Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1456 del 25/01/2021

Cassazione civile sez. I, 25/01/2021, (ud. 24/09/2020, dep. 25/01/2021), n.1456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28425/2016 proposto da:

Studio Associato C. & Co. – Dottori Commercialisti

Associati, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Banco di S. Spirito n. 48,

presso lo studio dell’Avvocato Augusto D’Ottavi, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Renato Cola, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in liquidazione, in persona dei curatori

Dott. F.M., e P.M., elettivamente

domiciliato in Roma, Via Oslavia n. 14, presso lo studio

dell’Avvocato Marco Barbera, che lo rappresenta e difende,

unitamente all’Avvocato Silvio Marozzi, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Ascoli Piceno del 4/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/9/2020 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Lo studio associato C. & Co. Dottori Commercialisti associati domandava l’ammissione al passivo del fallimento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione del credito vantato per l’attività di revisione legale dei conti svolta, da parte del Dott. C.G., a seguito della Delib. Assembleare assunta il 9 marzo 2005 e fino al 31 dicembre 2006.

Il Giudice delegato ammetteva al passivo della procedura il credito vantato dall’istante per Euro 55.225,14 con collocazione privilegiata ex art. 2751-bis c.c., n. 2 e per Euro 25.624,56 in chirografo, escludendo sia la richiesta di collocazione in prededuzione dell’intero credito, sia l’ammissione degli importi vantati per l’attività svolta dall’assunzione dell’incarico all’avvio della procedura concordataria.

2. A seguito dell’opposizione presentata dallo studio associato C. & Co. Dottori Commercialisti associati il Tribunale di Ascoli Piceno, pur ammettendo al passivo anche il credito vantato per l’attività professionale prestata prima dell’avvio della procedura concordataria, negava che lo stesso, al pari della porzione di credito già ammessa, relativa al periodo successivo all’ammissione della procedura, avesse natura prededucibile, poichè non ricorrevano i presupposti di utilità per la massa o funzionalità alla procedura necessari prima dell’entrata in vigore dell’attuale disposto della L. Fall., art. 111, comma 2.

In ogni caso, a giudizio del collegio dell’opposizione, non risultavano soddisfatti i requisiti di occasionalità e funzionalità del credito richiesti dalla più recente disciplina nè rispetto alla porzione di credito vantata per il periodo antecedente al deposito della domanda di ammissione al concordato preventivo, nè per la parte relativa al periodo successivo. La prima infatti non poteva “essere considerata sorta in occasione o in funzione della procedura concorsuale, nè l’opponente” aveva allegato “alcun specifico elemento a sostegno”, mentre riguardo alla seconda l’opponente “nulla aveva provato in relazione a specifici elementi di utilità della prestazione resa per la massa dei creditori”.

Non assumeva poi alcun rilievo il carattere obbligatorio dell’attività di revisione, perchè “il relativo obbligo, gravante sulla società e non sulla procedura, avrebbe dovuto essere assolto anche laddove l’imprenditore non avesse inteso attivare la procedura concorsuale”.

Il Tribunale escludeva infine che l’ulteriore credito ammesso al passivo potesse avere collocazione privilegiata, nel senso eccepito dal curatore, in mancanza dell’allegazione e della compiuta dimostrazione dei presupposti necessari per il riconoscimento del privilegio previsto dall’art. 2751-bis c.c., n. 2, in favore di un’associazione professionale.

3. Per la cassazione di tale decreto, depositato in data 4 novembre 2016, ha proposto ricorso lo studio associato C. & Co. Dottori Commercialisti prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione.

La procedura controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 111 e 184, nella parte in cui il decreto impugnato ha escluso la prededucibilità del credito relativo all’attività professionale svolta successivamente all’ammissione della società alla procedura di concordato: in tesi di parte ricorrente le obbligazioni contratte dalla società prima dell’avvio della procedura e maturate tempo per tempo con l’adempimento dell’incarico dovevano essere ammesse in prededuzione, per la porzione venuta ad esistenza nel corso della procedura, poichè il requisito dell’utilità per i creditori discendeva dall’obbligo di legge per la compagine, che all’epoca aveva natura di società per azioni, di avvalersi di un revisore contabile ex artt. 2409-bis c.c. e segg..

