Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14543 del 04/07/2011

Cassazione civile sez. I, 04/07/2011, (ud. 18/04/2011, dep. 04/07/2011), n.14543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21963/2009 proposto da:

E.M. (C.F. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA Alfonso Luigi,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

05/03/2009, n. 1437/08 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

18/04/2011 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E.M., con ricorso alla Corte d’appello di Napoli, proponeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata di un giudizio da lui instaurato dinanzi al T.A.R. Campania nel maggio 2000 ed ancora pendente al momento della proposizione della domanda.

La Corte d’appello, con decreto depositato il 5 marzo 2009, ritenuta la durata ragionevole di tre anni, liquidava il danno non patrimoniale per la residua durata irragionevole di cinque anni e tre mesi circa la somma di Euro 3.906,00 oltre interessi legali e la metà delle spese del procedimento.

Avverso tale decreto l’ E. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato al Ministero Economia e Finanze il 7 ottobre 2009, formulando sette motivi. Resiste il Ministero con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con i sette motivi è denunciata, in relazione alla liquidazione delle spese del procedimento esposta nel provvedimento impugnato, erronea e falsa applicazione di legge (artt. 91 e 92 c.p.c., art. 6, p. 1 CEDU, normativa in tema di tariffe professionali), nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Secondo l’istante, la liquidazione delle spese sarebbe illegittima perchè presumibilmente effettuata in applicazione delle tariffe per i procedimenti di volontaria giurisdizione anzichè di contenzioso ordinario, sarebbe insufficiente, anche per illegittima compensazione parziale (nonostante l’accoglimento del ricorso), nonchè priva di motivazione con riguardo alla non conformità alle tariffe forensi ed agli standards europei che dovrebbero trovare nella specie applicazione. La Corte di merito avrebbe inoltre illegittimamente disatteso la nota spese depositata, omettendo peraltro di motivare al riguardo.

2.- Tali doglianze, da esaminare congiuntamente perchè giuridicamente e logicamente connesse, non possono trovare accoglimento.

In primo luogo, le spese del procedimento non sono state poste a carico della parte totalmente vittoriosa, bensì compensate per metà, nel legittimo esercizio di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito (secondo il disposto dell’art. 92 c.p.c., antecedente alla L. n. 69 del 2009, qui inapplicabile ratione temporis), peraltro non illogicamente motivata con riguardo al notevole ridimensionamento (oltre la metà) della pretesa esercitata dal ricorrente (cfr. Cass. n. 9762/1997). Quanto alle altre doglianze, parte ricorrente non ha specificamente e analiticamente indicato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, le voci e gli importi richiesti e ad essa spettanti (cfr. Cass. n. 21325/2005; n. 9082/2006; n. 9098/2010), in tal modo non consentendo al giudice di legittimità il controllo – senza bisogno di svolgere ulteriori indagini in fatto e di procedere alla diretta consultazione degli atti- degli error in iudicando solo astrattamente enunciati in ricorso, tra i quali peraltro non risulta specificamente compresa la violazione dei minimi inderogabili di tariffa. Nè parte ricorrente ha dimostrato l’applicazione nel provvedimento impugnato delle tariffe professionali vigenti riguardanti i procedimenti di volontaria giurisdizione anzichè i giudizi ordinari dinanzi alla Corte d’appello, ma si è limitata alla generica denunzia dell’inosservanza delle tariffe professionali vigenti, nonchè delle voci e degli importi che sarebbero stati indicati nella nota spese.

D’altra parte, va tenuto fermo che in tema di spese processuali possono essere denunciate in sede di legittimità solo violazioni del criterio della soccombenza o liquidazioni che non rispettino le tariffe professionali (cfr. Cass. n. 4347/1999; n. 4818/2000; n. 1485/2001), e che nei giudizi di equa riparazione la liquidazione delle spese processuali della fase davanti alla Corte d’appello deve essere effettuata in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano, senza tener conto degli onorari liquidati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr. Cass. n. 23397/2008).

Il rigetto del ricorso si impone dunque, con la conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida in Euro 600,00 per onorari oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2011

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