Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14550 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 26/05/2021, (ud. 11/01/2021, dep. 26/05/2021), n.14550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

C.M.A., (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in Roma, piazza Adriana 15, presso lo studio dell’avv. Francesco

Ferrazza, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (c.f. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4180/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO depositata in data 27 giugno 2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del dal Consigliere Relatore Dott. RITA RUSSO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.-. C.M.A., Notaio in Roma, ha impugnato l’avviso di liquidazione imposta di registro (notificato nel 2012) per un atto stipulato in data (OMISSIS) con il quale una società di factoring (Factorit s.p.a.) ha retrocesso alla P. s.p.a. il credito precedentemente ad essa ceduto pro solvendo (contratto ai rogiti Notaio Pe. (OMISSIS)), per la impossibilità di riscuotere il credito entro la data pattuita. Deduce che erroneamente l’Agenzia ha configurato l’operazione come cessione non rientrante nel campo dell’applicazione dell’IVA e applicato l’imposta di registro proporzionale; secondo il Notaio, invece, l’atto è da registrare ad imposta fissa, in quanto operazione di finanziamento rientrante in ambito IVA (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 2). Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso. Il giudice di secondo grado ha accolto l’appello dell’Agenzia secondo la quale il secondo contratto (retrocessione del credito) sarebbe autonomo dal primo (finanziamento) e che dalla lettura del contratto in esame non si rileva il richiamo alle condizioni generali che disciplinano il factoring nè il riferimento al pagamento di un eventuale commissione; la CTR aderisce a tale interpretazione rilevando che “non essendovi più alcun riferimento al pagamento di una commissione e non essendovi nessuna condizione che produca i suoi fletti al verificarsi dell’evento”, la fattispecie si inquadra nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3, lett. a), (operazione non IVA).

2.- Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione il Notaio, affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia.

La causa è stata trattata alla adunanza camerale dell’11 gennaio 2021.

3.- Con il primo motivo del ricorso la parte lamenta la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4), per assoluta carenza della motivazione, in violazione dell’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., e art. 118 disp. att. c.p.c.. Deduce che la CTR si sarebbe limitata a descrivere il contratto di factoring omettendo di fornire una motivazione specificamente afferente alla fattispecie.

Il motivo è infondato.

La vicenda, come ricostruita dalle parti e nella sentenza impugnata, prende mosse da un contratto rogato dal notaio Pe. ((OMISSIS)) con il quale la società P. ha ceduto un proprio credito ad una società di factoring questo contratto è stato assoggettato a imposta di registro in misura fissa quale operazione finanziaria rientrante in ambito IVA. Con un secondo contratto, ai rogiti del Notaio C., quello la cui tassazione è in contestazione, il credito è stato retrocesso alla società P.. L’agenzia non contesta che il primo contratto sia da qualificare come factoring (operazione in ambito IVA) ma ritiene che il secondo, contratto sia autonomo, e non rientri in ambito IVA. Questa tesi è stata recepita dal giudice d’appello, il quale ha interpretato il contratto in esame ritenendo che il mancato riferimento al pagamento di una commissione e ad una condizione che produca i suoi effetti al verificarsi dell’evento impedisce la qualificazione del contratto come operazione rientrante in ambito IVA. Non si tratta quindi di una motivazione priva di connessione la concreta fattispecie perchè il giudice d’appello ha ritenuto dirimente ai fini della qualificazione del contratto, in conformità all’operato della Agenzia, gli elementi sopra indicati. Se poi gli elementi evidenziati dalla CTR siano o meno, come deduce la ricorrente “privi di concreta filmina giuridica per la decisione” non è questione di nullità per omessa motivazione, ma semmai violazione di norme di diritto, censura esposta al motivo secondo.

4.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 21 e 40, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 1). La parte deduce che è corretta la qualificazione della fattispecie data dal giudice di primo grado e cioè che, trattandosi originariamente di un finanziamento contro cessione pro solvendo di un credito, anche il secondo contratto è strutturalmente legato al primo. Qualificato l’originario negozio tra le parti come factoring il regolamento di interessi, ancorchè articolato in due diversi atti, ha unitarietà giuridica costituendo il secondo l’epilogo del primo; poichè i due atti sono “congiunti e indivisibili” anche il secondo atto (cioè quello ai rogiti della ricorrente Notaio C.) doveva essere tassato in misura fissa ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 2, n. 3), trattandosi di una unica operazione rientrante in ambito IVA.

Il motivo è fondato, nei termini di cui appresso.

4.1.- Si deve premettere che l’interpretazione del contratto resa dal giudice di merito può essere sindacata in sede di legittimità nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale (Cass., n. 14355/2016; Cass., n. 2465/2015).