5. Il motivo non può essere ritenuto fondato, benchè la motivazione offerta dal decreto impugnato, che correttamente ha escluso l’ammissione in prededuzione del credito concernente l’attività di revisione svolta nel corso della procedura concordataria, debba essere corretta in diritto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4.

5.1 Il collegio dell’opposizione ha registrato che la procedura concordataria aveva preso avvio, con l’emissione del decreto del Tribunale che l’aveva dichiarata aperta, in data 10 gennaio 2006 a seguito della presentazione della relativa domanda il 27 dicembre 2005. La procedura concordataria rimaneva perciò regolata nel suo insieme, in applicazione del generale criterio procedimentale del tempus regit actum, dalla disciplina vigente al momento del suo avvio, a prescindere dall’epoca di maturazione dei singoli crediti vantati.

Ai crediti prededucibili trovava di conseguenza applicazione la disciplina prevista dalla L. Fall., art. 111, nel testo all’epoca vigente (il cui comma 1 stabiliva che “le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono erogate nel seguente ordine: 1) per il pagamento delle spese anticipate dall’erario, e dei debiti contratti per l’amministrazione del fallimento e per la continuazione dell’esercizio dell’impresa, se questo è autorizzato”), di modo che la prededuzione, ammissibile anche nel concordato preventivo, doveva corrispondere ai debiti della massa, contratti cioè per le spese e dunque a causa dello svolgimento e della gestione della procedura, nell’interesse dei creditori (Cass. 16426/2007).

Per questa ragione i crediti nascenti da obbligazioni contratte nel corso della procedura di concordato preventivo, in caso di successivo fallimento, non potevano essere soddisfatti in prededuzione, stante la funzione meramente liquidatoria del concordato, rispetto alla quale era estranea (in quanto meramente eventuale) la continuazione dell’esercizio dell’impresa da parte del debitore (così Cass. 6352/1997 e Cass. 3581/2011 citate dallo stesso Tribunale).

5.2 Ciò posto, l’odierno ricorrente assume di condividere pienamente l’affermazione del Tribunale secondo cui il revisore legale dei conti sarebbe stata figura necessaria “anche ove l’imprenditore non avesse inteso attivare la procedura concorsuale”.

E’ pacifico quindi che il credito vantato dallo studio associato istante corrispondesse a un debito contratto non dagli organi della procedura per la gestione della stessa e nell’interesse dei creditori, ma dallo stesso imprenditore per l’ordinaria gestione della sua struttura societaria.

Ne discende l’impossibilità di ammettere un simile credito in prededuzione, dato che lo stesso non è riconducibile ai criteri legali previsti dalla disciplina applicabile alla fattispecie in esame per il riconoscimento della prededuzione.

6. Il secondo mezzo, sotto la rubrica “nullità delle regole del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione alla L. Fall., artt. 98 e 99, per la parte in cui si è ammesso con rango chirografario il credito ammesso con rango privilegiato in sede di approvazione dello stato passivo, in assenza di opposizione da parte della curatela”, lamenta che il Tribunale abbia illegittimamente escluso il riconoscimento del privilegio di cui all’art. 2751-bis c.c., n. 2, pur in mancanza di una formale impugnazione dello stato passivo da parte del curatore, a prescindere dal fatto che questa statuizione debba intendersi come riferita al solo ulteriore credito ammesso al passivo in sede di opposizione o all’intero credito vantato dall’associazione professionale. Il carattere unitario dell’attività professionale prestata, sia essa stata svolta prima o dopo l’avvio della procedura concordataria, faceva sì che la collocazione in sede privilegiata del credito dovesse ritenersi coperta dal giudicato, indipendentemente dalla sua quantificazione.

