Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14556 del 04/07/2011

Cassazione civile sez. I, 04/07/2011, (ud. 08/06/2011, dep. 04/07/2011), n.14556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIONE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 1826 R.G. anno 2010 proposto da:

N.A. elett.te domiciliato in ROMA,via Valadier 39 presso

l’avvocato Provenzano Francesco con l’avv. Bertolini Adolfo dal quale

è rappresentato e difeso giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno e Questore di Trento, dom.ti ex lege in Roma

via dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso il decreto 9.11.2010 del Giudice di Pace di Trento, n. 54/10

R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

8.06.2011 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE;

sentito il P.G., in persona del Sost.Proc.Gen. Dr. Libertino A. RUSSO

che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il cittadino pakistano N.A. pervenne nella Repubblica Ceca in data 19.9.2007 ed ivi presentò richiesta di protezione internazionale sull’assunto di essere soggetto a timori di persecuzione, unitamente alla propria famiglia di origine, perchè inviso al regime attualmente al potere in quel paese. Nella presunzione di non vedersi accogliere la richiesta dalle autorità ceche, il N. passò quindi in Italia ove presentò, in Trento, domanda di protezione internazionale. Sollecitata dalle autorità italiane alla ripresa in carico del N. da parte delle autorità della Repubblica Ceca ai sensi dell’art. 16, comma 1 del Reg. CE 343/2003, venne disposto il rientro dello stesso in detta Repubblica entro sei mesi, ma la Questura di Trento, acquisita una dichiarazione dell’interessato di rinuncia alla protezione internazionale e, avendo il N. impugnato innanzi al TAR la disposizione di rientro senza ottenere la chiesta sospensiva, con decreto 16.8.2010 procedeva alla adozione di decreto di espulsione dello straniero.

Lo straniero propose opposizione innanzi al Giudice di Pace che, con decreto 9.11.2010, la respinse sul rilievo della avvenuta rinunzia alla domanda di protezione internazionale e della genericità delle ipotesi di persecuzione in Pakistan dal N. affacciate.

Per la cassazione di tale decreto N.A. ha proposto ricorso con quattro motivi in data 7.1.2011 al quale ha resistito il Questore con controricorso 8.2.2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che il ricorso, fondati essendo il primo e terzo motivo, assorbito il secondo e inammissibile il quarto, debba essere accolto con la cassazione dell’impugnato decreto. Primo motivo: esso denunzia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3 per avere il GdP condiviso la opinione del Questore per la quale sarebbe rilevante la rinunzia alla domanda di protezione internazionale, nel mentre la valutazione degli effetti della pretesa rinunzia (peraltro contestata e revocata con il ricorso al TAR) competeva alla sola Commissione Territoriale. Secondo motivo: si lamenta violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, avendo il GdP mancato al suo dovere di valutare comunque quale ragione ostativa alla espulsione il fumus persecutionis lamentato. Terzo motivo: si lamenta la violazione delle norme del Reg. CE 343/2003 sulla presa in carico dell’asilante posto che il richiedente avrebbe dovuto essere soltanto allontanato ed accompagnato nella Repubblica ceca (ex art. 7 Reg. 1560/2003/CE) – stante la competenza di quelle autorità a valutare la permanenza dell’interesse alla protezione internazionale – e non certo espulso.

Quarto motivo: lamenta la inadeguatezza della motivazione del decreto a sostenere le ragioni sol confusamente esplicitate.

Va dunque premesso che resta assorbita nella pronunzia di accoglimento delle censure di cui al primo e terzo motivo quella esposta nel secondo mezzo essendo affatto irrilevante la questione del rapporto tra protezione richiesta-negata e inespellibilità ex art. 19 (sulla quale Cass. 26252 del 2009 e 824 del 2010), perchè nella specie non vi è stata alcuna corretta assicurazione della tutela principale essendo state violate (come appresso) proprio le norme procedimentali destinate ad assicurarla. E va anche premesso che è inconsistente la generica censura (quarto motivo) di inadeguatezza della motivazione in diritto posto che è invece assai chiaro il dictum del giudice del merito che ha ritenuto versasse in condizione di espellibilità lo straniero, già richiedente asilo, che avesse dichiarato il proprio disinteresse alla protezione internazionale (la cui cognizione avrebbe altrimenti fatto ostacolo alla espulsione).

