Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14556 del 13/07/2015


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Civile Sent. Sez. U Num. 14556 Anno 2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: RAGONESI VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 7700-2010 proposto da:
COMUNE di SIMERI CRICHI, in persona del Sindaco protempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA
FREZZA 59, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE
MIRIGLIANI, che lo rappresenta e difende unitamente agli
avvocati BERNARDO BORDINO, PIETRO OLIVERIO, per delega a
margine del ricorso;

Data pubblicazione: 13/07/2015

- ricorrente l

FERLAINO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA TUSCOLO 5, presso GIOVANNI SEVERINO,
rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE ROPERTO,

incidentale;
– controricorso e ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 52/2009 della CORTE D’APPELLO di
CATANZARO, depositata il 02/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/06/2015 dal Consigliere Dott. VITTORIO
RAGONESI;
uditi gli avvocati RAFFAELE MIRIGLIANI e BERNARDO
BORDINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO, che ha concluso per
l’accoglimento, p.q.r., del secondo motivo del ricorso
principale, assorbiti il quarto ed il sesto, rigetto dei
restanti motivi; accoglimento del primo e, p.q.r., del
secondo del ricorso incidentale e rigetto del terzo
motivo.

per delega in calce al controricorso e ricorso

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 21-7-1983, Ferlaino Giuseppe

di Simeri Crichi, per sentirlo condannare al pagamento della
somma complessiva di lire 112.524.197, quale parte del
corrispettivo dovuto, oltre interessi per ritardato pagamento e
ulteriore somma per revisione prezzi, in relazione al contratto di
appalto del 25-7-1980, registrato a Catanzaro il 5-8-1980 al n.
3270, intercorso tra le parti per i lavori di variante ed
ammodernamento della strada Crichi-Salipetto, dell’ importo di
lire 184.791.047, nonché al risarcimento dei danni subiti,
ammontanti a complessive lire 200.000.000, a causa del ritardo
nel pagamento del corrispettivo che lo aveva costretto a svendere
le attrezzature dell’ impresa e a cessare ogni attività, e al
pagamento delle spese del giudizio.
Si costituiva il Comune di Simeri Crichi deducendo: che
l’appaltatore non aveva eseguito ed ultimato i lavori previsti in
contratto; che le opere compiute non erano state costruite a regola
d’ arte; che l’ appaltatore si era reso responsabile di frode e che

conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Catanzaro, il Comune

pendeva procedimento penale a suo carico. Deduceva, inoltre, che
erano stati pagati tutti i certificati relativi agli stati di avanzamento
regolarmente deliberati; che 1′ Amministrazione committente non

aveva mai autorizzato 1′ esecuzione di lavori suppletivi e che per la
domanda di revisione prezzi il giudice ordinario era carente di
giurisdizione.
Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda dell’ attore e formulava
domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto di appalto per
inadempimento e frode dell’ appaltatore ai sensi degli arti. 340 della
legge 20-3-1865 n. 2248, all. F, e la condanna di quest’ ultimo al
risarcimento dei danni.
Con sentenza non definitiva n. 980/03 il Tribunale di Catanzaro
dichiarava che il Comune di Simeri Crichi era tenuto al
pagamento delle somme dovute in esecuzione del contatto di
appalto, come dalle relazioni tecniche del direttore dei lavori ing.
Perrone, relativamente alle opere realizzate dall’ impresa
Ferlaino per i lavori di variante e di ammodernamento della
strada Crichi-Salipetto, comprese le relative variazioni apportate
al progetto in corso d’ opera e disposte dal direttore dei lavori,

