Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14543 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 26/05/2021, (ud. 02/10/2020, dep. 26/05/2021), n.14543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 4935/2014 proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12.

– Ricorrente –

Contro

S.M., rappresentato e difeso dall’avv. Maurizio Di

Salvo, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Corrado

Marinelli in Roma, piazza dell’Orologio n. 7.

– controricorrente –

Avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale

dell’Abruzzo n. 151/3/13 depositata il 16/12/2013.

Udita la relazione del Consigliere Dott. Catello Pandolfi nella

camera di consiglio del 2/10/2020.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR dell’Abruzzo n. 151/3/13 depositata il 16/12/2013.

La vicenda trae origine dalla notifica dell’avviso di accertamento per l’anno 2005, in esito ad attività del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, notificato il 22/10/2010 per il recupero di Euro 75.000,00 per l’anno d’imposta 2005, nei confronti di S.M., operante nella settore della compravendita e locazione di immobili.

Nel corso dell’indagine, l’Ufficio aveva rilevato che il contribuente aveva ceduto ai sigg. L.M. e L.G. un locale commerciale in Martinsicuro al prezzo dichiarato di Euro al mq. 1.1.29,00 per complessivi Euro 70.000,00. Prezzo che veniva ritenuto incongruo, a seguito della comparazione con una vendita di un locale avente identica destinazione commerciale, nello stesso comune ed a breve distanza di tempo, per Euro al mq.3.170,73.

Emergeva inoltre che l’acquirente, L.M., in prossimità dell’acquisto, aveva a più riprese prelevato dal suo conto corrente Euro 127.000,00, desumendo che quei prelievi erano finalizzati al pagamento del prezzo per l’acquisto del locale. Tal che, detratta l’IVA di Euro 7.000,00, riteneva l’Ufficio che la somma realmente riscossa dal S. fosse stata di Euro 120.000,00.

Inoltre, nel prosieguo della verifica, i verificatori avevano effettuato, del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, comma 1, controlli su conti correnti del contribuente e della moglie, rilevando, dall’esame della movimentazione, che l’importo di Euro 25.100,00 risultava non giustificato e, pertanto, presumevano si trattasse di ricavi non contabilizzati.

Scaturiva, quindi, l’avviso di accertamento in parola, per il recupero di Euro 75.000,00, di cui 50.000 quale differenza sul prezzo della vendita del locale e ed Euro 25.000,00 quali ricavi non contabilizzati.

Il contribuente opponeva l’atto impositivo e la CTP di Teramo accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo l’importo dei ricavi non contabilizzati e confermava il prezzo dichiarato di vendita del locale commerciale.

L’Ufficio appellava la decisione, contestando la riduzione della somma ascritta a ricavi non contabilizzati e riproponeva le deduzioni in base alle quali riteneva maggior prezzo di vendita del locale. Nello stesso giudizio si costituiva il S. con controricorso ed appello incidentale.

La CTR rigettava l’appello principale ed accoglieva parzialmente l’appello incidentale, riducendo ulteriormente l’importo della somma ascritta a ricavo non contabilizzato.

L’Ufficio impugna con un solo motivo in riferimento all’art. 360 c.p., n. 4.

Si è costituito il contribuente con controricorso e memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

In primo luogo, va respinta l’eccezione del controricorrente secondo cui il ricorso aveva omesso di indicare la procura (ndr: testo originale non comprensibile) all’Avvocatura Generale dello Stato.

L’eccezione è infondata in base alla giurisprudenza di questa Corte che ha più volte affermato che “In tema di contenzioso tributario, l’Avvocatura dello Stato, per proporre ricorso per cassazione in rappresentanza dell’Agenzia delle Entrate, deve avere ricevuto da quest’ultima il relativo incarico, del quale, però, non deve farsi specifica menzione nel ricorso, atteso che l’art. 366 c.p.c., n. 5, inserendo tra i contenuti necessari del ricorso “l’indicazione della procura, se conferita con atto separato”, fa riferimento esclusivamente alla procura intesa come negozio processuale attributivo dello “ius postulandi”, peraltro non necessario quando il patrocinio sia assunto dall’Avvocatura dello Stato e non invece al negozio sostanziale attributivo dell’incarico professionale al difensore” (Sez. 5, Ordinanza n. 23865 del 29/10/2020).

