Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14554 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 15/07/2016, (ud. 10/05/2016, dep. 15/07/2016), n.14554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5208/2012 proposto da:

M.A.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA NOMENTANA 13, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCESCO

ULISSE, rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA VARESE;

– ricorrente –

EDISON SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DEI

PARIOLI 98, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO GIOVANNI POLLARI

MAGLIETTA, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

C.V., S.S., CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 3219/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 25/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELLA;

udito l’Avvocato VARESE Nicola, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato POLLARI MAGLIETTA F. Giovanni, difensore del

resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 27 febbraio 2006 M.A.C., proprietario di due unita’ immobiliari poste al quinto piano del Condominio (OMISSIS), conveniva in giudizio C.V. e S.S., proprietari di una unita’ immobiliare sita al sesto piano del medesimo stabile, nonche’ lo stesso Condominio, al fine di sentir accertato e dichiarato che la superficie condominiale contigua a quella dei convenuti e in possesso di costoro costituiva lastrico di copertura dell’appartamento dell’attore, indipendentemente dall’uso attuale dello stesso e che tale lastrico era, a norma dell’art. 1117 c.c., oggetto di proprieta’ comune dei diversi proprietari dei piani o porzioni di piano dell’edificio; domandava altresi’ che i convenuti fossero condannati al rilascio di tale lastrico solare in favore del Condominio.

I convenuti si costituivano in giudizio resistendo alle domande attrici; i coniugi C. domandavano di chiamare in causa la propria dante causa Edison s.p.a., gia’ Beni Immobili s.p.a., per essere garantiti dall’evizione.

La terza chiamata si costituiva opponendosi all’accoglimento delle pretese azionate dall’istante M..

Il Tribunale di Milano in data 22 aprile 2008 pronunciava sentenza con cui dichiarava la carenza di interesse ad agire dell’attore con riferimento alla domanda di accertamento e rigettava quella di rilascio.

Proponeva appello l’attore soccombente e, con sentenza depositata il 25 ottobre 2011, la Corte di appello di Milano respingeva l’impugnazione e condannava l’appellante al pagamento delle spese processuali nei confronti delle altre parti del giudizio. Rilevava il giudice distrettuale che corretta doveva ritenersi la pronuncia adottata dal tribunale con riferimento alle domande di accertamento, posto che si delineava, al riguardo, la carenza di interesse ad agire dell’appellante. Con riguardo alla domanda di rilascio, la corte di merito osservava che nel contratto con cui, in data 29 ottobre 1982, M.A.C. aveva acquistato il proprio immobile era bensi’ previsto che nella vendita fosse ricompreso l’uso esclusivo e perpetuo del terrazzo condominiale contiguo alla porzione; tuttavia gli appellati non avevano potuto acquistare alcun diritto, dal momento che l’atto di compravendita risultava successivo alla costituzione del condominio, che aveva avuto luogo in data 24 giugno 1982: sicche’ il diritto di godimento aveva ad oggetto una parte comune ex art. 1117 c.c., di cui la societa’ aveva perso la disponibilita’. La stessa corte distrettuale rilevava pero’ che in forza di quel titolo di acquisto i coniugi C. erano stati immessi, quali usuari, nel possesso esclusivo della terrazza: possesso che avevano esercitato pacificamente e continuativamente per piu’ di un ventennio. Ne ricavava che il diritto d’uso del lastrico era stato acquistato per usucapione.

Tale sentenza e’ stata impugnata per cassazione da M.A.C., che ha articolato il ricorso in due motivi. Resiste con controricorso Edison, che ha proposto una ricorso incidentale condizionato affidato a tre motivi. C.V., S.S. e il Condominio (OMISSIS) non hanno svolto attivita’ processuale in questa sede. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo lamenta un’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, oltre che una violazione dell’art. 2697 c.c., in tema di onere probatorio. Rileva il ricorrente che la corte di appello aveva osservato come l’affermazione dell’appellante secondo cui diversi condomini avevano nel tempo contestato il diritto preteso dei convenuti era rimasta sprovvista di prova, non essendo stata la parte attrice in grado di produrre documenti e di proporre istanze istruttorie dirette a dimostrare l’esistenza di condomini dissenzienti. Tale affermazione del giudice del gravame era pero’ sconfessata dalla produzione attuata dal Condominio (un verbale di assemblea del 18 aprile 2006), da cui si ricavava non solo la contestazione del diritto esercitato dai coniugi C., ma, altresi’, l’insussistenza del possesso esclusivo della terrazza da parte di questi ultimi. Inoltre dalle planimetrie allegate al regolamento del condominio emergeva che la terrazza in contestazione presentava due accessi fruibili per i condomini, mentre nessun collegamento pareva esistere, alla stregua di tale documento, tra l’area controversa e la proprieta’ degli intimati. Infine, la sentenza aveva violato il principio sancito dall’art. 2697 c.c., visto che non era stato provato il possesso continuato a base dell’eccezione di usucapione.

