Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1455 del 23/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1455 Anno 2014
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: DE CHIARA CARLO

ORD INANZA
a ANZA
sul ricorso 5642-2013 proposto d
MAGUE BLESSING WGUBSS86A59Z335T, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE CARSO 23, presso lo studio
dell’avvocato SALERNI ARTURO, rappresentato e difeso
dall’avvocato MIRAGLIA RAFFAELE giusta procura a margine del
ricorso;

– ricorrente contro
MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585;

– intimato avverso la sentenza n. V.G. 93/2012 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA del 30/11/2012, depositata il 27/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA;

82.58

Data pubblicazione: 23/01/2014

è presente il P.G. in persona del Dott. CARMELO SGROI.
PREMESSO
La sig.ra Blessing Uwague, cittadina nigeriana, il 23 agosto 2010
ricorse avverso il diniego di protezione internazionale pronunciato nei
suoi confronti dalla competente commissione territoriale. Il Tribunale

sussidiaria ai sensi dell’art. 14, lett. c), d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251.
La Corte d’appello della stessa città ha accolto il reclamo del
Ministero dell’Interno, negando anche detta forma di protezione alla
reclamata. Dato atto che quest’ultima sosteneva di essere cattolica e
vedova di un musulmano ucciso in scontri tra opposte fazioni religiose
e di essere fuggita dal proprio paese per sottrarsi alle violenze dei
familiari del suo defunto marito, che minacciavano di sottrarle i figli, la
Corte ha osservato che, secondo la stessa prospettazione della
reclamata, il rischio del danno grave per la sua incolumità non era
ricollegabile alla situazione di violenza indiscriminata sussistente in
Nigeria in conseguenza di conflitti politico-religiosi, bensì alla sua
specifica situazione personale, collegata al matrimonio con un uomo di
religione musulmana.
La sig.ra Uwague ha proposto ricorso per cassazione articolando
quattro motivi di censura, cui l’amministrazione intimata non ha
resistito.
CONSIDERATO
1. — Con il primo motivo di ricorso si sostiene che la Corte
d’appello avrebbe dovuto rilevare d’ufficio l’inammissibilità del
reclamo. Secondo la ricorrente, applicandosi la disciplina processuale
introdotta dal d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, l’impugnazione — ossia
l’appello — avrebbe dovuto essere proposta con citazione e il relativo
termine di decadenza sarebbe stato interrotto soltanto dalla notifica
Ric. 2013 n. 05642 sez. MI – ud. 22-10-2013
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di Bologna accolse parzialmente il ricorso riconoscendole la protezione

della stessa; nella specie, invece, il reclamante aveva proposto reclamo
con ricorso (depositato il 5 luglio 2012), seguendo il rito previgente,
con la conseguenza che aveva poi atteso la fissazione dell’udienza e
aveva quindi notificato ricorso e decreto di fissazione dell’udienza il 31
agosto 2012, oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla

avvenuta il 26 giugno 2012.
1.1. — Il motivo è infondato perché nella specie non si applica il
nuovo rito introdotto dal d.lgs. 150 del 2011, avendo il giudizio avuto
inizio, come detto, il 23 agosto 2010, prima dell’emanazione del
richiamato digs. (cfr. art. 36 d.lgs. cit.).
2. — Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 14,
lett. c), d.lgs. n. 251 del 2007 e vizio di motivazione, si censura
l’esclusione del nesso causale tra la posizione della ricorrente e la
situazione di conflitto esistente nel suo paese d’origine.
2.1. — Il motivo è inammissibile perché non contiene una critica
chiara e specifica, secondo i moduli della violazione di legge o del vizio
di motivazione, rivolta alla ratio della decisione della Corte d’appello sul
punto in questione (attribuzione, cioè, secondo la stessa ricorrente,
della necessità di protezione al conflitto con la famiglia del marito e
non alla situazione di violenza indiscriminata regnante in Nigeria), ma
indugia in considerazione di puro merito sottratte al sindacato di
questa Corte.
3. — Con il terzo motivo si deduce omissione di pronuncia
essendosi la Corte d’appello soffermata esclusivamente sulla ragione di
protezione sussidiaria riconosciuta dal Tribunale, ossia quella di cui alla
lett. c) dell’art. 14 d.lgs. n. 251 del 2007, trascurando del tutto di
verificare l’eventuale inquadramento dei fatti dettagliatamente narrati

dalla ricorrente, da quest’ultima sollecitato sia nel primo che nel
Ric. 2013 n. 05642 sez. M1 – ud. 22-10-2013
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comunicazione della sentenza di primo grado (art. 702 quater c.p.c.)

secondo grado del giudizio, in una delle fattispecie di cui alla lett. a) o,
soprattutto, alla lett. b) dell’art. 14, cit.
3.1. — Il motivo è fondato, essendo effettivamente la sentenza
impugnata priva di qualsiasi valutazione in ordine alla configurabilità di
queste ultime fattispecie.

richiesta subordinata di protezione umanitaria, è assorbito
dall’accoglimento del terzo (e la richiesta in questione resta ovviamente
impregiudicata nel giudizio di rinvio).
5. — La sentenza impugnata va in conclusione cassata con rinvio
al giudice indicato in dispositivo, il quale provvederà anche sulle spese
del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, dichiara
inammissibile il secondo, accoglie il terzo, dichiara assorbito il quarto;
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte
d’appello di Bologna in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 22 ottobre
2013.

4. — Il quarto motivo, con cui si deduce l’omessa pronuncia sulla

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