Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14560 del 04/07/2011

Cassazione civile sez. II, 04/07/2011, (ud. 11/03/2011, dep. 04/07/2011), n.14560

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7317/2009 proposto da:

PREFETTURA – UTG di BRINDISI in persona del Prefetto pro tempore,

elettivamente domiciliatao in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

I.N.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1212/2008 del TRIBUNALE di LECCE, depositata

il 09/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che nulla osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1) E’ stata depositata e comunicata la relazione preliminare ex art. 380 bis c.p.c., che si riporta di seguito.

“Con sentenza 24 gennaio 2007 il giudice di pace di San Vito dei Normanni decideva una controversia in tema di sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, sorta su ricorso di I. N. nei confronti della Prefettura di Brindisi.

L’appello dell’Amministrazione veniva proposto con ricorso depositato il 10 marzo 2008 davanti al tribunale di Lecce, che dichiarava inammissibile l’impugnazione.

Il giudice leccese rilevava che l’appello era stato proposto con ricorso e non con rituale atto di citazione, in violazione delle disposizioni sulla tassatività dei mezzi e delle forme di impugnazione delle sentenze e della disciplina ordinaria, applicabile in grado di appello riferimento alle controversie di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 23.

L’Ufficio territoriale del governo di Brindisi, difeso dall’avvocatura dello Stato, ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a due motivi.

I. è rimasto intimato.

2) Il ricorso non merita accoglimento, sebbene la motivazione della sentenza debba essere corretta.

Il primo motivo sostiene che il rito applicabile ai giudizi di appello in materia di sanzioni amministrative sarebbe quello previsto dalla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23.

Questa tesi è stata di recente smentita dalle Sezioni Unite del Supremo Collegio con tre ordinanze nn. 23285, 23286 del 18 novembre e n. 23594 del 22 novembre 2010.

3) Il secondo motivo sostiene che il giudice di appello investito della controversia con ricorso, anzichè con citazione, avrebbe dovuto comunque convertire il rito con apposita ordinanza e non dichiarare inammissibile il gravame.

La questione è malposta.

Qualora un procedimento sia introdotto erroneamente con ricorso, anzichè con citazione, il meccanismo di conservazione degli atti mediante raggiungimento dello scopo avviene in modo progressivo.

Il giudice deve infatti comunque fissare con decreto udienza di comparizione delle parti assegnando termine al ricorrente per la notifica.

Ove detta notifica avvenga nel termine eventualmente fissato a pena di decadenza per la proposizione dell’atto e in esso siano presenti i requisiti indispensabili, si ha il raggiungimento dello scopo.

Un fenomeno siffatto si osserva nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo o di opposizione agli atti esecutivi da proporre con citazione e invece avviati con ricorso (Cass. 23813/07; Cass. 1921/05; 3728/96). Condizione indispensabile per il raggiungimento dello scopo è però che la notifica avvenga nel termine eventualmente fissato dalle norme applicabili, regola generale che regge anche le ipotesi di conversione delle impugnazioni (tra queste si considerino la conversione in appello del reclamo proposto dinanzi alla corte di appello avverso il decreto del tribunale di non approvazione del conto dell’amministratore giudiziario (Cass. 17939/09); la conversione in appello incidentale dell’ appello principale tardivo proposto in presenza di impugnazione tempestiva (Cass. 19340/07); la conversione in istanza di regolamento di competenza del ricorso ordinario per cassazione proposto nel rispetto del termine prescritto dall’art. 47 cod. proc. civ., comma 2 (Cass. 5391/09); la conversione in denuncia di conflitto di giurisdizione (SU 7 luglio 2010 n. 16040) del ricorso per cassazione proposto nelle forme dell’impugnazione ordinaria avverso sentenza di primo grado, inammissibile quale ricorso ordinario, nonchè quale istanza di regolamento preventivo).

Nella specie il meccanismo di raggiungimento dello scopo non poteva comunque operare, atteso che il ricorso venne depositato nell’ultimo giorno utile del termine utile per proporre impugnazione ordinaria (24 gennaio 2007 – 10 marzo 2008); pertanto ove anche il giudice all’udienza avesse emesso un decreto di comparizione e ne avesse disposto la notifica, il ricorso unitamente al decreto sarebbe giunto all’appellato oltre il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., entro il quale avrebbe dovuto essere effettuata la notifica per conseguire valido effetto impugnatorio.

L’appello proposto dalla Prefettura Brindisi era pertanto da dichiarare inammissibile, ancorchè in forza di motivazione diversa da quella adottata dal tribunale di Lecce.

Fissata l’adunanza camerale, parte ricorrente non ha depositato memoria.

Il Collegio, che condivide pienamente i rilievi soprariportati circa la manifesta infondatezza del ricorso, rileva tuttavia la sussistenza di un motivo di inammissibilità.

Con il ricorso non è stata prodotta prova dell’avvenuta notifica dell’atto all’intimato.

Con successivo deposito l’avvocatura erariale ha fatto pervenire “n. 1 avviso di ricevimento” (cfr. nota di deposito, datata 18 maggio 2009, dell’avv. Patierno, ricevuta il giorno dopo, come da timbro e firma del funzionario ricevente). In realtà l’atto depositato è denominato “avviso di ricevimento della comunicazione di avvenuto deposito” ed è costituito dalla attestazione dell’agente postale di aver “immesso in cassetta” l’avviso di avvenuto deposito.

Non è stata però prodotta prova del ricevimento della notificazione, ne della compiuta giacenza del plico presso l’ufficio postale.

Va pertanto applicato l’insegnamento di Sez. Un. N. 627/08: La produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 cod. proc. civ., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario da1 notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 cod. proc. civ., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 cod. proc. civ., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal primo comma della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in Camera di consiglio di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., comma 2. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ.; tuttavia, il difensore del ricorrente presente in udienza o all’adunanza della corte in camera di consiglio può domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell’art. 184 bis cod. proc. civ., per il deposito dell’avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto dalla L. n. 890 del 1982, art. 6, comma 1.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2011

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