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nonché le variazioni dei prezzi da quest’ ultimo indicate.
Disponeva con separata ordinanza, ai sensi art. 280 c.p.c. ,per la

quantum e dell’ eventuale risarcimento danni dovuto alla stessa
parte attrice.
Avverso tale sentenza entrambe le parti, alla prima udienza utile,
formulavano riserva di appello ex art. 340 c.p.c.
La causa veniva ulteriormente istruita mediante nuova consulenza
tecnica d’ ufficio per la quantificazione delle somme dovute.
Con sentenza definitiva n. 729/06 il Tribunale di Catanzaro
condannava il convenuto Comune di Simeri Crichi al pagamento,
in favore dell’ attore, Giuseppe Ferlaino di tutte le somme così come
specificate: per sorte capitale per saldo lavori (IV sal) lire
21.845.953, pari ad euro 11.282,49; per interessi moratori su detta
somma al 31-12-2003 lire 265.384.075 pari ad euro 137.059,44;
oltre gli ulteriori interessi moratori dal 31-32003 ali’ effettivo
soddisfo; per interessi moratori calcolati al 31-3-2003 per il
ritardato pagamento dei certificati denominati 3°, 3b e 3c, lire
525.960.657 pari ad euro 271.636,01; oltre gli ulteriori interessi

ulteriore istruzione della causa al fine della determinazione del

moratori su detta ultima somma dal 31-12-2003 all’ effettivo
soddisfo; 3) condannava ancora il convenuto Comune di Simeri

euro 500.000 a titolo di danno patrimoniale e non; provvedeva sulle
spese di giudizio e di CTU.
Avverso tali sentenze proponeva appello il Comune di Simeri
Crichi ,con atto di citazione notificato il 23-10-2006, deducendo,
in relazione alla sentenza non definitiva n. 980/2003, che dalla
CTU espletata dall’ ing. Sisca era emerso che alcuni lavori
appaltati non erano stati eseguiti; che i lavori suppletivi in
variante al progetto principale non erano stati preventivamente
autorizzati dal’ Amministrazione comunale committente ed erano
stati seguiti senza le necessarie autorizzazioni amministrative.
Deduceva, inoltre, che per i lavori suppletivi non vi era neppure
prova di un ordine scritto del direttore dei lavori e che per gli stessi
non vi era stata né prima, né dopo 1′ esecuzione, l’ accettazione da
parte delP amministrazione comunale, come previsto dall’ art. 13 del
DPR n. 1063/1962, recante 1′ approvazione del Capitolato
Generale 00.PP.

Crichi, al pagamento in favore del’ attore dell’ulteriore somma di

Deduceva altresì, che per la domanda di pagamento dei lavori
aggiuntivi doveva essere formulata tempestiva riserva nel

in sede di conto finale, come prescrive, a pena di decadenza, l’ art.
64 del medesimo regio decreto.
Ribadiva il difetto di giurisdizione del G.O. per la domanda di
pagamento di revisione prezzi e insisteva nella domanda
riconvenzionale di risoluzione del contratto, evidenziando su tale
ultimo punto che dalla consulenza espletata era emerso
l’inadempimento del Ferlaino per la mancata esecuzione di alcune
opera previste in contratto e per la esecuzione di opere non previste
e mai autorizzate.
Quanto alla sentenza definitiva n. 729/06 deduceva: 1) vizio di
ultra petita in quanto aveva deciso sul quantum senza alcun
accertamento sulla sussistenza dell’ an debeatur relativamente
ad alcuni titoli di pagamento non accertati con la sentenza
parziale che non conteneva alcun cenno alla debenza degli interessi moratori
sulle somme risultanti dalla relazione tecnica del direttore dei lavori e riconosciute
come somme capitali dovute, né alla debenza degli interessi per ritardato pagamento

registro di contabilità, ex art. 544 r.d. n. 350/1895, e ribadita

dei cettificati di pagamento denominati 3°, 3b, 3c, né alla sussistenza del diritto al
risarcimento del danno; errata determinazione del quantum; 2) errata

moratori ex artt. 35 e 36 del Cap. Gen 00.PP sulla somma capitale
riconosciuta e per ritardato pagamento dei titoli di spesa relativi ai certificati
3°, 3b e 3c in quanto nessuna colpa per il ritardo era imputabile al Comune,
trattandosi di pagamenti eseguiti senza alcuna autorizzazione; 3) errata
liquidazione della somma di euro 500.000,00 a titolo di “ulteriore danno
patrimoniale e non” senza alcuna specifica motivazione al riguardo.
Si costituiva Ferlaino Giuseppe per resistere al gravame e per propone appello
incidentale in relazione alla staluizione riguardante la liquidazione dei danni
chiedendo al riguardo la somma complessiva di euro 10.935.806.
La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza 52109,

in parziale

accoglimento del proposto gravame e in riforma delle sentenze
impugnate, condannava il Comune di Simeri Crichi al pagamento,
in favore di Ferlaino Giúseppe, della somma di euro 271.636,01 ,
oltre ulteriori interessi moratori su detta somma dal 31-12-2003 al
soddisfo; rigettava l’ appello incidentale; dichiarava parzialmente
compensate tra le parti; poneva definitivamente a carico del

determinazione del quantum in ragione della non debenza degli interessi

comune di Simeri Crichi le spese della CTU espletata nel giudizio
di primo grado.

