Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14553 del 12/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 12/06/2017, (ud. 22/12/2016, dep.12/06/2017),  n. 14553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13343-2014 proposto da:

P.R., nato a (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, V. COLLATINA 76, presso lo studio dell’avvocato EMILIANO

PUCCI, rappresentato e difeso dall’avvocato MODESTO FRANCESCO

LAFASCIANO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

INTESA SAN PAOLO S.P.A., (già SANPAOLO IMI S.P.A.) C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa dall’avvocato RAFFALELE DE LUCA TAMAJO, elettivamente

domiciliata presso il suo studio in ROMA Piazza Cavour 19, giusta

delega in atti;

BANCO DI NAPOLI S.P.A., (già SANPAOLO BANCO DI NAPOLI S.P.A. C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’avvocato RAFFALELE DE LUCA TAMAJO,

elettivamente domiciliata presso il suo studio in ROMA Piazza Cavour

19, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 873/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 17/05/2013 R.G.N. 2769/09;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/12/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO DE GREGORIO;

udito l’Avvocato GIUSEPPE MARZIALE per delega Avvocato MODESTO

LAFASCIANO;

udito l’Avvocato BENEDETTA GAROFALO per delega orale Avvocato

RAFFAELE DE LUCA TAMAJO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Bari rigettava con sentenza numero 873 del 19 febbraio 17 maggio 2013 il gravame interposto dal dr. P.R. contro BANCO di NAPOLI S.p.A.(già San Paolo Banco di Napoli S.p.A.) e contro INTESA SANPAOLO (già San Paolo IMI) S.p.A., avverso la pronuncia in data 14 aprile 2008 del giudice del lavoro di Trani, che aveva respinto le domande di cui al ricorso in data 15 dicembre 2005 (a seguito di precedente declaratoria di inammissibilità da parte dello stesso giudice), relative alle pretese dello medesimo P., volte ad ottenere il superiore inquadramento come funzionario di direzione dal 13 maggio 1991, in subordine come quadro super dal 13 maggio 1991 e di funzionario di direzione grado 70 con decorrenza dal 28 maggio 1996 (data in cui era stata affidata la direzione della filiale di (OMISSIS)), con la condanna altresì delle parti convenute al pagamento delle rispettive differenze retributive, oltre accessori.

Secondo la Corte distrettuale, in particolare, per quanto qui ancora di interesse, non sussisteva il vantato diritto, poichè l’attore non risultava preposto come titolare dell’agenzia, ma come sostituto del preposto, nè aveva svolto attività negoziale in nome e per conto della sua datrice di lavoro, e comunque perchè in ogni caso non aveva neanche allegato di avere svolto prevalentemente le asserite mansioni superiori. Quanto, poi, alla domanda relativa alla qualifica di quadro super, secondo la Corte, era prescritto il diritto, trattandosi di pretesa funzionale all’adeguamento retributivo, soggetta perciò alla sola prescrizione quinquennale. Per il resto, relativo ad ulteriori richieste della domanda subordinata, la stessa era inammissibile per carenza di materia del contendere ed in parte infondata.

P.R. ha impugnato la sentenza di appello con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui hanno resistito Intesa San Paolo S.p.A. e Banco di Napoli S.p.A. mediante un unico controricorso, eccependo tra l’altro l’improcedibilità del ricorso avversario, perchè non corredato dal c.c.n.l. integrale, oltre che l’inammissibilità del medesimo per difetto di autosufficienza e perchè riguardante apprezzamenti di fatto riservati al solo giudice di merito. Le sole controricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, è stata dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e ss., artt. 2077 e 2697 c.c., nonchè dell’art. 115 c.p.c., richiamando altresì il contratto collettivo nazionale di lavoro.

Gli assunti posti a sostegno della pronuncia di rigetto erano errati, così come errata era l’interpretazione fornita del disposto contrattuale, forse anche correttamente individuato, che di certo integrava fonte contrattuale superiore rispetto a quella del regolamento aziendale.

Esso ricorrente aveva infatti allegato l’esercizio, in via continuativa, dei poteri di rappresentanza e l’assegnazione, da parte datoriale, di compiti che, anche in ragione di espresse previsioni statutarie, non avrebbero potuto essere svolti se non da un funzionario. I compiti e le mansioni espletati erano attestati, inoltre, da copiosa produzione documentale e non erano stati contestati dalla controparte: dal maggio 1991 aveva svolto funzioni, gestito affari comportanti un effettivo esercizio di potere negoziale nei confronti di terzi in rappresentanza dell’azienda; aveva provato per tabulas lo svolgimento, non saltuario ed occasionale, di attività comportanti la spendita del nome della società convenuta e più in generale implicanti l’attribuzione di un potere di rappresentanza.

