Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14548 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 26/05/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 26/05/2021), n.14548

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13934/2018 R.G. proposto da:

T.P., con gli avv.i Cigliano Francesco e Gatti Francesca, con

domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via degli

Scipioni n. 132

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il

Veneto – Venezia n. 214/02/18, pronunciata il 22 gennaio 2018 e

depositata il 21 febbraio 2018, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04 novembre

2020 dal Cons. Fracanzani Marcello M..

 

Fatto

RILEVATO

1. Il contribuente era oggetto di controllo fiscale per l’anno d’imposta 2009. L’Ufficio avviava così il contraddittorio con il ricorrente, rilevando che le spese sostenute nell’anno 2009 risultavano apparentemente incompatibili con il reddito dichiarato. In particolare venivano contestate delle operazioni di compravendita di azioni, oltre alla cessione di quote sociali elencate in due inviti a comparire. Il contribuente replicava ai rilievi mossi dall’Amministrazione finanziaria precisando, rispetto all’acquisto di azioni, che alcuna somma a titolo di corrispettivo era stata versata nel corso del 2009.

L’Amministrazione tuttavia rideterminava sinteticamente il reddito, all’uopo notificando in data 22.12.2010 l’avviso di accertamento con cui recuperava a tassazione il maggior reddito IRPEF, oltre ad addizionali regionali, interessi e sanzioni.

2. Il contribuente adiva così il Giudice di prossimità ove contestava sia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, sia l’art. 7 Statuto del contribuente onde stigmatizzare il difetto di motivazione dell’avviso notificato. Lamentava poi la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 per essere stato l’avviso di accertamento emesso in difetto dei presupposti per la determinazione sintetica del reddito. Costituitasi l’Amministrazione finanziaria, la CTP accoglieva il gravame ritenendo che l’atto impugnato difettasse dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto sottese all’accertamento, essendo peraltro mancata anche la contestazione sulla documentazione fornita dal contribuente.

3. Insorgeva con ricorso in appello l’Amministrazione finanziaria deducendo il rispetto del procedimento previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, eccependo che il contribuente non era stato convocato non avendo la memoria prodotta introdotto alcun elemento utile e precisando che l’avvio di accertamento indicava con chiarezza tutte le circostanze di fatto e le ragioni di diritto sottese alla rideterminazione del reddito, essendo stati indicati gli atti che avevano condotto alla quantificazione di Euro 468.976,00. Replicava il contribuente, contestando gli assunti dell’appellante e chiedendo il rigetto.

4. La CTR accoglieva il gravame promosso dall’Ufficio e, in riforma dell’impugnata sentenza, decretava la legittimità dell’avviso di accertamento emesso perchè recante le giustificazioni ad esso sottese e perchè alcuna prova contraria circa l’esistenza delle disponibilità necessarie agli acquisti delle azioni era stata fornita dal contribuente, così dimostrando, peraltro, la natura simulata del negozio (di acquisto).

Ricorre per la cassazione della sentenza il contribuente che svolge tre motivi di ricorso, cui resiste l’Avvocatura con tempestivo controricorso. In prossimità dell’udienza la parte privata ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

2. Con il primo motivo di doglianza il ricorrente deduce la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4.

2.1. Segnatamente il contribuente censura la sentenza sotto il profilo della nullità in ragione della sua motivazione, meramente apparente e quindi tamquam non esset, essendo caratterizzata da un insanabile contrasto tra le sue premesse e le sue conclusioni.

Afferma che sulla scorta della motivazione resa, e cioè il richiamo agli elementi indicati nell’avviso e da cui risulterebbero di piana evidenza le disponibilità necessarie all’acquisto delle azioni, non sarebbe possibile comprendere come la CTR abbia potuto confermare la natura simulata dell’atto di acquisto delle azioni. Un tanto giacchè l’avviso di accertamento per la rideterminazione del reddito presuppone le maggiori spese effettuate dal contribuente, mentre la natura simulata del negozio, al contrario, presuppone che alcun pagamento sia stato effettuato.

Il motivo è fondato e meria accoglimento.

2.2. Questa Corte ha statuito, anche con arresti recenti, che il vizio di motivazione meramente apparente ricorre quando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata. Ne consegue che va tacciata di nullità non solo la sentenza che sia formalmente priva della motivazione (sebbene sia questa più un’ipotesi scolastica), ma anche la decisione che presenti un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o quella che presenti una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Parimenti deve essere oggetto di declaratoria di nullità anche la sentenza che, a causa della motivazione – appunto “solo apparentemente” – resa, non è in grado di consentire la comprensione del ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice per giungere alla decisione assunta (cfr Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 20414 del 2018; Cass. n. 21257 del 2014).