Simeri Crichi sulla base di sei motivi, illustrati con memoria, cui
resiste con controricorso il Ferlaino che propone altresì ricorso
incidentale affidato a tre motivi

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso principale il comune ricorrente
deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.
in relazione all’art. 360, 1 c., n. 4 c.p.c. per quanto concerne il
mancato esame delle doglianze motivo attinenti: alla non
riconoscibilità del credito per lavori in variante; all’effettuazione da
parte del Ferlaino di lavori non autorizzati ; al mancato inserimento di
riserve ; alla mancanza di colpa dell’Amministrazione nel ritardato
pagamento ai fini del riconoscimento degli interessi moratori. In
particolare lamenta che la Corte d’appello sarebbe incorsa
nell’omissione dell’esame dei motivi d’appello affermando che gli
stessi venivano esaminati congiuntamente per la loro connessione,

Avverso la detta decisione ricorre per cassazione il Comune di

mentre poi non lo sono stati né per esplicito né per implicito, senza
alcuna indicazione circa le ragioni di tale omissione.

generali in tema di obbligazioni degli enti pubblici ed in
particolare gli obblighi dei corrispettivi negli appalti degli
enti pubblici nonchè della normativa sui medesimi appalti
pubblici in ordine alla contabilizzazione e liquidazione dei
compensi dell’appaltatore ed in particolare dell’art. 13,
comma 2, del capitolato generale d’appalto per le 00.PP.,
approvato con. D.P.R. 16 luglio 1962 nr. 1063 .
In particolare prospetta l’illegittimità del riconoscimento di
credito a favore di appaltatore per lavori in variante non coperti da
rituale autorizzazione deliberativa, con tutte le autorizzazioni e con
gli impegni o variazioni di spesa da parte degli organi deliberanti
dell’ente, anche se disposti dalla direzione dei lavori e contabilizzati
dalla stessa .Contesta poi che la detta illegittimità possa
considerarsi superata dall’avvenuto pagamento degli stati di
avanzamento disposti dalla direzione dei lavori e, comunque in
ogni caso il credito andrebbe considerato maturato, ai fini degli

Con il secondo motivo lamenta la violazione dei principi

interessi moratori, non dalla data degli stati di avanzamento ma da
quella dello svolgimento successivo di attività amministrative

Con il terzo motivo il Comune ricorrente deduce la violazione e
falsa applicazione dell’art. 54 r.d. 25/05/1895 in relazione
all’art. 360 1° c. nr 3. dovendosi ritenere illegittimo il
riconoscimento di corrispettivo a favore dell’appaltatore di opere
pubbliche per lavori in variante non autorizzati nei modi e termini di
legge e per i quali compensi non abbia inserito riserva nel registro di
contabilità e che non sia stata riportata nel conto finale.
Con il quarto motivo lamenta la violazione degli artt. 35 e 36
del Cap. Gen. 00.PP. e dei principi sugli interessi moratori
e sulla responsabilità per il ritardo nelle obbligazioni
contrattuali degli enti pubblici ed in generale. Sostiene
l’illegittimità del riconoscimento di interessi moratori a carico
dell’ente appaltante su crediti attinenti a lavori eseguiti in variante,
ma non formalmente autorizzati, ed esclude che possa considerarsi
in mora l’ente che ritardi il pagamento di tali lavori prima che
intervengano nuovi incombenti amministrativi comportanti legittima

dirette a consentire l’erogazione delle somme relative.