Tanto era stato dedotto con l’atto introduttivo del giudizio in ambiti, materie e competenze riservati, per espressa previsione statutaria prima e in base alle previsioni della contrattazione collettiva poi, a personale inquadrato nella categoria dei funzionari. Di conseguenza, era stato chiesto alla Corte territoriale di verificare – a prescindere dal ruolo attribuito all’istante, inizialmente come vice preposto e poi, dal 29 agosto 1996 come preposto all’agenzia di (OMISSIS) – che esso appellante aveva svolto attività comportanti l’esercizio di un potere di rappresentanza proprio del livello rivendicato.

Tra l’altro, in sede d’interrogatorio reso nel corso del giudizio, definito con declaratoria d’inammissibilità n. 1005/04, il rappresentante legale del Banco aveva dichiarato che a seguito di ristrutturazione, l’azienda aveva provveduto ad una diversa organizzazione che consentisse l’espletamento di mansioni prima svolte da funzionari anche da parte di figure diverse. Pertanto, ad esso P. già da maggio 1991 erano stati conferiti poteri esorbitanti da quelli propri del suo livello d’inquadramento: infatti, in data 28 maggio 1992 la Direzione Generale, preso atto della situazione di fatto venutasi a determinare e delle attività effettivamente svolte dal ricorrente, aveva tentato di porvi rimedio, rimarcando che in ragione del livello d’inquadramento gli fosse concessa la firma definitiva solo limitatamente alla emissione di vaglia e libretti di deposito a risparmio. Per contro, sin dal 13 maggio 1991, in ottemperanza alle disposizioni ricevute, egli aveva impegnato la Banca per la gestione degli affari correnti nelle modalità previste dallo Statuto e deliberate dal Consiglio di Amministrazione nelle sedute 1 e 9 luglio 1991. Fin dal maggio di quell’anno aveva posto in essere, unitamente ed alternativamente al preposto/funzionario, operazioni che per numero e continuità senza dubbio denunciavano l’attribuzione di un potere di rappresentanza esercitato in nome e per conto del Banco, nelle modalità previste dalla normativa interna. Riguardo alle attività, all’uopo elencate, non vi era stata contestazione da parte societaria “della vincolatività della firma apposta dal Dott. P. e della validità degli atti sottoscritti”; al contempo, la convenuta non aveva allegato, nè dimostrato, che di volta in volta fosse stata conferita una procura speciale di autorizzazione per la valida apposizione della firma agli atti, tenuto altresì conto di quanto previsto dagli artt. 25 e 26 dello Statuto, nonchè in relazione al periodo considerato, del potere di firma disciplinato dalla Delib. del consiglio di amministrazione 1 luglio 1991. Peraltro, il P. assumeva di aver esercitato il potere negoziale nei confronti dei terzi in rappresentanza dell’azienda anche con riguardo a esame e decisioni di sconto e accreditamento SBF di portafoglio, anticipi su fatture, finanziamenti per trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli ex L. n. 553 del 1981, richiamando altresì varie circolari appositamente diramante dalla banca.

Dunque, l’analisi della richiamata produzione documentale e l’assenza di qualsivoglia contestazione da parte resistente sulla effettività dell’esercizio del potere di rappresentanza aziendale avrebbe dovuto indurre a ritenere provato il rivendicato diritto al superiore inquadramento. Ed era evidente che per il numero e per la qualità delle attività allegate con il ricorso introduttivo, non vi poteva essere alcun dubbio sulla “prevalenza”: per contro, le resistenti avrebbero dovuto dedurre e provare quali altre diverse e prevalenti attività avesse egli svolto, non comportanti l’assunzione diretta di responsabilità, quali attività diverse da quelle negoziali, proprie della qualifica d’inquadramento, avesse svolto esso ricorrente.

A nulla poi rilevavano le previsioni di cui agli artt. 3 e 110 dell’accordo sindacale 28-29 dicembre 1988 per l’approvazione del regolamento del personale, “comunque versate in una fonte contrattuale di rango inferiore (con conseguente violazione dell’art. 2077 c.c.)”.