La censura non ha fondamento.

La Corte di appello ha ampiamente motivato in ordine al possesso ad usucapionem del lastrico solare. Dopo aver rilevato che il titolo di acquisto del 29 ottobre 1982 non poteva costituire in capo ai C. alcun diritto d’uso, dal momento che il lastrico solare costituiva all’epoca un bene condominiale, ha evidenziato che i medesimi odierni intimati, in forza di quel titolo di acquisto, erano stati immessi, seppure a non domino, nella disponibilita’ esclusiva della terrazza, osservando, poi, come il possesso conforme al diritto d’uso fosse stato esercitato pacificamente e continuativamente. Il giudice del gravame ha poi tratto conferma del possesso dal verbale di assemblea del 6 settembre 1983, che documentava la delibera di concessione in uso esclusivo del suddetto terrazzo: sebbene tale delibera non poteva infatti costituire alcun diritto sulle parti comuni – risultato per cui era necessario il consenso di tutti i condomini tale evenienza e’ stata ritenuta sintomatica dell’indisturbato esercizio del diritto di godimento che si era attuato fin dal momento dell’acquisto dell’immobile. Ancora: la corte distrettuale ha evidenziato che nel 1991 l’assemblea aveva preso atto dei lavori in muratura intrapresi dai coniugi C. sulla terrazza in questione. Ha inoltre osservato come l’area in questione fosse accessibile esclusivamente dalla proprieta’ dei convenuti.

Premesso che non e’ sindacabile, in questa sede, l’accertamento di fatto compiuto dal giudice del merito, va osservato che i suddetti argomenti compongono un impianto motivazionale congruo ed esauriente circa l’esercizio del possesso utile ai fini dell’usucapione.

Non vale obiettare che da alcune planimetrie che si assumono allegate al regolamento del condominio emergerebbe che la terrazza sarebbe accessibile solo dalla scala condominiale, e non dalla proprieta’ esclusiva dei C.. Non puo’ pretendersi infatti un nuovo accertamento di fatto su singole circostanze che si assumono rilevanti ai fini della definizione della controversia in atto.

Il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimita’ non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad essi sottesi, dando cosi’ liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011, n. 27197; in senso sostanzialmente conforme, Cass. 6 aprile 2011, n. 7921). Inoltre, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, e’ necessario un rapporto di causalita’ fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Pertanto, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilita’, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento e’ fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base (ex plurimis: Cass. 24 ottobre 2013, n. 24092; Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 21 aprile 2006, n. 9368).

Ne’ appare dirimente quanto dedotto dal ricorrente in ordine al dissenso manifestato da due condomini in ordine all’esercizio del possesso del lastrico e alla constatazione, da parte di uno di questi, della mancata occupazione dell’area di cui trattasi.

Anzitutto – come correttamente dedotto dalla controricorrente – qualora il ricorrente, in sede di legittimita’, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisivita’, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione (Cass. 16 ottobre 2007, n. 21621; Cass. 25 agosto 2006, n. 18506).

In secondo luogo, si osserva che le deduzioni formulate con riguardo ai suddetti elementi documentali non appaiono comunque concludenti. Per un verso, infatti, non esiste ragione che induca a consentire decisivo, nel complessivo quadro di risultanze cospiranti nel senso dell’esercizio del possesso, quanto affermato da un condomino in ordine a uno stato di fatto constatato in occasione di un unico accesso sul lastrico. Per altro verso, non si vede come il denunciato dissenso – che non si e’ tradotto in atti che abbiano interrotto l’esercizio del possesso – possa assumere rilievo ai fini dell’acquisto per usucapione. Infatti, ai fini della continuita’ del possesso, necessaria per l’acquisto a titolo di usucapione, quel che rileva e’ il comportamento del possessore, non gia’ la volonta’ contraria del proprietario (Cass. 9 ottobre 2003, n. 15092; Cass. 17 luglio 1998, n. 6997).

Infine, non si ravvisa la lamentata violazione della regola che presiede alla distribuzione dell’onere della prova.