esortazione dei crediti a tale titolo rivendicati dall’appaltatore e
sostiene che, per l’ipotesi che venga riconosciuto l’obbligo del

dovrebbe essere posta non dalla data di emissione degli stati
d’avanzamento del direttore dei lavori, bensì dalla data di
espletamento dei successivi incombenti amministrativi diretti a
consentire il pagamento.
Venendo all’esame del primo motivo, va osservato che questo risulta
proposto nella rubrica sotto il profilo della violazione dell’art 112 cpc
in relazione all’art 360 n. 4 cpc.
In relazione a tale prospettazione il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha infatti riportato nel corpo della motivazione le
doglianze del Comune ed ha poi espressamente affermato di sottoporre
le stesse ad una valutazione congiunta ritenendole conclusivamente
infondate e quindi rigettandole.
Non può dunque in alcun modo ritenersi che vi sia stata una omessa
pronuncia sul punto.
Non può peraltro non osservarsi che il motivo, per come risulta
formulato, prospetta in realtà un vizio di motivazione in ordine alle

pagamento degli interessi moratori, la decorrenza degli stessi

doglianze avanzate.
Lo stesso ,infatti, espressamente prospetta che per nessuna delle

d’appello. Lamenta, in altri termini, un vizio di omessa motivazione ai
sensi dell’art 360 n. 5 cpc.
E’ ben nota a tale proposito la giurisprudenza di questa Corte che ha
costantemente ritenuto che l’erronea indicazione della norma
processuale violata nella rubrica del motivo non determina “ex se”
l’inammissibilità di questo se la Corte possa agevolmente procedere
alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base
delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente a
fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della
rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma è solo
l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che
chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della
censura.( v. in fattispecie analoga Cass. 14026/12; v. altresì Cass
19882/13Cass 17931/13 sez un; Cass 12929/07;Cass 19661/06).
Sotto tale profilo il motivo si appalesa fondato.
Invero la Corte d’appello non ha in alcun modo esaminato i motivi

doglianze indicate vi sia stata una disamina da parte della Corte

dianzi riferiti ,ma si è limitata a verificare l’avvenuto pagamento dei
certificati n. 3 , 3b e 3c,lasciando intendere che il Comune tramite i

dell’ appaltatore.
Tale motivazione è del tutto carente.
Nulla è stato infatti detto in relazione al fatto se vi fosse effettiva
mancanza di autorizzazione ai lavori aggiuntivi in variante e se, in
caso negativo, tale mancanza comportasse la non riconoscibilità del
credito e ciò anche in relazione alla dedotta mancata iscrizione a
riserva dei detti lavori .Nulla viene, inoltre ,detto in ordine alla
imputabilità al Comune nel ritardo dei pagamenti, circostanza questa
suscettibile di avere riflessi in ordine alla decorrenza degli interessi di
mora.
Il motivo va pertanto accolto.
Da ciò discende l’assorbimento del secondo ,del terzo e del quarto
motivo che investono proprio le questioni in relazioni alle quali la
motivazione della sentenza è del tutto carente e che dovranno essere
oggetto di riesame da parte del giudice del rinvio.
Parimenti assorbito per le stesse ragioni è il sesto motivo cui si

detti pagamenti abbia riconosciuto la fondatezza delle richieste

lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 35 e 36
del Cap. Gen. 00.PP. e dell’art. 4 della legge 741 del 1981,

In particolare,si afferma che gli interessi moratori di cui ai citati
artt. 35 e 36 C.G.00.PP., non sfuggono al divieto di anatocismo posto
dall’art. 1283 c.c. e non possono essere oggetto di automatica base per
il riconoscimento di interessi su interessi. E comunque afferma che
anche in ipotesi di legittimo riconoscimento degli interessi
anatocistici di cui sopra, sarebbe illegittimo anche il calcolo degli
interessi convenzionali.
Può invece essere esaminato il quinto motivo, con cui si
deduce il vizio di motivazione sul rigetto della richiesta di
risoluzione contrattuale e di risarcimento, In particolare ,si
afferma essere carente la motivazione della Corte d’appello che ha
rigettato la richiesta di risoluzione contrattuale avanzata da esso
ente appaltante con l’allegazione di lavori non eseguiti e di altri
lavori eseguiti in variante non autorizzata con la sola affermazione
che i lavori eseguiti non fossero da ritenere di tali da costituire
inadempimento grave.

nonché dell’ art. 1283 c.c..