Invero, il ricorrente, ha dedotto di aver svolto, mentre era sostituto del preposto, compiti e mansioni ulteriori, propri del funzionario di direzione per espressa previsione statutaria.

A comprova, poi, dell’erroneità della motivazione della Corte, anche alla luce della nuova formulazione dell’art. 115 c.p.c. in ordine al valore probatorio dei fatti allegati da una parte e non specificamente contestati dall’altra, in ordine alla mancata deduzione, da parte dell’istante, della prevalenza dello svolgimento di compiti e mansioni afferenti la qualifica rivendicata, il ricorrente ha osservato che non era stata ammessa una richiesta istruttoria sebbene ritualmente articolata.

Ha, inoltre, dedotto la violazione del principio del contraddittorio per la mancata acquisizione del fascicolo relativo al giudizio n. 19033/98, definito con sentenza n. 1005/04, riguardo alla copiosa documentazione ivi prodotta ed all’ordine di esibizione invocato, di cui alle pagine 18/22 del ricorso introduttivo, riguardanti atti dí stretta pertinenza aziendale. Entrambe le richieste, però, erano state immotivatamente disattese dai giudici di merito.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente ha poi lamentato la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2946 e 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè dell’art. 112 c.p.c., riguardo alla suddetta domanda subordinata, laddove erroneamente era stata ritenuta la prescrizione quinquennale, anzichè quella ordinaria decennale, ricorrente, visto che l’accertamento era stato autonomamente richiesto dall’attore. Sussisteva, quindi, anche il vizio di omessa pronuncia in relazione a quanto effettivamente richiesto da parte attrice. D’altro canto, l’onere probatorio in ordine al requisito dimensionale, comportante la decorrenza della prescrizione in costanza del rapporto di lavoro relativamente al termine quinquennale di prescrizione, gravava sulla parte che opponeva l’eccezione. Nella specie, parte convenuta non aveva nemmeno chiesto di dimostrare la ricorrenza del necessario requisito dimensionale; nè la sentenza impugnata aveva motivato in ordine alla ricorrenza di elementi costitutivi della fattispecie estintiva invocata in proprio favore.

Con il secondo motivo, inoltre, il ricorrente ha criticato la sentenza laddove aveva ritenuto infondata la domanda relativa al riconoscimento della qualifica di funzionario di direzione grado 7^ con decorrenza dal 29-08-1996, data in cui era stata affidata la direzione della filiale di (OMISSIS), assumendo che il riferimento al regolamento, operato in sentenza anche per rigettare la richiesta di riconoscimento articolata in via gradata, era del tutto fuori luogo, dovendo trovare attuazione le fonti contrattuale a livello nazionale. Quindi, la controparte avrebbe potuto agevolmente sgomberare il campo da ogni dubbio, allegando quella declaratoria a livello contrattuale che indicasse compiti e mansioni, diversi e più ampi rispetto a quelli assegnati e svolti dal ricorrente, propri dell’inquadramento anelato. D’alto canto, la domanda trovava supporto, con una decorrenza delimitata, “anche (soltanto) nella assegnazione al ruolo di “preposto” alla Filale di (OMISSIS) (agenzia foranea di 2^ ctg., con decorrenza 29/8/1996) e, successivamente, di “preposto” all’ufficio Contabilità/Segreteria Amministrativa e Portafoglio Italia presso la “filiale capogruppo” di Bitonto, con decorrenza dal 15/12/1988 (doc. 19). Tale incarico veniva ricoperto dal Dott. P. dal 4/1/1999 al 6/10/2000. Su tali allegazioni, in punto di fatto e di diritto, la Corte territoriale non deduce nulla, pretermettendo completamente qualsiasi passaggio motivazionale…”.

Tanto premesso, le anzidette censure vanno disattese in forza delle seguenti considerazioni.

Ed invero, la Corte distrettuale, previa testuale riproduzione delle conclusioni contenute nel ricorso introduttivo del giudizio, depositato da parte attrice il 15 dicembre 2005, ha evidenziato come l’appellante abbia in effetti posto due differenti domande: la prima in via principale, di riconoscimento del diritto all’attribuzione del grado 7^ di funzionario di direzione a decorrere dal 13 maggio 1991 ed al relativo inquadramento nella corrispondente qualifica funzionale (funzionario di seconda categoria, secondo la vecchia classificazione, e quadro direttivo di 4^ livello, secondo l’attuale); l’altra, in via gradata, di riconoscimento del diritto all’attribuzione del grado e della qualifica di quadro super con decorrenza 13 maggio 19991, nonchè del grado e della qualifica di funzionario di direzione grado 7^, con decorrenza 29 agosto 1996, data in cui era stata affidata la direzione della filale di (OMISSIS) ad esso ricorrente.