2.3. Ciò premesso, il vizio della motivazione apparente inficia la sentenza impugnata posto che non è dato comprendere come dalle premesse da cui ha preso spunto il ragionamento la CTR, ossia l’erogazione di spese fondate sulle disponibilità finanziarie asseritamente risultanti ictu ocuti dall’avviso, possa giungersi alla conclusione di confermare un negozio simulato, come tale di contenuto diverso da quello di compravendita contestato, e che invece presuppone che non vi sia stata alcuna dazione di denaro. La motivazione offerta dalla CTR è dunque meramente apparente perchè è inidonea a far comprendere il percorso logico-giuridico che il Collegio di secondo grado ha seguito sia per attribuire al negozio di compravendita di azioni la natura di un contratto simulato, sia per ritenere fondata la contestazione di un maggior reddito in ragione della disponibilità di somme non versate.

3. Con il secondo motivo di ricorso il contribuente si duole dell’illegittimità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, già oggetto di discussione tra le parti, nonchè ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6.

Il contribuente censura la sentenza impugnata poichè, in riforma della decisione di primo grado, ha affermato che l’avviso di accertamento indicava, oltre al valore di Euro 468.976,00, anche le motivazioni relative (e sottese) alla rideterminazione del reddito. Dopo aver riportato il contenuto dell’avviso di accertamento, e a dimostrazione della fondatezza del motivo, il ricorrente ha stigmatizzato il fatto di aver messo in evidenza, già nella fase del contraddittorio preventivo, di non aver mai affrontato alcun esborso per l’acquisto delle azioni nel corso dell’anno 2009, precisando altresì di aver fornito la prova documentale di tale contestazione mediante esibizione dell’atto (rectius: quello di acquisto, assunto dall’Ufficio a fondamento della rideterminazione del reddito) e da cui non risulterebbe alcuna quietanza di pagamento per l’anno 2009: ivi il contribuente si era invero impegnato a corrispondere il quantum dovuto in due tranche, una nel corso del 2010 e la seconda nel 2011. In buona sostanza, e pur a fronte di un negozio di compravendita da cui non risulterebbe alcuna dazione di denaro, l’Ufficio avrebbe comunque dato per assodato il pagamento delle somme.

Il contribuente censura così la sentenza impugnata per aver omesso l’esame di tale fatto storico (i termini di pagamento così come risultanti dall’atto di acquisito). Lamenta poi anche la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 poichè la rideterminazione del reddito non può prescindere dalla effettiva erogazione di una spesa, non avvenuta nel caso di specie.

3.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo.

4. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l’illegittimità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e della L. n. 212 del 2000, art. 7.

Il contribuente si duole del fatto che la CTR avrebbe errato nel riformare la sentenza resa dal Giudice di prossimità tenuto conto che solo quest’ultimo aveva stigmatizzato l’operato dell’Ufficio per non aver fornito un atto di contestazione sulla documentazione offerta dal contribuente e per non aver indicato le ragioni di fatto e di diritto sottese all’avviso di accertamento. Afferma, in particolare, di aver evidenziato, già durante il contraddittorio procedimentale, la mancata erogazione della spesa nel corso del 2009 per l’acquisto delle azioni e di aver ribadito tale circostanza anche in sede di ricorso di primo grado. Avrebbe dunque errato la CTR a riformare la sentenza impugnata poichè, così statuendo, avrebbe ignorato l’obbligo gravante sull’Ufficio di motivare gli atti tributari ai sensi dell’art. 7 Statuto del contribuente (secondo cui la motivazione deve essere assunta in base alle risultanze dell’istruttoria a termini della L. n. 241 del 1990, art. 3) e di rispettare il diritto ad una piena difesa, comunque spettante al contribuente. Ma più di tutto avrebbe ignorato il fatto che il contribuente aveva, da un lato, riconosciuto una minor spesa di Euro 135.643,00 e dall’altro aveva invece contestato la maggior spesa di Euro 333.333,00 relativa al preteso acquisto di azioni.

4.1. Il motivo di ricorso è assorbito dall’accoglimento del primo.

Conclusivamente, il ricorso va accolto per le ragioni attinte dal primo motivo e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR che provvederà sia ad una nuova valutazione delle questioni di merito, fornendo adeguata e congrua motivazione, sia alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale per il Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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