugna, non dimostra l’interesse alla sua proposizione e la diversita’ delle rispettive domande e non considera che e’ legittimo convenire per iscritto la ripartizione in parti uguali (Cass. 18.10.1988 n. 5666) e l’unicita’ dell’accettazione (Cass. 8.1.2013 n. 264, Cass. 22.9.2000 n. 12575). La seconda e’ infondata e non dimostra la tempestivita’ della doglianza e l’errore del relativo risultato.

La terza si traduce in una pluralita’ di doglianze in contrasto con la necessaria specificita’ dell’impugnazione e contrappone una propria tesi manifestando mero dissenso rispetto alla statuizione che ha sancito che i titoli erano stati incamerati dalla Banca e non facevano parte dell’asse ereditario.

La quarta censura e’ generica ed assertiva.

Per la quinta valgono le stesse deduzioni svolte per la seconda con la ulteriore considerazione che la sentenza, a pagina otto, ha sancito la tardivita’ della deduzione mentre in modo inconferente si richiama Cass. 25.10.2010 n. 21829 che riguarda altra fattispecie.

Tutte le censure si traducono nella mera ed apodittica contrapposizione d’una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata con argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non e’ consentito in sede di legittimita’ (e pluribus Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579, 16.3.04 n. 5359, 19.1.04 n. 753).

In definitiva il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 3200 di cui Euro 3000 per compensi, oltre accessori.

Cosi’ deciso in Roma, il 7 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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