Il motivo è inammissibile prima ancora che infondato.
La Corte d’appello ha escluso la risoluzione del contratto per

lavori non erano stati realizzati , tuttavia, in relazione al complesso
dei lavori effettuati, l’inadempimento in questione non rivestiva
carattere di gravità. A tale proposito ha ulteriormente evidenziato
che, in realtà, dalla relazione allo stato finale dei lavori redatta dal
direttore dei lavori , risultava che alcuni lavori, che il CTU aveva
ritenuto non realizzati ,erano stati in realtà effettuati e, in
particolare, la sostituzione di un breve tratto di galleria con uno
scavo di trincea nonchè l’eliminazione di una curva da un tornante
per rendere più sicuro il tracciato.
Tale motivazione appare del tutto adeguata e non risulta
specificatamente censurata dal Comune ricorrente che si limita a
contestarne genericamente la difformità rispetto alle valutazioni
della CTU senza tuttavia riportare i brani della consulenza dai quali
sia possibile dedurre lacune alla motivazione della sentenza.
Venendo all’esame del ricorso incidentale , con il primo motivo il
Ferlaino deduce che erroneamente la Corte ha ritenuto che il

inadempimento dell’appaltatore rilevando che, anche se alcuni

procedimento di revisione prezzi, nella fattispecie, fosse
nella fase del riconoscimento quando questo è presidiato

fronte al quale la posizione dell’appaltatore ha natura di mero
interesse legittimo ed ha quindi dichiarato il proprio difetto di
giurisdizione su tale domanda . Al contrario la sentenza
impugnata, avrebbe dovuto ritenere la giurisdizione del
Giudice Ordinario e riconoscere sia tutti gli importi revisionali, sia gli interessi sugli stessi importi per ritardato
od omesso pagamento.
Secondo il ricorrente infatti con l’avvenuto pagamento dei
tre certificati il Comune avrebbe riconosciuto il diritto del
Ferlaino alla revisione prezzi per cui la quantificazione
sarebbe spettata al giudice ordinario.
Il motivo è fondato.
Va premesso che questa Corte ha ripetutamente chiarito che
in tema di revisione prezzi di appalto di opere pubbliche, e ove il
rapporto oggetto di controversia risalga ad epoca precedente (ossia
anteriore all’art. 6, comma 19, della legge 24 dicembre 1993, n. 537,

dal potere discrezionale dell’amministrazione appaltante, di

come nel caso di specie in cui l’atto di citazione è del 1983)
appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice

del prezzo degli appalti pubblici .Quando, invece, la pretesa
dell’appaltatore si fondi su una delibera dell’Ente, che riconosca il
diritto alla revisione, la cui efficacia non sia venuta meno per effetto
di un atto successivo di esercizio del potere di ritiro, la controversia
appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, e solo, quando
manchi tale riconoscimento, è devoluta al giudice
amministrativo.(ex plurimis Cass 7176/14,Cass 16285/10;Cass
4463/09; Cass 6993/05).
Ciò posto, risulta dalla documentazione che i pagamenti effettuati
dal Comune con i certificati n. 3b e 3c contengono anche revisioni
prezzi riferiti ai primi tre Stati avanzamenti lavori.
In particolare il certificato 3b riconosce per il SAL 1 la somma di
lire 2.476.188 e per il SAL 2 la somma di lire 6.260.181. A sua
volta il certificato 3c riconosce per il SAL 3 la somma di lire
22.415.433 sempre a titolo di revisione prezzi.
Di queste somme risulta pagata la parte prevalente con un residuo di

amministrativo le questioni inerenti l’adeguamento o le modifiche

lire 14.627.497, che risulta indicata anche nell’atto di appello oltre
che accertata dalla CTU.