La Corte di merito ha puntualizzato, altresì, in fatto come fosse pacifico che al P. era stata assegnata da maggio 1991 la funzione di “sostituto del preposto” presso l’agenzia di (OMISSIS), che era stata retta da funzionari di direzione 7^ grado; che in data 25-02-1992 aveva ricevuto il formale conferimento dell’incarico di sostituto del preposto alla filiale di (OMISSIS) nonchè l’inquadramento come quadro, con trattamento di quadro super; infine, che dal 29 agosto 1996 venne nominato preposto alla stessa filiale. Quindi, la sentenza de qua ha ritenuto infondata nel merito la domanda principale, atteso che la rivendicata superiore qualifica non comportava soltanto l’espletamento delle mansioni svolte unitamente al direttore allora in carica, ma proprio la responsabilità dell’agenzia cui il funzionario viene preposto, ossia l’espletamento di mansioni con potere di rappresentanza della banca in via continuativa e prevalente, secondo quanto previsto dalla riportata declaratoria del c.c.n.l. di settore (laddove in particolare si parla di svolgimento in via continuativa di funzioni e compiti inerenti all’effettivo esercizio di potere negoziale nei confronti dei terzi in rappresentanza dell’azienda stessa, con caratteri di autonomia e di discrezionalità, in via generale, nell’ambito definito dalla deleghe aziendali di poteri conferite al riguardo”. con facoltà di firma sociale in via continuativa – anche congiuntamente – in rappresentanza dell’azienda, escluse quindi le facoltà di firma non a carattere negoziale, ivi a titolo esemplificativo elencate, fermo restando poi quanto ai preposti a dipendenze comunque denominate, nei casi in cui il personale ivi adibito, oltre al capo, fosse costituito da almeno sei dipendenti, senza tener conto di quello ausiliario). Inoltre, veniva richiamato l’accordo sindacale del 28/29 dicembre 1988, secondo cui la qualifica ed il trattamento economico di quadro andavano attribuiti ai dipendenti di grado 8^ ruolo A della categoria amministrativa, assegnati tra l’altro al posto di lavoro come sostituto del preposto presso agenzie foranee di 2^ ctg. Dunque, secondo la Corte territoriale, era evidente come in base alla normativa richiamata le mansioni di funzionario fossero collegate al potere di rappresentanza speso in via continuativa, al potere negoziale ed alla preposizione alle dipendenze della banca, donde il necessario conferimento in via continuativa di tali poteri unitamente alla conseguente assunzione della responsabilità diretta ed in via continuativa dell’esercizio del potere di rappresentanza, negoziazione e preposizione ad altro personale.

Quindi, la sentenza d’appello ha evidenziato come fosse stato contestato lo svolgimento in via continuativa ed in misura prevalente delle attività, dedotte in ricorso, però senza allegarne la prevalenza rispetto alle mansioni corrispondenti alla qualifica posseduta, sia che il potere di firma riconosciuto avesse il valore del potere sociale previsto dalla disciplina contrattuale. Dunque, a parte le attività compiute unitamente al direttore, laddove quest’ultimo assumeva la necessaria responsabilità diretta, indispensabile per poter conseguire l’invocata qualifica di funzionario, quanto alle attività di rappresentanza, che si assumevano svolte “alternativamente al direttore”, mancava l’indefettibile requisito della prevalenza delle pretese mansioni superiori, ex art. 2103 c.c., neppure allegato e comunque contestato dalle società. Per giunta, l’anzidetto accordo sindacale di fine dicembre 1988 riconosceva espressamente la qualifica di quadro (non già quella invocata di funzionario/quadro direttivo 4^ livello) proprio al sostituto del preposto.

