Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14545 del 09/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/06/2017, (ud. 15/02/2017, dep.09/06/2017),  n. 14545

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29027/2015 proposto da:

A.R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GERMANICO 96, presso lo studio dell’avvocato BRUNO TAVERNITI,

rappresentata e difesa dall’avvocato FIORENZO CIERI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

sul ricorso 29032/2015 proposto da:

A.R.M., nella qualità di socia accomandataria della

società Pierrò di A.R. & C. S.a.s., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 96, presso lo studio

dell’avvocato BRUNO TAVERNITI, rappresentata e difesa dall’avvocato

FIORENZO CERI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

per il ricorso n. R.G. 29027/15 avverso la sentenza n. 792/6/2015

della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di L’AQUILA, SEZIONE

DISTACCATA di PESCARA, depositata il 29/07/2015; per il ricorso n.

R.G. 29032/15 avverso la sentenza n. 795/6/2015 della COMMISSIONE

TRIBUTARIA REGIONALE di L’AQUILA, SEZIONE DISTACCATA di PESCARA,

depositata il 29/07/2015; udita la relazione delle cause svolte

nella camera di consiglio non partecipata del 15/02/2017 dal

Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

La CTR dell’Abruzzo – sezione staccata di Pescara – con sentenza n. 792/6/15, depositata il 29 luglio 2015, non notificata, rigettò l’appello proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Chieti, dalla sig.ra A.R.M., avverso la sentenza della CTP di Chieti, che aveva a sua volta rigettato il ricorso della contribuente avverso avviso di accertamento per IRPEF per l’anno 2008, a seguito della rideterminazione del reddito da partecipazione societaria, conseguito ad accertamento analitico induttivo nei confronti della società “Pierrò di A.R.M. & C. S.a.s.” a mezzo di avviso di accertamento, notificato alla società, che aveva accertato maggiori ricavi non dichiarati da quest’ultima per il medesimo anno d’imposta.

L’impugnazione proposta a sua volta dalla società avverso l’avviso di accertamento ad essa notificato fu del pari rigettata dalla CTP di Chieti, restando quindi detta pronuncia confermata con sentenza della CTR dell’Abruzzo – sezione staccata di Pescara – n. 795/6/15 a seguito di appello proposto dalla contribuente, rimasta soccombente in primo grado.

Avverso la prima pronuncia ricorre per cassazione la sig.ra A. in proprio.

Analogo ricorso è proposto nei confronti della seconda sentenza dalla sig.ra A., nella qualità di legale rappresentante pro-tempore dell’anzidetta società.

Ciascun ricorso è affidato a due motivi di identico tenore.

Preliminarmente la Corte dispone la riunione del giudizio recante il n. RG 29032/2015 a quello contraddistinto dal n. RG 29027/2015, stante l’unitarietà, sul piano sostanziale, della controversia tra ciascuna parte e l’Amministrazione finanziaria.

Con il primo motivo ciascuna parte ricorrente si duole delle sentenze rispettivamente impugnate, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento all’omesso invito al previo contraddittorio prima della notifica degli avvisi di accertamento aventi come destinatari le parti private.

Il motivo è manifestamente infondato.

Trattandosi di accertamento c.d. a tavolino, è fuori luogo il richiamo di ciascuna parte ricorrente alla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, la n. 18184 del 29 luglio 2013, così come non pertinente è il riferimento ai principi affermati in tema di preavviso d’iscrizione ipotecaria dalle sentenze delle Sezioni Unite di questa Corte nn. 19667 e 19668 del 18 settembre 2014, avendo chiarito, più di recente, le stesse Sezioni Unite, con la sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823, che un obbligo generale di contraddittorio, la cui violazione comporti la nullità dell’atto, al di fuori dei casi in cui sia la stessa legge a sanzionare detta omissione con la previsione della nullità, sussiste unicamente riguardo ai tributi armonizzati e purchè il contribuente enunci in concreto le ragioni che avrebbe inteso far valere al fine di valutare la natura non meramente pretestuosa dell’opposizione (più di recente si vedano ancora Cass. sez. 6-5, ord. 26 maggio 2016, n. 10903; Cass. sez. 6-5, ord. 31 maggio 2016, n. 11283; Cass. sez. 5, 3 febbraio 2017, n. 2875; Cass. sez. 6-5, ord. 3 febbraio 2017, n. 3012).

A ciò consegue che l’atto impositivo notificato alla socia, con il quale si contestava alla contribuente il maggior reddito da partecipazione societaria, vertendo in tema di imposte dirette, alla stregua del principio di diritto dinanzi richiamato, non soggiace ad alcun obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale.

Relativamente all’avviso di accertamento notificato alla società, ove l’atto concerne anche la ripresa a tassazione della maggiore IVA dovuta, va osservato come la sentenza impugnata abbia sostanzialmente valutato la deduzione della società della scelta di ricorrere a mutui per l’anno di riferimento proprio per restare sul mercato, come inidonea a scalfire la gravità, concordanza ed univocità degli elementi valutati dall’Ufficio, nell’ambito di una valutazione di evidente antieconomicità gestionale, con ripetute perdite di esercizio, giustificativa del ricorso all’accertamento induttivo.

Il giudice di merito, ha quindi, in fatto, già compiuto la valutazione, come pretestuosa, della giustificazione addotta dalla società che, viceversa, nella prospettazione di quest’ultima, avrebbe dovuto ritenersi impeditiva dell’accertamento in via induttiva dei maggiori ricavi stimati dall’Ufficio.

Con il secondo motivo ciascuna parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Premesso che non risulta del tutto chiara la stessa formulazione di ciascun motivo – che, da un lato, richiama la censura di cui al motivo precedente e dall’altro si riferisce invece alle valutazioni compiute dal giudice tributario d’appello in punto di sufficiente motivazione dell’atto impositivo ed alla sussistenza delle condizioni legittimanti l’accertamento induttivo nei confronti della società – appare corretto il rilievo della difesa erariale secondo cui, pur nella formale denuncia di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, con le considerazioni svolte parte ricorrente abbia inteso in realtà sollecitare alla Corte un apprezzamento dei fatti di causa diverso da quello della CTR, ciò che è noto, è precluso in sede di legittimità (cfr. tra le molte, Cass. sez. 1, 30 marzo 2007, n. 7972; Cass. sez. 2, 4 giugno 2014, n. 12574; Cass. sez. 5, 1 aprile 2016, n. 6348; cass. sez. 6-5, ord. 20 gennaio 2017, n. 1436).

Ciascun ricorso va dunque rigettato per manifesta infondatezza.

Le spese dei giudizi riuniti di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

La Corte, riunito al presente giudizio quello recante il n. RG 29032/15, rigetta i ricorsi e condanna ciascuna parte ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese dei giudizi di legittimità riuniti, che liquida in Euro 2500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di ciascuna ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contribuito unificato pari a quello dovuto per i ricorsi rispettivamente proposti, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2017

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