Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14547 del 09/07/2020
Cassazione civile sez. I, 09/07/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 09/07/2020), n.14547
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo A. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12366/2019 proposto da:
O.A., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la
Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso
dall’Avvocato Massimo Rizzato, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso il decreto n. 2736/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato
il 01/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
23/06/2020 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.
Fatto
RITENUTO
che:
O.A., nato in (OMISSIS), propone ricorso per cassazione con un mezzo avverso il decreto del Tribunale di Venezia che ha respinto la domanda di protezione internazionale proposta del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, già denegata dalla Commissione territoriale. Il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.
Il ricorrente aveva narrato di essere fuggito perchè non aveva voluto accettare di aderire al gruppo cultista degli (OMISSIS), dopo la morte del padre che ne aveva fatto parte.
Il Tribunale ha ritenuto che le ragioni esposte in merito all’allontanamento dalla Nigeria non erano credibili, rimarcando la contraddittorietà e la genericità ed implausibilità di quanto riferito, sia dinanzi alla Commissione che dinanzi al giudice relatore.
Ha, quindi, escluso, stante anche la non credibilità del suo racconto, la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non ravvisando persecuzioni per motivi di razza, religione, opinioni politiche o appartenenza ad un gruppo sociale, e della protezione sussidiaria, non ritenendo che ricorresse, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), il rischio grave di morte o di assoggettamento a trattamenti inumani e degradanti, e non ravvisando – sulla scorta dell’esame delle fonti accreditate – sulla scorta dell’esame delle fonti accreditate (EASO 2018, ACCORD 2017) – una situazione di violenza generalizzata nella regione del Paese di provenienza del richiedente, tale da porre in pericolo la vita di un civile a cagione della sua presenza nel territorio dello Stato, rilevante ex art. 14, lett. c) della stessa Legge; infine, ha negato la protezione umanitaria, non avendo il ricorrente dimostrato la ricorrenza di una situazione personale di vulnerabilità specifica.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, lett. a), artt. 7 e 14, avendo il decidente disatteso le dispiegate richieste, ancorchè la vicenda narrata dal ricorrente fosse, a suo parere, “risultata credibile e ben circostanziata”.
Il motivo è da reputarsi pregiudizialmente inammissibile poichè, pur appellandosi ad un’apparente violazione di legge, si risolve in una contestazione del tutto generica a fronte del fatto che il Tribunale ha escluso la ricorrenza delle condizioni per far luogo al riconoscimento delle misure richieste sul rilievo della non credibilità dei fatti narrati, in particolare rimarcando che il ricorrente non apparteneva ad una classe sociale elevata, tra cui gli (OMISSIS) reclutavano i loro adepti, ed aveva riferito di non aver mai partecipato ad un rituale degli stessi; a fronte di tale valutazione, il motivo, per come formulato, non esterna alcuna doglianza specifica, tanto meno una doglianza riconducibile alla categoria dell’errore di diritto, onde esso contravviene al requisito della specificità dei motivi di ricorso per gli effetti preclusivi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.
2. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensive del resistente.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).
PQM
– Dichiara inammissibile il ricorso;
– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2020