Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14556 del 09/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/07/2020, (ud. 10/12/2019, dep. 09/07/2020), n.14556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28571-2015 proposto da:

FUNIVIE SEGGIOVIE S. MARTINO SPA, elettivamente domiciliata in ROMA,

C.SO VITTORIO EMANUELE II 287, presso lo studio dell’avvocato

ANTONIO IORIO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE

FALCONE, giusta procura notarile Dott. P.A. in MILANO

rep. n. 40859 del 12/11/2015;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO SERVIZIO CATASTO, elettivamente

domiciliata in ROMA VIA PAOLO EMILIO 7, presso lo studio

dell’avvocato ACHILLE CHIAPPETTI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati NICOLO’ PEDRAZZOLI, GIULIANA FOZZER, giusta

procura notarile speciale Provincia Autonoma di Bolzano Dott.

B.G. dirigente del servizio rep. 28190 del 23/12/2015;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 66/2015 della COMM. TRIBUTARIA II GRADO di

TRENTO, depositata il 28/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2019 dal Consigliere Dott. TADDEI MARGHERITA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per il rigetto dell’eccezione di

improcedibilità e per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato FALCONE che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato CHIAPPETTI che si riporta e

rinuncia all’eccezione di improcedibilità e deposita estratto web

registro Corte di Cassazione;

Il Presidente Stalla fa dare atto che la difesa del controricorrente

rinuncia all’eccezione di improcedibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il servizio del Catasto della Provincia Autonoma di Trento, con gli atti di attribuzione delle rendite catastali nn. (OMISSIS) e (OMISSIS), classificava gli impianti di trasporto a fune di risalita, di innevamento e di gestione delle strumentazioni in S.Martino di Castrozza, posseduti dalla società Funivie Seggiovie S. Martino SpA, (una cabinovia a 15 posti, un impianto di innevamento artificiale ed una cabina di trasformazione e distribuzione di energia elettrica) nel gruppo catastale D-immobili a destinazione speciale. La società, per mantenere ai predetti beni il riconoscimento della categoria esente E/1 ricorreva avanti alla CTP di Trento, ed essendo stato respinto il ricorso, appellava la sentenza avanti alla CTR; quest’ultima respingeva il mezzo ritenendo corretta l’interpretazione data dal primo giudice al D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40 dal quale deve argomentarsi una netta distinzione tra gli impianti di risalita adibiti a trasporto pubblico e gli immobili destinati ad uso commerciale o industriale, inserendo pertanto anche gli impianti di risalita, quali funivie, sciovie, seggiovie e simili, destinati a soddisfare esclusivamente fini ricreativi, sportivi o turistici, nella categoria D/8.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Avverso la sentenza di appello la società ha proposto ricorso per la cassazione della decisione, articolando due motivi, ribaditi con memoria:

a). Violazione di legge processuale da parte della CTR (art. 132 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per motivazione fittizia ed apparente, e comunque nullità della sentenza per violazione delle norme sul giusto processo, non avendo il Giudice palesato alcuna propria interpretazione del citato D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40, omettendo di spiegare per quale ragione la categoria D vada riconosciuta anche all’impianto di risalita, in quanto tale, mentre il tenore letterale della norma riguarda solo una porzione dell’impianto.

b). Violazione e/o falsa applicazione di legge (D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40, conv. in L. n. 286 del 2006) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) consistita nel fatto che la CTR ha erroneamente confermato la sentenza della CTP e ritenuto che, secondo il D.L. n. 262 del 2006, art. 2 comma 40, l’impianto di risalita – funivia che opera nel pubblico vada inquadrata nella categoria E) mentre quella che opera nel privato vada inquadrata nella categoria D.

L’interpretazione della CTR, che si pone in contrasto con la relazione governativa, nella quale si parla solo di spazi, non ha consentito di accogliere l’appello della società e di confermare l’originaria categoria E attribuita alla funivia di cui si discute.

La Provincia autonoma ha controdedotto, anche con memoria, eccependo preliminarmente il tardivo deposito del ricorso, in violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 1, eccezione poi rinunciata in udienza, ed insistendo per il rigetto del medesimo. Ha anche chiesto la riunione con altro procedimento, non ancora fissato in udienza, relativo ad analogo ricorso

Va premesso che l’istanza di riunione -non va accolta perchè non sussistono i necessari presupposti di connessione, quanto soltanto quelli di una generica comunanza di questione giuridica.

I motivi di ricorso, che sono suscettibili di trattazione unitaria attesa l’evidente connessione che li caratterizza, non sono fondati.

