Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14558 del 13/07/2015


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Civile Sent. Sez. U Num. 14558 Anno 2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: DI BLASI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n.ro 27925/2012 R.G.proposto da
COMUNE DI OLBIA in persona del legale rappresentante
pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura a
margine del ricorso e delibera di G.M. n.504/2012,
dall’Avvocato Emanuela Traina dell’Ufficio Legale
dell’Ente, elettivamente domiciliato in Roma, Via
Gonfalonieri,5 presso lo studio dell’Avvocato Andrea
RICORRENTE

Manzi,
CONTRO

ARCA NATALE e BRANDINU MARIA ROSA residenti in Ferriera
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Data pubblicazione: 13/07/2015

di Buttigliera Alta, rappresentati e difesi, giusta
delega in calce al controricorso, dall’Avvocato
Salvatore Deiana, elettivamente domiciliati in Roma,
Viale delle Milizie, 34 presso lo studio dell’Avvocato

Nonché contro
AXA ASSICURAZIONI SPA con sede in Milano, in persona
del legale rappresentante pro tempore,

INTIMATA

AVVERSO
La sentenza della Corte d’Appello di Cagliari, Sezione
distaccata di Sassari n. 779/2011 emessa il 07.11.2011
e depositata il 28.11.2011
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica
Udienza del 23 giugno 2015 dal Consigliere Dott.
Antonino Di Blasi;
sentito l’Avvocato Traina per il Comune di Olbia;
sentito, pure, l’Avvocato Deiana, per i contro
ricorrenti;
udito il Sostituto Procuratore Generale, in persona del
Dott. Lucio Capasso, che ha chiesto il rigetto del
ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Arca Natale e Brandinu Maria Rosa convenivano, davanti
al Tribunale di Tempio Pausania, il Comune di Tempio
Pausania, per ivi sentirlo condannare al risarcimento
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Enrico Valentini, CONTRORICORRENTE

dei danni, quantificati in Euro 250.000,00, subiti da
un proprio fabbricato sito in Olbia, in conseguenza del
reflusso di acque meteoriche, procurato dalla adozione
ed esecuzione di una ordinanza sindacale, che aveva

Il Comune si costituiva, eccependo il difetto di
giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello
amministrativo e chiedeva ed otteneva, in ogni caso, di
chiamare in garanzia l’assicuratrice AXA spa.
L’adito Giudice Ordinario, giusta sentenza n.294 del
24.08.2007,

dichiarava

Giurisdizione,

il

ritenendo

proprio
la

lite

difetto
di

di

natura

amministrativa.
L’Arca e

la Brandinu appellavano la sentenza,

sostenendo che la causa era riconducibile alla
competenza del giudice ordinario, stante che con l’atto
di citazione era stata formulata una domanda di
risarcimento danni, ex art. 2043 c.c. e, quindi,
insistevano nelle richieste formulate in primo grado.
La Corte di Appello di Cagliari, Sezione Distaccata di
Sassari, giusta decisione in epigrafe indicata ed in
questa sede impugnata, definendo la lite nel grado, in
riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la
giurisdizione del giudice ordinario e rimetteva le
parti innanzi al primo giudice, onerandole della
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disposto l’occlusione di una tubazione.

riassunzione del processo, nei termini di legge.
Il Comune di Olbia ha, quindi, proposto ricorso per
cassazione, che ha affidato a tre mezzi.
Arca Natale e Brandinu Maria Rosa resistono con

del Comune, con declaratoria di inammissibilità o di
infondatezza.
Sia il Comune, come pure i controricorrenti,hanno
depositato memorie, con le quali hanno ulteriormente
illustrato le proprie ragioni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di Appello di Cagliari – Sezione distaccata di
Sassari, ha riconosciuto e dichiarato la Giurisdizione
del Giudice Ordinario, a conoscere della controversia,
nella sostanziale considerazione che i sigg.ri Arca Brandinu, con gli atti incoativi del giudizio, non
hanno denunciato vizi del provvedimento amministrativo,
bensì hanno lamentato che, a seguito delle opere
eseguite dal Comune, secondo modalità incongrue, si era
verificato l’allagamento della loro abitazione e,
quindi, erano stati procurati i danni, dei quali si
chiedeva il ristoro.
Con il primo motivo del ricorso, il Comune censura
l’impugnata sentenza per violazione degli artt. 2909
c.c. e 342 cpc, per nullità della sentenza e del
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controricorso, chiedendo la reiezione dell’impugnazione

giudizio.
Si deduce che la Corte territoriale, sarebbe incorsa
nella violazione delle denunciate norme e del principio
“tantum devolutum quantum appellatum”, in quanto si