La corte distrettuale ha basato la sua decisione sull’accertamento dell’esercizio del possesso e, d’altro canto, in tema di usucapione vige la presunzione, posta dall’art. 1142 c.c., della continuita’ del possesso stesso: pertanto, si determina un’inversione dell’onere della prova, non essendo il possessore tenuto a dimostrare la continuita’ del possesso, essendo onere della controparte, che neghi essersi verificata l’usucapione, provare l’intervenuta interruzione (Cass. 23 luglio 2010, n. 17322; Cass. 25 settembre 2002, n. 13921).

Il secondo motivo denuncia una violazione dell’art. 91 c.p.c. e una omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo. Lamenta il ricorrente che il Condominio era stato evocato in giudizio solo perche’ la sentenza fosse resa anche in contraddittorio con lo stesso, siccome proprietario del lastrico solare e beneficiario della richiesta restituzione. Nei confronti della detta parte, peraltro, non era stata svolta alcuna domanda. Inoltre il Condominio nella propria comparsa di risposta in appello si era integralmente rimesso alla decisione della corte distrettuale, e quindi non aveva resistito alla domanda di controparte. Con riguardo alla condanna alle spese in favore di Edison, osserva poi come quest’ultima fosse stata evocata in giudizio dai coniugi C. e che, essendosi rivelata infondata la domanda in garanzia proposta dai convenuti, su questi ultimi dovevano essere riversate le spese di giudizio affrontate da detta societa’. Ha infine aggiunto il ricorrente che la reciproca soccombenza delle parti avrebbe comunque giustificato una pronuncia di compensazione delle spese, perlomeno parziale, anche nei confronti dei coniugi C..

Per quel che concerne la posizione del Condominio, lo stesso, in fase di appello (quella che qui rileva, venendo in questione la pronuncia sulle spese processuali resa dal giudice del gravame che ha respinto l’impugnazione di M.A.C.), ha concluso per la conferma della sentenza di primo grado “solo con riguardo alle statuizioni alle spese” che lo riguardavano “e alle domande formulate da Edison che sono state rigettate e non impugnate”; ha chiesto inoltre di respingere qualsiasi altra domanda svolta nei propri confronti. Deve qui osservarsi che non vi erano domande proposte dall’appellante contro il Condominio e che, inoltre, la richiesta conferma della sentenza di primo grado, per essere limitata nel senso sopra indicato, non poteva certo intendersi come resistenza all’appello proposto da M..

Tutto cio’ induce a ritenere fondata la censura. Infatti, il principio della soccombenza, cui l’art. 91 c.p.c., collega il rimborso delle spese in favore della controparte (salvo l’esercizio del potere di compensarle, totalmente o parzialmente), trova fondamento nella sopportazione dell’onere relativo da parte del soggetto che, con le proprie domande o attraverso la resistenza a quelle altrui, abbia causato la lite: nel giudizio con pluralita’ di parti il giudice di merito deve indagare, a tal fine, sulla posizione assunta da ciascuna di esse, in relazione alla quale non puo’ ritenersi soccombente colui che, fra piu’ convenuti, non abbia formulato alcuna opposizione alla domanda, anche se abbia fatto presente determinate esigenze (Cass. 12 novembre 1993, n. 11195).

Infondata e’, invece, la deduzione secondo cui il ricorrente non debba rispondere delle spese sostenute da Edison, che era stata chiamata in causa dai convenuti in primo grado C. e S..

Le spese sostenute dal terzo, chiamato a titolo di garanzia impropria, vanno poste a carico del soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia, salvo che l’iniziativa del chiamante si riveli palesemente arbitraria (Cass. 2 aprile 2004, n. 6514; in senso conforme: Cass. 5 settembre 2005, n. 17770; Cass. 8 aprile 2010, n. 8363).

Cio’ posto, nella fattispecie per cui e’ causa, la palese arbitrarieta’ della chiamata in causa e’ da escludere, essendo pacifico che l’atto di acquisto dei coniugi C. contenesse una clausola che prevedeva la concessione in uso esclusivo agli acquirenti del lastrico per cui e’ causa: clausola che aveva tra l’altro indotto il giudice di prime cure ad escludere la natura condominiale della porzione in esame. Le considerazioni svolte dalla corte di merito per escludere l’opponibilita’ ai condomini della detta disposizione negoziale danno ragione dell’infondatezza della pretesa che i C. avanzavano nei confronti dei condomini stessi, ma non implicano di certo che la domanda di garanzia proposta dagli acquirenti dell’immobile nei confronti della loro dante causa fosse connotata da manifesta arbitrarieta’.