Per quanto concerne il primo motivo, la ratio della sentenza è perfettamente individuabile nella distinzione legale tra caratteristiche degli immobili in categoria D ed E, in relazione alla natura del trasporto pubblico prestato.

Il richiamo è stato correttamente operato al D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40 conv. in L. n. 286 del 2006: secondo cui: “Nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale.

Là dove il giudice di merito ha qui ravvisato proprio la funzione commerciale e lucrativa del trasporto a fini sciistici, non di pubblico servizio di trasporto.

Pure il secondo motivo è infondato.

Correttamente la sentenza qui impugnata, dopo aver individuato due distinte specie di impianti di risalita a fune, a seconda che essi siano collegati o no ad altre linee di trasporto in servizio pubblico, in modo da integrare il trasporto di persone o merci per i Comuni isolati o favorire le comunicazioni tra centri abitati, ha affermato, con accertamento in fatto non contestabile, che “le considerazioni prima svolte escludono che gli impianti a fune, oggetto del presente giudizio, possano essere considerati come “stazioni per servizi di trasporto”, sul presupposto incontestabile che essi si distinguono per essere ubicati in zone non di collegamento con centri abitati, per il loro funzionamento stagionale, perchè servono una utenza elitaria legata a interessi sportivi e turistici”. L’impostazione della decisione di merito è in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui: “in tema di dassamento catastale dei beni immobili, gli impianti di risalita al servizio di piste sciistiche, come le sciovie, le funivie e le seggiovie, possono essere classificati come “mezzi pubblici di trasporto”, con il conseguente accatastamento nella categoria catastale E, ove, pur soddisfacendo un interesse commerciale, siano anche funzionali alle esigenze di mobilità generale della collettività” (cass. N. 5070/2019; v. anche cass. n. 1442/2017 ed altre). Si è affermata la qualificabilità degli impianti di risalita – funivie, sciovie, seggiovie e simili – come strumenti indispensabili per il funzionamento di strutture sportive, quali le piste da sci al pari delle strutture ausiliarie – rifugi, posti di ristoro o pronto soccorso, deposito di attrezzi ecc., allestite dai Comuni per finalità di incremento turistico e di sviluppo economico. Tali impianti sono soliti avere destinazione esclusivamente commerciale connessa al soddisfacimento di fini ricreativi, sportivi o turistico – escursionistici e per essi non sussiste il presupposto del classamento come “mezzo pubblico di trasporto”, che presuppone una pur parziale utilizzabilità della struttura come mezzo di trasporto a disposizione del pubblico, laddove un impianto di risalita svolge un’esclusiva funzione commerciale di ausilio ed integrazione dell’uso delle piste sciistiche (Cass. n. 4541 del 2015; Cass.3733 del 2015; Cass. n. 6067 del 2017; Cass. n. 1445 del 2017; Cass. n. 1442 del 2017); di conseguenza la Corte ha ritenuto che, per escludere la categoria catastale “E” a tali ultimi mezzi, occorre che sia esclusa, in concreto, anche la parziale utilizzabilità della struttura come mezzo di trasporto del pubblico.

Orbene, proprio in applicazione del menzionato indirizzo va osservato – a contrario – che, con riferimento alle censure mosse alla decisione impugnata, correttamente la CTR ha accertato, in concreto, che la struttura in esame è appunto a servizio esclusivo di una specifica categoria di utenti e non è utilizzata (circostanza neppure dedotta dalla società) come mezzo di trasporto che consenta il raggiungimento di aree del territorio montano, altrimenti inaccessibili, assumendo anche la funzione pubblica di trasporto, non dissimilmente da altri impianti e infrastrutture analoghe, quali linee filoviarie, funicolari e funiviarie. E’,infatti, la destinazione dell’impianto che assume concreto rilievo ai fini del dell’attribuzione della categoria catastale sicchè appare illegittimo, in relazione al disposto del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 8, comma 2, l’inquadramento nella categoria E/1 (stazione di trasporto terrestre) dell’impianto a servizio esclusivo di una ben specifica categoria di utenti (gli utilizzatori, per scopi ludico-sportivi delle piste) nel contesto dello svolgimento di un’attività tipicamente ed esclusivamente caratterizzata da fine di lucro.

Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato. Il consolidarsi in epoca successiva alla proposizione del ricorso della giurisprudenza in materia giustifica la compensazione delle spese dell’intero procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Spese del procedimento compensate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello spettante per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera i consiglio, il 10 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 9 luglio 2020

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