Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14547 del 04/07/2011

Cassazione civile sez. I, 04/07/2011, (ud. 10/05/2011, dep. 04/07/2011), n.14547

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – rel. Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18920/2008 proposto da:

D.L.S. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 227, presso l’avvocato IASONNA

Stefania, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DI NOVARA S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), in persona del

Presidente del Consiglio di Amministrazione pro tempore,

elettivamente domiciliata In ROMA, VIA ANAPO 20, presso l’avvocato

RIZZO CARLA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

EMANUELE PALMIERI, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI, BANCA POPOLARE DI

VERONA E NOVARA S.C.A.R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 692/2008 del TRIBUNALE di NOLA, depositata il

27/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/05/2011 dal Presidente Dott. LUIGI ANTONIO ROVELLI;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato CARLA RIZZO che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Trattasi di ricorso proposto da D.L.S. avverso la sentenza depositata il 27 marzo 2008 dal Tribunale di Nola, reiettiva del ricorso da essa proposto avverso (per quanto oggi ancora interessa) la Banca Popolare di Novara, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 152. Il giudice del merito ha ritenuto priva di fondamento la pretesa risarcitoria fatta valere sull’assunto che la Banca avrebbe violato le disposizioni concernenti il trattamento dei dati personali allorchè aveva comunicato al di lei padre la sofferenza del conto corrente da essa intrattenuto presso la Banca, perchè – pur avendo essa ricorrente ed il proprio padre, avallante, rilasciato un vaglia cambiario alla Banca a garanzia della restituzione di un prestito personale della D.L., per lo smobilizzo di qualsiasi credito che, in qualsiasi momento la Banca vantasse verso la stessa – ciò autorizzava la Banca stessa a far valere la cambiale, ma non a comunicare (al padre avallante) le movimentazioni del proprio conto corrente.

E ciò ad avviso del Tribunale perchè le comunicazioni inviate dalla Banca all’avallante, con le quali si comunicava la disdetta già comunicata alla D.L. da tutti i rapporti in essere con la Banca e il saldo debitore residuale sul conto corrente costituiscono il necessario presupposto per far valere verso il genitore la garanzia personale sul debito della figlia.

Avverso detto ricorso la D.L. proponeva ricorso per cassazione affida due motivi di ricorso. Resisteva, con controricorso, la Banca intimata. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, deducendosi violazione del D.Lgs. n. 196 del 2003, artt. 7 e 11, si assume che la violazione delle norme sul trattamento dei dati personali da parte degli Istituti di credito discendono direttamente dalla comunicazione a soggetti estranei al rapporto di conto corrente delle informazioni sullo stato del conto, in assenza di ogni manifestazione di consenso da parte della titolare del conto, potendo la Banca agire verso l’avallante senza comunicargli le movimentazioni del conto.

Con il secondo motivo, deducendosi vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, si contesta che, dalla dicitura apposta sul vaglia cambiario potesse dedursi che la Banca era legittimata a comunicare all’avallante i dati attinenti al rapporto di conto corrente della garantita, avendo essa banca il potere di azionare comunque il vaglia offerto in garanzia.

Il ricorso è inammissibile per la mancata formulazione dei quesiti di diritto previsti dall’art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis alla fattispecie processuale) in relazione ai motivi fondati sul vizio di violazione di legge. Ma anche per la doglianza di vizio di motivazione, il ricorso è ugualmente privo dei requisiti formali di cui al citato art. 366 bis, sulla base dell’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sent. 18 giugno 2008 n. 16528) alla cui stregua la censura mossa alla sentenza oggetto di ricorso per vizio di motivazione “deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) costituente una parte del motivo che si presenti a ciò specificatamente e riassuntivamente destinata, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera di non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità”.

Alla reiezione del ricorso consegue la condanna della ricorrente alla refusione delle spese liquidate come da dispositivo, alla controparte.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente a rifondere alla controparte le spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 1.770,00 di cui Euro 1.500,00 per onorari di avvocato oltre ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2011

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