grado, – che individuava la causa del danno nel
provvedimento amministrativo, – che non era stato
specificamente censurato con i motivi di appello e sul
quale, quindi, si era formato il giudicato.
Con il secondo mezzo la decisione di appello viene
censurata di nullità, per violazione degli artt. 112 e
345 cpc, nonché per omessa e insufficiente motivazione.
Sotto il primo profilo, si deduce che il Giudice di
Appello avrebbe esaminato ed accolto la nuova domanda,
ritenuta inammissibile dal primo giudice, omettendo,
peraltro, di pronunciarsi sull’eccezione di
inammissibilità, per tardività, ritualmente proposta
dal Comune.
Sotto l’altro aspetto, l’impugnata sentenza viene
censurata, per non avere, esposto le ragioni, alla cui
stregua, la sentenza di primo grado non poteva
considerarsi adeguatamente motivata e per avere omesso
di prendere in considerazione elementi, in ipotesi,
idonei a giustificare un diverso decisum.
Con il terzo motivo viene denunciata falsa applicazione
5

sarebbe pronunciata sul punto della sentenza di primo

delle norme in tema di giurisdizione e, segnatamente,
dell’art. 7 del D.Lgs. n.104 del 02 luglio 2010.
Si deduce che nell’originaria impostazione del giudizio
di primo grado, gli attori avevano proposto, sia la

declaratoria d’illegittimità dell’ordinanza sindacale,
sia pure quella di risarcimento danni e che
quest’ultima, trovava, quindi, causa e fondamento nella
denunciata illegittimità della prima e non già nella
concreta esecuzione dei lavori.
Ritiene il Collegio che i tre mezzi, non aggrediscano,
criticamente, la ratio decidendi dell’impugnata
sentenza.
La CTR, in vero, ha ritenuto che gli attori Arca Brandinu abbiano agito in giudizio, denunciando la
responsabilità ex illecito del Comune, posto che i
danni di cui veniva reclamato il risarcimento, venivano
1
addebitati() alla condotta materiale tenuta dal Comune
nell’eseguire i lavori di occlusione della condotta e,
quindi, ricondotti alla violazione delle comuni regole
di prudenza e diligenza, sostanziatasi in un
comportamento caratterizzato da imperizia e negligenza.
In buona sostanza, la Corte d’Appello ha accertato e
dichiarato che

– la causa petendi è stata radicata in

trema di responsabilità ex illecito fin dall’origine
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domanda volta ad ottenere l’accertamento e la

della controversia” e che gli attori “non hanno mai
denunziato vizi circa la delibera del provvedimento”,
bensì “hanno lamentato che le opere eseguite avevano
causato, per le loro modalità, l’allagamento della loro

primari, quali quello di proprietà”.
Con i motivi del ricorso, quali innanzi indicati, il
Comune non ha censurato la richiamata ratio decidendi
dell’impugnata sentenza, identificabile nella condotta
materiale, imperita e negligente, tenuta dal Comune
nell’esecuzione dei lavori di occlusione della
condotta, bensì, ha prospettato motivi che, come anzi
rilevato, non la aggrediscono criticamente, in modo
specifico

(Cass.

n.21490/2005,

n.24591/2005,

n.5553/1981, n.3236/1985).
Il che implica che l’eventuale fondatezza (Cass.
n.24464/2006,

n.17123/2007,

n.9510/2008)

delle

doglianze formulate con il ricorso in esame, non
potrebbe,

comunque,

portare

all’annullamento

dell’impugnata decisione, che sopravvive ed è divenuta
definitiva, sulla base della precitata autonoma ratio,
non criticata e, di per sé, idonea a sostenerla.
Rileva, altresì, la Corte che i singoli mezzi non
risultano, comunque, fondati.
Quanto al primo motivo, anzitutto, perchè la formazione
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abitazione, compromettendo il godimento di diritti

del giudicato,

per mancata impugnazione di un

determinato capo della sentenza investita dal gravame,
può verificarsi soltanto con riferimento ai capi della
stessa completamente autonomi, in quanto concernenti

motivi d’impugnazione, perché fondate su autonomi
presupposti di fatto e di diritto, tali da consentire
che ciascun capo conservi efficacia precettiva anche se
gli altri vengono meno (Cass. n.16517/2012), laddove,
invece, nel caso, è innegabile che non trattavasi di
capo autonomo della sentenza, bensì di una diversa
qualificazione giuridica, dei medesimi fatti, già
esaminati e diversamente valutati dal giudice di primo
grado;

di

poi,

anche

restando,

perché,

incontestatamente, identico il fatto generatore del
danno,

a tutto concedere, si verterebbe in tema di

mera emendati°, consentita dal codice di rito, ma non
già di mutatio (Cass. n. 17457/09, n. 9266/2010).
Il secondo ed il terzo mezzo, che data la stretta
connessione vanno esaminati congiuntamente, presentano,
al