Pertanto, alla luce degli anzidetti accertamenti in punto di fatto, peraltro ampiamente motivati da parte dei competenti giudici di merito, non sussistono le violazioni e gli errori di falsa applicazione, ipotizzati dal ricorrente con la sua prima censura, laddove in sostanza si pretendono inammissibilmente in questa sede di legittimità nuove valutazioni e diversi apprezzamenti, ma non consentiti nell’ambito della c.d. critica vincolata ammessa ex art. 360 c.p.c.. In effetti, non risultano neppure trascurati, nè pretermessi fatti decisivi, rilevanti ex art. 360 cit., n. 5, specie poi dopo la riforma del 2012, sicchè pure eventuali carenze di motivazioni in proposito sono di per sè processualmente insignificanti, se non per evidenti e palesi manchevolezze (cfr. in part. Cass. sez. un. civ. n. 8053 del 7/04/2014: la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione soltanto l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. In senso conforme tra le altre v. Cass. S.U. n. 8054/2014, Sez. 6 – 3 n. 21257 – 08/10/2014, Sez. 6 – 3 n. 23828 del 20/11/2015).

Dunque, il primo motivo è inconferente in quanto si risolve in una critica nel merito degli accertamenti e conseguenti valutazioni compiuti dalla Corte barese, omettendo peraltro di confutare ritualmente ed in modo pertinente le argomentazioni dell’impugnata sentenza, per giunta senza neanche debitamente riprodurre (cfr. in part. l’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6) le norme d’interesse, dettate dal regolamento interno del Banco e poi dalla contrattazione collettiva, successivamente intervenuta.

Parimenti, inconferente appare l’ipotizzata violazione del principio del contraddittorio, contestualmente dedotta con il primo motivo, tenuto conto soprattutto che l’eventuale vizio sul punto sarebbe unicamente denunciabile come error in procedendo ex art. 360 c.p.c., n. 4, che ad ogni modo non si configura per il solo fatto della mancata ammissione di mezzi istruttori richiesti. Peraltro, non si vede per quale valida ragione l’attore si trovasse impossibilitato a produrre ritualmente e tempestivamente con il ricorso introduttivo la non meglio indicata copiosa documentazione depositata in occasione del precedente giudizio, però già definito con la menzionata precedente declaratoria d’inammissibilità del 17 giugno 2004. E parimenti generico appare il richiesto ordine di esibizione di atti di stretta pertinenza aziendale, trattandosi ad ogni modo di attività istruttorie superflue alla luce di quanto acclarato dalla Corte di merito circa la mancata allegazione di effettiva attività di rappresentanza negoziale, in nome e per conto della società datrice di lavoro, prevalentemente svolta dall’interessato, omessa allegazione di prevalenza invero non efficacemente, nè specificamente confutata dal ricorrente.

Analogamente, appaiono infondate le doglianze relative al rigetto della domanda proposta in via subordinata. Ed invero, la Corte di Appello, come si evince dal complesso della motivazione svolta da pag. 11 a pag. 13 della gravata pronuncia, per il primo periodo maggio 1991/febbraio 1992, ha ritenuto la prescrizione quinquennale della mera pretesa creditoria sul punto azionata, limitatamente alle differenze retributive, visto che il primo atto interruttivo utile risaliva al 19-02-1998 (ricorso introduttivo del giudizio definito con la sentenza n. 1005/04), laddove anche la domanda di accertamento del diritto al superiore inquadramento era funzionale alla rivendicazione delle connesse differenze retributive, sicchè, essendo stato il diritto al superiore inquadramento rivendicato solo in via strumentale per ottenere l’adeguamento retributivo alle effettive mansioni, il diritto fatto valere restava soggetto alla disciplina di cui all’art. 2948 c.c..

Orbene, sul punto il ricorrente apoditticamente afferma che il ricorso depositato il 19-21998 aveva ad oggetto le medesime richieste azionate in questo procedimento, però ex novo instaurato, a seguito della declaratoria d’inammissibilità in data 17-06-2004, con ulteriore ricorso del 15-12-2005, senza tuttavia minimamente riportare le conclusioni formulate con il primo, che ad ogni modo non consta essere stato ritualmente depositato, per quanto invece richiesto dall’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6 nonchè art. 369 c.p.c., n. 4 (nell’ultimo alinea a pg. 18 del ricorso, laddove vengono frammentariamente riportate le conclusioni non si precisa l’atto introduttivo ivi menzionato: se quello del 1998 o quello del dicembre 2005; inoltre, l’elenco dei documenti prodotti a pagina 21 è assolutamente sommario, menzionando in particolare sub 3) i fascicoli dei precedenti gradi del giudizio con la documentazione di cui all’indice, perciò in netto contrasto con le rigorose prescrizioni invece occorrenti a norma delle succitate disposizioni di rito – v. in part. l’art. 366, comma 1, n. 6: specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda).

