Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14561 del 10/06/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14561 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

sentenza con motivazione Selliplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

CAROLI Maria (CRL MRA 30D61 B982X), quale erede di Bedeschi
Giancarlo, rappresentata e difesa, per procura speciale in
calce al ricorso, dall’Avvocato Gabriele De Paola, presso lo
studio del quale in Roma, via Giulia da Colloredo n. 46/48, è
elettivamente domiciliata;

ricorrente

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato

avverso il decreto della Corte d’appello di Ancona, emesso in
udienza il 7 dicembre 2011.

Data pubblicazione: 10/06/2013

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20 febbraio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Stefano
Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Gene-

del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato nel 2011 presso la Corte d’appello
di Ancona, Carlo Maria, quale erede di Bedeschi Giancarlo, ha
proposto, ai sensi della legge n. 89 del 2001, domanda di equa
riparazione del danno non patrimoniale sofferto a causa della
non ragionevole durata di un giudizio iniziato dal suo dante
causa dinnanzi al TAR Emilia-Romagna con ricorso depositato il
18 ottobre 1995, e conclusosi con sentenza depositata in data
29 gennaio 2010.
L’adita Corte d’appello ha dichiarato il ricorso improcedibile sul rilievo che la ricorrente non aveva notificato il ricorso e il decreto presidenziale di fissazione dell’udienza.
Per la cassazione di questo decreto Caroli Maria, nella
qualità, ha proposto ricorso, sulla base di un motivo;
l’intimata Amministrazione non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza.

rale Dott. Pierfelice Pratis, che ha chiesto l’accoglimento

Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 3 della legge n. 89 del 2001, dolendosi del
fatto che la Corte d’appello, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, abbia dichiarato improcedibile il ri-

corso e del decreto di fissazione dell’udienza, del quale assumono di non avere mai avuto comunicazione. In proposito,
ricorrenti sostengono che ai fini della instaurazione del giudizio di equa riparazione si deve avere riguardo esclusivamente al deposito del ricorso e non anche alla notificazione dello stesso, atteso che è il deposito che determina la tempestività della domanda, mentre la mancata notificazione costituisce un mero inadempimento, insuscettibile di dare luogo alla
improcedibilità del ricorso.
Il ricorso è fondato, in forza del principio per cui a norma dell’art. 3, comma 2, della legge n. 89 del 2001, la domanda di equa riparazione si presenta con ricorso depositato nella cancelleria della corte, la quale provvede ai sensi dell’art. 737 cod. proc. civ. e segg. (art. 3, comma 4). Pertanto
nel giudizio per equa riparazione la proposizione del giudizio
stesso si perfeziona con il deposito del ricorso nei termini
previsti dall’art. 4 della menzionata legge n. 89 del 2001,
mentre la notifica del ricorso e del decreto di fissazione
della camera di consiglio nel termine indicato dal citato art.
3, comma 4, della legge n. 89 del 2001, costituiscono momento

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corso per il mero rilievo della mancata notificazione del ri-

esterno e successivo alla fattispecie processuale introduttiva
del giudizio, diretto soltanto alla instaurazione del contraddittorio, con la conseguenza che l’inosservanza di detto termine non da luogo a improcedibilità del ricorso, ma richiede,

di una nuova camera di consiglio da parte del giudice e la
rinnovazione della notifica entro un nuovo termine (Cass. n.
4018 del 2012).
Invero, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte non è perentorio e, pertanto, è ammessa la concessione di un nuovo termine,
posto che la legge 29 marzo 2001, n. 89, all’art. 3, si limita
a prevedere il termine dilatorio di comparizione di quindici
giorni per consentire la difesa all’Amministrazione, e ricollega, all’art. 4, la sanzione dell’improponibilità della domanda soltanto al deposito del ricorso oltre il termine di sei
mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che ha concluso
il procedimento presupposto. A tale conclusione non è di ostacolo il principio costituzionale di ragionevole durata del
processo, atteso che il diritto di accesso ai tribunali, previsto dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, con disposizione cui il giudice italiano deve dare applicazione a
norma dell’art. 117 Cost., implica l’esigenza di evitare che
un’interpretazione troppo formalistica delle regole di proce-

in mancanza di costituzione della controparte, la fissazione

dura dettate dalla disciplina nazionale impedisca l’esame nel
merito dei ricorsi (Cass. n. 7020 del 2012).
Nella specie, la Corte d’appello si è limitata a rilevare
la mancata notificazione del ricorso e del pedissequo decreto

sivo del procedimento, preclusivo della possibilità per la
parte di chiedere la fissazione di una nuova udienza.
Il ricorso va quindi accolto, con cassazione del decreto
impugnato e con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di
Ancona,

in diversa composizione, non ravvisandosi le condizio-

ni per procedere in questa sede alla decisione della causa nel
merito.
Al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato,

e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla
Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta
Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 20
febbraio 2013.

di fissazione dell’udienza, adottando un provvedimento conclu-

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