dalla documentazione del Comune ,onde non è dubbio che per la
parte di esse che risultano non pagate sussiste alla luce della
giurisprudenza dianzi citata la giurisdizione del giudice ordinario.
Con il secondo motivo si contesta, sotto il profilo della violazione
dell’art 112 cpc., che la sentenza non abbia accolto la
domanda anche quanto al saldo dei lavori che la sentenza di
primo grado aveva riconosciuto in lire 21.845.953 pari ad
euro 11.282,49, con conseguente disconoscimento anche
degli interessi moratori sulla detta somma precisati nella
sentenza in euro 137.059,44 e nel non aver assolutamente
motivato a riguardo. Così come non vi sarebbe stata
motivazione sull’ appello incidentale di riconoscimento
alla restituzione dell’importo della cauzione definitiva in
lire 9.250.000.
Il motivo è parzialmente fondato.
Invero, risulta dalla parte narrativa della sentenza

Le somme in questione risultano dunque espressamente riconosciute

impugnata che il giudice di primo grado aveva condannato
il Comune al pagamento per sorte capitale del saldo lavori

degli interessi moratori fino al 31.12.03, veniva
determinata in euro 137.059,44 cui dovevano aggiungersi
gli ulteriori interessi moratori dal 31.12.03 al soddisfo.
Nella sentenza impugnata non si rinviene alcun ulteriore
esame o pronuncia su tale domanda, già riconosciuta
fondata dal tribunale, i cui importi sono del tutto omessi
nel calcolo delle somme che il Comune è stato condannato
a pagare al Ferlaino.
Il motivo sotto tale profilo va quindi accolto.
Lo stesso è, invece, inammissibile quanto alla dedotta
mancata pronuncia sulla parte dell’appello incidentale
relativa alla domanda di restituzione dell’importo della
cauzione definitiva in lire 9.250.000.
La sentenza impugnata nella parte dispositiva ha rigettato
l’appello incidentale nella sua totalità . Dunque non vi è
stata alcuna omessa pronuncia sul punto.

( IV sal) pari a euro 11.282,49, somma che, con l’aggiunta

A voler esaminare la questione sotto il profilo del vizio di
mancata motivazione, si osserva che nelle conclusioni del

risulta che con l’appello incidentale si chiedeva la
condanna del Comune ” al risarcimento di tutti i danni così
come specificati nella comparsa costitutiva e nei singoli
motivi a sostegno dell’appello incidentale e come
complessivamente verranno precisati in sede di comparsa
conclusionale”
Risulta, dunque, che con l’appello incidentale venivano
chiesti esclusivamente danni e la restituzione della
cauzione non costituisce una domanda di risarcimento
danni.
Da ciò discende che era onere del ricorrente ,riportare nel
ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del
ricorso, quella parte dell’appello incidentale ove si
sarebbe fatta valere la domanda in questione.
La mancanza di tale adempimento rende la censura
inammissibile.

giudizio di appello riportate nella impugnata sentenza

Con il terzo motivo il ricorrente prospetta nuovamente la
violazione dell’art 112 cpc, per avere la Corte di Appello

grado, del risarcimento del danno precisato. insieme alla
svalutazione, in euro 500.000,00.
Il motivo è inammissibile prima ancora che manifestamente
infondato.
La Corte d’appello ha esaminato la questione ed emesso
specifica motivata pronuncia sul punto rilevando che il
danno economico doveva ritenersi ristorato in virtù del
riconoscimento degli interessi ex art 35 DPR 1063/62 ,
mentre , per ciò che concerneva il danno non patrimoniale,
nessuna prova era stata fornita dal Ferlaino .
Dunque nessuna omessa pronuncia né mancanza di
motivazione sussiste.
Si rileva poi che in ordine al danno patrimoniale il motivo
non contiene alcuna censura alla ratio decidendi basata
sull’avvenuto riconoscimento degli interessi ex art 35 DPR
1063/62, mentre in ordine al danno non patrimoniale il

disatteso il riconoscimento, avvenuto in sentenza di primo

ricorrente nulla deduce in ordine alle prove che la Corte
d’appello ha ritenuto non fornite.

in motivazione con conseguente cassazione della sentenza
impugnata e rinvio, anche per le spese del presente
giudizio,alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa
composizione.
PQM
Accoglie il primo motivo del ricorso principale,rigetta il
quinto, assorbiti gli altri; accoglie il primo motivo del
ricorso incidentale ed il secondo nei termini di cui in
motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche
poer le spese alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa
composizione.
Ro
Il C

23.6.15

In conclusione i due ricorsi vanno accolti nei termini di cui

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