Del tutto inconferente risulta, altresì, il richiamo al provvedimento datoriale del 25-021992, non soltanto perchè lo stesso non è stato debitamente riprodotto, al fine di una sua eventuale portata ricognitiva con conseguente effetto interruttivo, ma anche in quanto pure in tal caso l’interruzione non avrebbe ugualmente prodotto effetti rilevanti, poichè la prescrizione avrebbe iniziato nuovamente a correre da tale momento.

D’altro canto, del tutto nuova risulta la quaestio facti relativa al requisito dimensionale, che invero soltanto con l’attuale ricorso risulta dedotta. Del resto, avuto riguardo alle notorie vastissime dimensioni aziendali del Banco di Napoli, già istituto di credito di diritto pubblico, all’epoca diffuso sull’intero territorio nazionale e non solo, con migliaia di dipendenti, è ovvio che sia stata ritenuta la stabilità reale del posto di lavoro, con conseguente possibile decorrenza della prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c. già in costanza di rapporto, laddove sarebbe invero quasi grottesco ipotizzare il contrario.

Dunque, appaiono inammissibili le doglianze di parte ricorrente per quanto concerne la ritenuta prescrizione quinquennale di diritto azionato, in via subordinata, relativamente al periodo maggio 1991/febbraio 1992. E parimenti va detto riguardo al successivo arco temporale sino al 29 agosto 1996, laddove la Corte distrettuale ha rilevato la mancanza di materia del contendere, avendo l’istante ottenuto in data 25-02-1992 l’inquadramento come quadro unitamente al formale conferimento dell’incarico di sostituto del preposto alla filale di (OMISSIS). Sul punto manca in effetti alcuna specifica e pertinente impugnazione da parte ricorrente.

Quanto, poi, al terzo periodo, relativo alla domanda in via gradata per il riconoscimento della qualifica di funzionario di direzione – grado settimo, con decorrenza 29-08-1996, la Corte territoriale, previo esame della contrattazione collettiva di riferimento (c.c.n.l. 1912-1994 per il personale delle aree professionali dalla prima alla quarta), osservava in particolare che appartenevano alla quarta area, con riferimento al secondo livello retributivo, in via esemplificativa le attività svolte da preposti a dipendenze (filiale o agenzia) qualora nella stessa fossero stabilmente assegnati almeno cinque elementi compreso il titolare. Di conseguenza, visto che la filiale, cui era stato preposto l’istante, aveva sei lavoratori addetti, l’inquadramento riconosciuto era assolutamente congruo alla funzioni di preposto. Nè peraltro l’appellante aveva indicato norme in contrasto con l’anzidetta disposizione contrattuale, così da poter riconoscere un diverso inquadramento delle funzioni rivendicate.

Per contro, appaiono del tutto inconferenti le varie ed ulteriori doglianze del ricorrente, peraltro carenti di autosufficienza anche laddove inerenti ad un non meglio riportato art. 4 del c.c.n.l. 1995, mentre quanto al secondo incarico presso la filiale di (OMISSIS), ricoperto dal 4 gennaio 1999 al sei ottobre 2000, la circostanza non trova esatta corrispondenza nelle conclusioni rassegnate con il ricorso introduttivo del 15 ottobre 2005 (cfr. in part. il punto 2, in subordine… accertare il diritto al grado e alla qualifica di grado super con decorrenza 13-05-1991 e di funzionario di direzione grado 7^ con decorrenza 29-08-1998, data in cui veniva affidata la direzione della filiale di (OMISSIS)).

Pertanto, anche in relazione al 2^ motivo di ricorso, non si rileva alcuna omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. sulle domande proposte da parte della Corte di merito, investita con l’interposto gravame, tale da poter integrare la correlativa nullità della sentenza qui impugnata ex art. 360 c.p.c., n. 4.

Per il principio della soccombenza le spese vanno poste a carico del ricorrente, tenuto altresì come per legge al versamento dell’ulteriore contributo unificato.

PQM

 

la Corte RIGETTA il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida a favore delle società controricorrenti in complessivi Euro 4000,00 (quattromila/00) per compensi professionali ed in Euro cento/00 per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2017

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