Va quindi affermato che la così decisa e motivata convalida della espulsione è viziata da violazione di legge, posto che alla Autorità italiana che non avesse deciso di sostituirsi allo Stato competente nella decisione sulla domanda di protezione internazionale non spettava altra facoltà che quella di procedere ad attuare la ripresa in carico senza alcuna possibilità di delibare la fondatezza della domanda nè di apprezzarne il residuo interesse a coltivarla, tampoco in termini di confessione dell’interessato, ed essendo pertanto escluso che alla conclusione di tal fase valutativa potesse insorgere alcun potere di espulsione ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. B. Ed infatti:

– Lo Stato competente ad esaminare la domanda di asilo è individuato al capo 3 del Reg 343/2003/CE e nella specie era indiscutibilmente la Repubblica Ceca quale Stato di prima domanda dell’extracomunitario entrato irregolarmente (art. 5, comma 2 e art. 10, comma 1).

– Altro Stato membro – non competente – può nondimeno sostituirsi nell’esame della domanda pur pendente presso altro Stato membro, in tal caso divenendo competente ed essendo onerato della informazione a detto Stato (art. 3, comma 2).

– Nella specie il Questore di Trento era informato della pendenza della procedura di asilo presso la competente Repubblica Ceca ma non ha trasferito (accogliendo la richiesta dell’interessato) la domanda alla competente Commissione Territoriale italiana, in tal guisa procedendo, su direttive dell’Amministrazione Centrale alla sopra detta “sostituzione”: l’Amministrazione, invece, aveva già disposto la ripresa in carico delle Autorità della Cechia ai sensi dell’art. 16, comma 1, lett. C e con le modalità di cui all’art. 20. – La predetta scelta di avviare il procedimento di ripresa in carico si era anche tradotta in atti del Dipartimento del Ministero emessi in esecuzione del menzionato art. 20 (e nelle forme disciplinate dal Reg. 1560/2003/CE), avverso i quali il predetto N.A. aveva proposto impugnazione innanzi al TAR Lazio (che non aveva concesso la chiesta sospensione di efficacia).

– In questo quadro, l’acquisizione di una dichiarazione di rinunzia alla protezione internazionale non poteva avere alcuna efficacia escludente la cogenza della scelta ed adottata procedura di ripresa in carico, dovendo l’Autorità Italiana procedere alla sua sollecita esecuzione rimettendo all’Autorità competente anche la dichiarazione rilasciata, essendo infatti attribuzione dello Stato competente all’esame della domanda sia rigettarla per sopravvenuto disinteresse, sia procedere alla conseguente espulsione del richiedente dal proprio territorio nazionale.

– La valutazione da parte del Questore della predetta rinunzia quale condizione ostativa al completamento della procedura è dunque atto non legittimo sul piano dei rapporti interstatuali ed altrettanto illegittimo è il conseguente atto di riattivazione del potere espulsivo (che l’Autorità italiana non aveva ab origine e che non poteva unilateralmente ritenere insorto, valutando il rilievo assorbente di una irregolare presenza sul territorio).

Le considerazioni sopra rassegnate inducono quindi, in accoglimento degli indicati motivi del ricorso, ad accogliere il gravame, a cassare il decreto del Giudice di Pace ed a decidere nel merito – nessuna valutazione nè alcun accertamento essendo necessari – conseguentemente annullando la espulsione 16.8.2010 dei Questore di Trento.

Le spese del procedimento innanzi al GdP si compensano e quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e decidendo ex art. 384 c.p.c. accoglie l’opposizione alla espulsione ed annulla il decreto 16.8.2010 del Questore di Trento; compensa le spese del giudizio di merito e condanna la controricorrente Amministrazione a versare al ricorrente le spese del giudizio di legittimità, determinate in Euro 2.500 (di cui Euro 200 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2011

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