Tanto premesso:

L’ufficio aveva chiesto, con appello principale, che il giudice regionale, oltre a riesaminare l’importo, qualificato come “ricavi non dichiarati”, emerso dall’indagine bancaria, esaminasse e valutasse anche la fondatezza delle presunzioni in base alle quali aveva ritenuto che il prezzo di vendita del locale dovesse fissarsi in 120.000 Euro.

Viceversa, la CTR aveva incentrato il suo esame, esclusivamente sul primo aspetto senza prendere in esame l’altro, riguardante la circostanza che avevano indotto l’Ufficio ad attribuire un maggior prezzo riscosso per la vendita del negozio.

Ne discende, pertanto, l’infondatezza dell’eccezione pure sollevata dal resistente di inammissibilità del ricorso perchè l’Amministrazione aveva riferito la doglianza all’art. 360, n. 4, laddove in realtà il motivo di ricorso avrebbe dovuto essere ricondotto all’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5. Infatti, l’Amministrazione censurava proprio che la CTR avesse mancato di decidere su uno dei due profili che caratterizzavano la vertenza e che costituivano ciascuno una autonoma area di cognizione. Per cui “l’omessa pronunzia da parte del giudice di merito integra un difetto di attività che deve essere fatto valere dinanzi alla Corte di cassazione attraverso la deduzione del relativo “error in procedendo” e della violazione dell’art. 112 c.p.c., non già con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, giacchè queste ultime censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza (e non è il caso in esame) e l’abbia risolta in modo giuridicamente scorretto ovvero senza giustificare o non giustificando adeguatamente la decisione resa. (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 329 del 12/01/2016). Pertanto, la ricorrente aveva correttamente dedotta la sua doglianza.

In particolare, il giudice regionale aveva omesso di esaminare:

a) la circostanza dei prelievi bancari effettuati da L.M., per un totale di Euro 120.000,00, in prossimità dell’acquisto del locale;

b) la comparazione dell’acquisto, nel marzo del 2005, del locale oggetto del presente ricorso, con altro avvenuto, nel luglio dello stesso anno, sito nel medesimo comune di Martinsicuro, stessa frazione, medesima via e con identica destinazione commerciale. Il primo locale alienato, come detto, al prezzo dichiarato di Euro 1.129,00 al mq., pari ad Euro 70.000,00; il secondo al prezzo di Euro 3.170,73 al mq, per complessivi Euro 130.000,00.

Tali circostanze, in base alle quali l’Ufficio giustificava l’accertamento del maggior provento dalla cessione del locale del S., sono state partitamente esposte nell’appello, il cui stralcio, per autosufficienza, è inserito nel corpo del ricorso in esame.

La CTR avrebbe dovuto vagliarne la portata e, in caso negativo, esplicitare le ragioni della ritenuta insufficienza, ovvero, in caso positivo, esigere dall’altra parte, l’assolvimento dell’onere di prova contraria

La motivazione della decisione rende, invece, palese la totale omissione di siffatto esame. Ed, infatti, essa si esaurisce nell’esplicitare le ragioni per le quali il Giudice regionale aveva ritenuto giustificati i movimenti di danaro, rilevati dagli accertatori sui conti correnti del contribuente e della moglie, F.G., tranne che nella misura, ulteriormente ridotta rispetto al primo grado, di Euro 6.500,00. Mancando del tutto di pronunciarsi sulla restante componente della pretesa tributaria.

Nè potrebbe ritenersi che il rigetto dell’appello incidentale, quanto alla domanda di accertamento del maggior prezzo di vendita del negozio, fosse motivato per relationem, cioè mediante richiamo a quanto statuito al riguardo dal primo giudice, posto che la motivazione del giudice d’appello non contiene alcun riferimento alla precedente decisione sul punto.

In altri termini, la Commissione regionale aveva respinto totalmente il gravame dell’Amministrazione, quindi anche nella parte relativa alla vendita del locale, senza esaminare la domanda che la riguardava.

La doglianza dell’Agenzia delle Entrate è, pertanto, fondata. Il ricorso deve essere accolto, con rinvio alla CTR dell’Abruzzo in diversa composizione per il riesame nei termini indicati ed anche per la definizione delle spese.

PQM

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo in diversa composizione per il riesame e per la definizione delle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

 

 

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