Quanto, poi all’assunto del ricorrente secondo cui ricorreva una situazione di reciproca soccombenza che avrebbe giustificato la compensazione delle spese di giudizio, e’ sufficiente osservare che la valutazione della opportunita’ della compensazione totale o parziale delle spese rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito, potendo essere denunciate in sede di legittimita’ solo violazioni del criterio della soccombenza (consistente nel divieto di condanna alle spese della parte che risulti totalmente vittoriosa), o liquidazioni che non rispettino le tariffe professionali, con obbligo, in tal caso, di indicare le singole voci contestate, in modo da consentire il controllo di legittimita’ senza necessita’ di ulteriori indagini (ex plurimis: Cass. 29 aprile 1999, n. 4347; Cass. 14 aprile 2000, n. 4818; Cass. 2 febbraio 2001, n. 1485; cfr. pure Cass. 4 luglio 2011, n. 14542). In particolare, poiche’ il sindacato della Corte di cassazione e’ limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, esula dai limiti commessi all’accertamento di legittimita’ e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunita’ di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e cio’ sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (Cass. 19 giugno 2013, n. 15317).

Il primo motivo di ricorso incidentale ha ad oggetto la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 163 c.p.c., nn. 3 e 4, art. 183 c.p.c. e art. 345 c.p.c., comma 1. La censura ha ad oggetto la tardivita’ della domanda, svolta dall’attore, di declaratoria di inefficacia del titolo di godimento dei coniugi C. proposta con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 5 e riproposta in appello. Si duole la controricorrente che la corte di merito aveva omesso di valutare l’eccezione di inammissibilita’ svolta da essa Edison, la quale aveva dedotto che detta domanda si fondava su una diversa causa petendi e su di un diverso petitum.

Il secondo motivo di ricorso incidentale lamenta un’omessa motivazione circa un fatto decisivo. Sostiene la controricorrente che l’assunto della corte di appello, per il quale il diritto di uso del lastrico solare non poteva essere efficacemente costituito esistendo gia’ un condominio risultava essere erroneo: e cio’ in considerazione dell’anteriorita’ del regolamento condominiale rispetto al perfezionamento del primo atto di compravendita dei singoli appartamenti. In conseguenza, ben avrebbe potuto la parte venditrice avvalersi della facolta’, ad essa riservata dal regolamento condominiale, di modificare la destinazione d’uso e di costituire diritti reali in favore dei singoli acquirenti sino a quando non fossero ultimate le operazioni di vendita del complesso edilizio.

Col terzo motivo di ricorso incidentale e’ denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c.. Ad essere censurata l’interpretazione data dal giudice dell’impugnazione all’art. 21 del regolamento condominiale:

interpretazione secondo cui Beni Immobili s.p.a. non si riservava alcun diritto dispositivo sulle parti comuni e, in deroga evidentemente a servitu’, vincoli o limitazioni posti dal regolamento, si riconosceva la facolta’ di variare la struttura, la destinazione e l’uso delle parti rimaste in sua proprieta’ esclusiva. A tal fine la controricorrente menziona due norme del regolamento condominiale e la planimetria del sesto piano dell’edificio: documenti da cui si doveva ricavare che l’originaria proprietaria si era riservata la facolta’ di costituire e attribuire nei diversi atti di compravendita degli immobili, successivi alla formazione del regolamento condominiale, servitu’ e diritti di uso esclusivo, oltre che di modificare le singole unita’ immobiliari, sia nella loro consistenza che nell’utilizzo.

I tre motivi risultano assorbiti, stante il rigetto del ricorso con riferimento alle statuizioni che interessano Edison. In conclusione, va accolto per quanto di ragione il secondo motivo del ricorso principale, rigettato il primo motivo e dichiarato assorbito il ricorso incidentale condizionato.

La sentenza e’ cassata e decidendo nel merito, in assenza di necessita’ di accertamenti di fatto, la Corte dichiara compensate le spese tra il ricorrente e il Condominio (OMISSIS); le spese del giudizio di legittimita’ seguono poi la soccombenza.

PQM

La Corte:

accoglie il secondo motivo del ricorso principale per quanto di ragione, rigetta il primo e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e, decidendo nel merito, compensa le spese di giudizio tra il ricorrente e il Condominio (OMISSIS); condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ in favore di Edison s.p.a., liquidandole in Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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