7. Il motivo è fondato.

La giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di precisare che nel giudizio di verificazione dello stato passivo è pienamente efficace la regola del giudicato endofallimentare L. Fall., ex art. 96, sicchè, ove il creditore, ammesso al passivo in collocazione chirografaria, abbia opposto il decreto di esecutività per il mancato riconoscimento del privilegio richiesto senza che, nel conseguente giudizio di opposizione, il curatore si sia costituito ed abbia contestato l’ammissibilità stessa del credito, il giudice dell’opposizione non può, ex officio, prendere nuovamente in considerazione la questione relativa all’ammissione del credito ed escluderlo dallo stato passivo in base ad una rivalutazione dei fatti già oggetto di quel provvedimento, essendo l’ammissione coperta dal predetto giudicato (Cass. 6524/2017, Cass. 6524/2017, Cass. 25640/2017, Cass. 19960/2015).

Pertanto, ove il giudice delegato in sede di verifica abbia ammesso – sia pure in parziale accoglimento della domanda di insinuazione presentata – taluni crediti vantati dal ricorrente in sede privilegiata, è onere del curatore, ove intenda contestare questo accertamento sotto il profilo dell’ammissione e/o della collocazione, impugnare lo stato passivo nei termini di rito, al fine di impedire che sul punto si formi il giudicato endofallimentare.

Nel caso di specie, tralasciata ogni distinzione del credito vantato fatta al fine di rivendicare la collocazione in prededuzione, il credito preteso dall’associazione professionale istante riguardava – stando all’accertamento del giudice di merito – un incarico unitario (conferito con un’unica Delib. assembleare) svolto in maniera continuativa dall’associazione professionale.

Pertanto, malgrado il provvedimento si riferisca espressamente, nel negare il privilegio richiesto, “al credito portato dalla prefattura del 23.12.2005″e non al credito già ammesso in sede di verifica dal giudice delegato, non è possibile ipotizzare che la questione presa in esame in sede di opposizione riguardasse un credito ontologicamente differente, da accertarsi in via autonoma, piuttosto che la quantificazione del medesimo credito professionale secondo un parametro cronologico differente.

L’ammissione in privilegio di parte di questo credito ad opera del giudice delegato è giocoforza conseguita all’implicito accertamento della sussistenza dei presupposti del privilegio con riferimento all’unico titolo del credito, per quanto quest’ultimo fosse stato ammesso solo in parte. Di conseguenza l’amplificazione della misura del credito da ammettere al passivo fatta dal Tribunale non poteva vedere esclusa la collocazione privilegiata già riconosciuta, perchè il contenuto delle difese della procedura non era comunque idoneo a porre in discussione gli accertamenti compiuti dal giudice delegato e non criticati dal curatore con un’apposita impugnazione.

Va dunque data continuità al principio già affermato da questa Corte secondo cui in tema di verificazione dello stato passivo, ove il credito dell’istante sia stato ammesso al concorso solo parzialmente, in termini quantitativi e/o qualitativi, il curatore che intenda contestare il relativo accertamento del giudice delegato deve impugnare lo stato passivo nel termine di rito, non essendo sufficiente la proposizione di una mera difesa o eccezione sul punto nel giudizio di opposizione promosso dal medesimo creditore istante (Cass. 9928/2018).

8. In conclusione, in forza dei motivi sopra illustrati, il provvedimento impugnato andrà cassato, in accoglimento del secondo motivo di ricorso.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa andrà decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con ammissione al passivo della procedura fallimentare del credito indicato all’interno del decreto impugnato in privilegio anzichè in chirografo.

Le spese, anche del precedente giudizio, seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, ammette al passivo della procedura fallimentare il credito indicato all’interno del decreto impugnato in privilegio anzichè in chirografo.

Condanna la procedura controricorrente al rimborso delle spese del giudizio di merito, che liquida in Euro 2.200, di cui Euro 100 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%, e del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2021

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