contempo,

di

profili

infondatezza

e

di

inammissibilità.
Il Giudice di appello, infatti, come anzi rilevato, ha
esaminato gli elementi offerti dalla fattispecie ed
adeguatamente

esposto

le
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ragioni

del

diverso

questioni affatto indipendenti da quelle investite dai

convincimento, rispetto a quello del primo giudice,
indicando e valorizzando, all’esito degli accertamenti
di merito effettuati, i concreti elementi utilizzati
nell’iter decisionale. In tale percorso, come anzi

controversia”, cioè sin dall’atto introduttivo del
giudizio, “la causa petendi era stata radicata in tema
di responsabilità ex illecito” ed accertato la relativa
connessione alla “condotta materiale tenuta dal Comune”
nell’esecuzione dei lavori. Ha, altresì, acclarato che
“In sostanza gli attori non hanno mai denunziato vizi
circa la delibera del provvedimento, che aveva previsto
ovviarsi agli illeciti scarichi fognari, ma hanno
lamentato che le opere eseguite avevano causato, per le
loro modalità, l’allagamento della loro abitazione”.
Sulla base di tali emergenze processuali, il medesimo
Giudice di secondo grado ha prodotto e giustificato la
decisione in questa sede impugnata, con la quale, fra
l’altro, ha valorizzato elementi probatori in atti, dai
quali si evince l’incongruenza, sul piano logicoformale, della motivazione della sentenza di primo
grado, essendo evidente che, nessun concreto interesse
avevano i sigg.ri Arca – Brandinu a contrastare e
contestare, di per sé, una ordinanza sindacale che, ove
portata correttamente ad esecuzione, con modalità
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rilevato, ha verificato, che “fin dall’origine della

esecutive appropriate e secondo le pertinenti norme
tecniche, avrebbe ovviato agli “illeciti scarichi
fognari” e che, quindi, ragionevolmente, la Corte di
merito ha ritenuto che tale interesse sia insorto,

negligente esecuzione dei lavori di occlusione della
condotta, si è verificato l’allagamento ed il
danneggiamento degli immobili degli attori.
I Giudici di appello hanno,

in buona sostanza,

esaminato e diversamente valutato le emergenze del
processo, cogliendone, così, elementi idonei
ritenere sussistente la giurisdizione del G.O., essendo
stato puntualizzato e valorizzato il fatto che gli
attori, già con l’atto introduttivo del giudizio, in
effetti addebitavano all’incauta e sprovveduta
esecuzione dei lavori, la causa dei danni subiti e dei
quali chiedevano il ristoro.
Ciò posto, le doglianze prospettate, sottese come sono,
ad offrire una diversa lettura rispetto a quella data
del Giudice di appello, non possono trovare ingresso in
questa sede di legittimità, stante che, nel caso in
specie, la decisione risulta logicamente e
adeguatamente

motivata

(Cass.

n.3994/2005,

n.12446/2006).
Peraltro, la doglianza risulta generica in relazione al
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successivamente, allorquando, in esito all’imperita e

profilo motivazionale, per non avere indicato i
concreti elementi pretermessi che, in ipotesi,
avrebbero dovuto giustificare la diversa decisione
(Cass. n.261/2009).

nel consolidato orientamento di questa Corte, in tema
di scelta e di apprezzamento degli elementi probatori
(Cass.n.20322/2005, n. 12467/2003, SS.UU. n.
13045/1997), sia di autosufficienza dei motivi del
ricorso di legittimità (Cass. n.849/2002, n.2613/2001),
sia pure di rilevanza e decisività dei fatti
pretermessi (Cass. n. 9368/2006, n.1014/2006).
Il ricorso va, conclusivamente, rigettato e, per
l’effetto, confermata l’impugnata decisione, che ha
riconosciuto ed affermato la giurisdizione del Giudice
Ordinario, a conoscere della controversia di che
trattasi.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in
complessivi Euro cinquemiladuecento, di cui Euro
cinquemila per onorario di avvocato ed Euro duecento
per spese vive, oltre spese generali ed accessori di
legge.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso, confermando la sentenza impugnata,
che ha riconosciuto e dichiarato la giurisdizione del
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In definitiva, le doglianze impingono, al contempo, sia

Giudice Ordinario a conoscere della controversia.
Condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio, in favore dei controricorrenti,
liquidati, in complessivi Euro cinquemiladuecento, di

spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle
Sezioni Unite Civili, il 23 Giugno 2015.

cui Euro cinquemila per onorario ed Euro duecento per

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