Si deve altresì premettere che a una pluralità di rogiti, tra le stesse parti, non sempre corrisponde una pluralità di rapporti giuridici; è ben possibile infatti che per disciplinare un unico rapporto giuridico o per rimuovere le incertezze sulle vicende del medesimo si renda necessario stipulare più atti, ad esempio per inserire modifiche al contratto originario, ovvero per dare atto dell’avverarsi di una condizione, per accertare e riconoscere un effetto estintivo, per regolare restituzioni e rimborsi.

Il giudice deve indagare la comune intenzione delle parti muovendo dal testo del contratto e tenendo presente che le clausole si interpretano l’una per mezzo delle altre (artt. 1362,1363 c.c.); ciò significa che il giudice di merito non si può esimere da una lettura complessiva del contratto, in particolare quando talune clausole sono essenziali per comprendere la natura del contratto o comunque della operazione posta in essere dalle parti. La ricorrente lamenta che il giudice d’appello non abbia dato rilievo a quella parte del contratto (trascritta in ricorso) ove si fa esplicito riferimento al precedente contratto di finanziamento tra le parti. Poichè la questione rilevante è se il contratto tassato abbia per oggetto un rapporto di finanziamento (factoring) che essendo in astratto soggetto ad IVA, non sconta l’imposta proporzionale di registro (Cass. n. 29385/2019), le clausole contrattuali devono scrutinarsi in riferimento agli aspetti salienti del contratto di factoring e della cessione di credito, poichè questi sono i due istituti che vengono in evidenza nel primo e nel secondo contratto.

4.2- Il contratto di factoring presenta una serie di varianti e clausole differenziate in relazione alle particolari esigenze dei contraenti, ma il suo nucleo fondamentale e costante è costituito da un accordo in forza del quale un’impresa specializzata, il factor, si obbliga ad acquistare oppure acquista la totalità o parte dei crediti di cui un imprenditore è o diventerà titolare; il factor paga i crediti ceduti secondo il loro importo nominale decurtato di una commissione che costituisce il corrispettivo dell’attività da esso prestata; il factor può acquistare i crediti pro soluto (assumendosi il rischio dell’insolvenza dei debitori) o pro solvendo; in caso di mancata esazione dei crediti – se e stata convenuta, come ordinariamente prevede la L. 21 febbraio 1991, n. 52, art. 4, la garanzia della solvenza del debitore – il fornitore e tenuto al rimborso delle anticipazioni ricevute oltre le spese di, gestione e le relative commissioni per l’opera prestata (Cass. n. 16850/2017; Cass. n. 10004/2003Cass., n. 684/2001; Cass. n. 9875/2020).

La cessione di credito è quindi lo strumento formale adoperato nel contratto di factoring con la particolarità che la garanzia della solvenza del debitore è eventuale nella disciplina codicistica della cessione, mentre costituisce un naturale negotii del factoring secondo quanto dispone la L. n. 52 del 1991, art. 4; ma pur tuttavia la disciplina fondamentale di questo strumento rimane identica, in particolare, se il cessionario – factor si avvale della garanzia di solvenza, si produce la risoluzione della cessione ed il cedente – fornitore riacquista la piena titolarità del credito, mentre il factor può chiedere la restituzione dell’anticipo versato (Cass. 2746/2007).

Da ciò consegue che il rilevo dato dalla CTR nella interpretazione del secondo rogito alla mancata previsione di una commissione e alla mancanza di una “condizione che produca i suoi effetti al verificarsi dell’evento” non è dirimente. Pur se il corrispettivo è un elemento essenziale per poter ritenere la prestazione rientrante in ambito IVA, e quindi applicare il principio della alternatività tra IVA e registro (v. Cass. n. 29385/2019), ove il secondo rogito non fosse altro che un atto meramente ricognitivo del prodursi della condizione risolutiva già prevista nel primo (il mancato incasso), anche il secondo atto parteciperebbe della stessa natura del primo. Si sarebbe cioè in presenza di un unico contratto in cui la mancata esazione del credito produce un effetto risolutivo e quindi determina la restituzione del credito insoluto al cedente (formalizzata nel secondo contratto).

Questo il tema di indagine che la CTR non ha approfondito, violando le regole ermeneutiche del contratto; deve però precisarsi che questa indagine va compiuta, ai fini che qui interessano e cioè l’imposta di registro, nel rigoroso rispetto del D.P.R. n. 131 del 1086, art. 20, e cioè “sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo”; ciò però non toglie che si possa indagare sul collegamento tra il primo e il secondo atto (rispettivamente ai rogiti del Notaio Pe. e del Notaio C.) nei limiti in cui lo consente l’atto oggi sottoposto a tassazione, posto che come si evince dalla sua parziale trascrizione, in esso è contenuto un espresso richiamo al rogito del (OMISSIS) e al suo contenuto (la cessione di credito dalla Holding P. spa alla Factorit s.p.a.).

Ne consegue, in accoglimento del secondo motivo del ricorso, rigettato il primo, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il secondo ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio da remoto, il 11 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

 

 

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