Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14551 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 26/05/2021, (ud. 11/01/2021, dep. 26/05/2021), n.14551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLETTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (c.f. (OMISSIS)) in persona del Direttore pro

tempore rappresentata e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale

dello Stato, nei cui uffici in Roma via dei Portoghesi 12 è

domiciliata;

– ricorrente –

contro

R.E. (c.f. (OMISSIS)) rappresentata e difesa dall’avv. Cappellu

Stefano (avvocatostefanocappellu.pec.giuffre.it) nel cui studio in

Isernia via Umbria in B/ 24 ha eletto domicilio;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 358/17 della COMMISSIONI TRIBUTARIA REGIONALE

del MOLISE depositata in data 27.06.2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11.01.2021 dal Consigliere Relatore Dott. RUSSO

RITA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – R.E. ha impugnato l’avviso di liquidazione di imposta di registro riferita ad un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso in suo favore dal Tribunale di Isernia, deducendo la errata quantificazione dell’imposta di registro e comunque la illegittimità della pretesa per intervenuto accordo e cioè una transazione con espressa rinuncia all’azione giudiziale avvenuta in epoca precedente alla notifica dell’avviso di liquidazione. Il giudice di primo grado ha parzialmente accolto il ricorso e riconoscendo che l’imposta di registro si applica nella misura dell’1% poichè il decreto ingiuntivo è fondato su una scrittura privata di riconoscimento di debito. Ha proposto appello l’Agenzia, che la CTR del Molise, con sentenza depositata in data 27.6.2017, ha respinto, ritenendo che al decreto ingiuntivo in quanto atto a contenuto meramente dichiarativo di un preesistente rapporto giuridico si deve applicare l’aliquota dell’1%, con ciò richiamando un precedente di questa Corte (n. 16829/2008).

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia affidandosi a un motivo. Si è costituita resistendo con controricorso la contribuente. La causa è stata trattata alla adunanza camerale dell’11 gennaio 2021.

Diritto

RITENUTO

Che:

3. – Con il primo motivo del ricorso, la parte lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 22 e 37 e dell’art. 8 della tariffa. Deduce che ai fini della tassazione è stata considerata la condanna contenuta nel decreto ingiuntivo che ingiungeva il pagamento di Euro 940.000,00, applicando tale importo l’aliquota del 3 come previsto dalla tariffa, e che il presupposto impositivo ai fini dell’imposta di registro si realizza per il semplice fatto che il decreto ingiuntivo sia munito di esecutorietà senza che acquisti rilevanza se il decreto stesso sia stato portato a esecuzione o meno. Per quanto attiene alla natura dell’atto, deduce che la CTR ha travisato il principio espresso dalla Corte di cassazione nella sentenza 16829/2008, che, come meglio si desume dalla lettura della motivazione piuttosto che della massima, si riferisce alla tassazione della ricognizione di debito, in quanto atto enunciato nel decreto ingiuntivo, e non al decreto ingiuntivo stesso.

Il motivo è fondato.

L’art. 8 della tariffa, parte prima, prevede la tariffa percentuale del 3% per: “Gli atti dell’autorità giudiziaria ordinaria e speciale in materia di controversie civili che definiscono, anche parzialmente, il giudizio, compresi i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti di aggiudicazione e quelli di assegnazione, anche in sede di scioglimento di comunioni, le sentenze che rendono efficaci nello Stato sentenze straniere e i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali: a) … omissis … b) recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura”.

La norma è intrepretata da questa Corte nel senso che: In tema di imposta di registro, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, parte prima, art. 37 ed art. 8, comma 1, lett. b), allegata al medesimo D.P.R., i decreti ingiuntivi esecutivi sono soggetti ad imposizione nella misura proporzionale del 3% (salvo conguaglio in base a successiva sentenza passata in giudicato), indipendentemente dal rapporto giuridico ad essi sottostante. (Cass. 17808/ 2(117; Cass. n. 21821/2020).

Per quanto riguarda invece gli atti enunciati nel decreto ingiuntivo, ne è possibile la separata tassazione, utilizzando la aliquota corrispondente, in applicazione del principio, affermato da questa Corte nella sentenza citata dalla CTR ed in altre, che se in un atto sono enunziate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti intervenute, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, comma 1, l’imposta di registro si applica anche alle disposizioni enunziate (Cass. 32516/2019; Cass. 22230/2015; Cass. 25705/2020) quindi errato la CTR a ritenere che si debba applicare la tariffa dell’1% poichè non è stata sottoposta a imposizione la scrittura privata contenete la ricognizione di debito, bensì il decreto ingiuntivo fondato su quella scrittura.

La controricorrente assume che si è formato un giudicato interno perchè il giudice di primo grado ha accolto parzialmente il ricorso dando atto della transazione intervenuta (con l’ex marito) con la rinuncia al decreto ingiuntivo, con la conseguenza che si tassava con aliquota 10”o solo il rapporto sottostante.

L’eccezione è infondata atteso che l’Agenzia afferma esplicitamente in ricorso che sin dal primo grado ha impostato la sua difesa sulla affermazione che le vicende successive alla pronuncia del decreto ingiuntivo (id est transazione) sono irrilevanti. Di ciò ha dato atto anche la CIR, che nella sentenza impugnata riassume ed enuncia i motivi di appello, in particolare il motivo n. 3 con il quale l’Agenzia censura la sentenza di primo grado affermando che il presupposto impositivo è costituito dall’emissione del decreto ingiuntivo, senza che rilevi il rapporto sottostante e le vicende successive riguardanti il perfezionamento di un accordo transattivo. Anche nel ricorso per cassazione l’Agenzia ribadisce questa linea difensiva, deducendo che il decreto ingiuntivo si tassa per il solo fatto che sia munito del visto di esecutività senza che rilevi se è stato portato o meno ad esecuzione.

Peraltro, la controricorrente parte deduce che è intervenuta una transazione con rinuncia all’azione giudiziale, ma non afferma nè dimostra che si tratta di una transazione opponibile all’Agenzia, ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37 (art. 37). In ogni caso, anche ove la transazione fosse opponile alla Agenzia ciò rileverebbe solo al fine del conguaglio o rimborso (v. Cass. n. 3687/2016) e non influisce sulla legittimità dell’atto impositivo

Ne consegue, in accoglimento del ricorso la cassazione della sentenza impugnata e non essendo necessari accertamenti in fatto può decidersi nel merito, rigettando l’originario ricorso della contribuente.

Le spese del doppio grado del giudizio di merito possono essere compensate e le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della controricorrente e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso del contribuente e condanna parte controricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300,00 oltre rimborso spese prenotate a debito. Compensa le spese del doppio grado di merito.

Così deciso in Roma, camera di consiglio da remoto, il 11 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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