Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14542 del 15/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 15/07/2016, (ud. 15/03/2016, dep. 15/07/2016), n.14542

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16750/2011 proposto da:

R.S., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, V.

COLA DI RIENZO 163, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ASTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE ANTONIO CIMINELLI;

– ricorrente –

contro

O.C.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA VITO GIUSEPPE CALATI 16, presso lo studio dell’avvocato MARIA

MOSCOGIURI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 372/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 29/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/03/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato GRUARIN Massimo, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato CIMINELLI Salvatore, che ha chiesto di riportarsi agli

scritti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilita’ o

manifesta infondatezza del ricorso; condanna aggravata alle spese in

subordine rimessione alle Sezioni Unite affinche’ statuiscano,

l’ambito di applicazione sulla estensione dell’art. 96, art. 385,

comma 4; deposita articolo di dottrina.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 27/3/95 la signora O.C. conveniva il signor R.S. davanti al tribunale di Castrovillari per sentir dichiarare l’esistenza di un diritto di servitu’ di passo a favore di un proprio terreno su un fondo ora in proprieta’ R., e per sentir inibire ogni turbativa del relativo esercizio. Detta servitu’, secondo la prospettazione dell’attrice, era stata costituita nell’atto di divisione da lei stipulato con il fratello O.G., dante causa del R. Il R., costituitosi in giudizio, contestava la domanda deducendo che, sin da quando egli aveva acquistato il fondo da O.G., l’attrice non aveva mai esercitato l’invocata servitu’ di passaggio e che tale servitu’ aveva perso qualsiasi utilita’. In via riconvenzionale il convenuto chiedeva la costituzione in favore del proprio fondo di una servitu’ di passaggio attraverso il fondo dell’attrice e, in linea di subordine, chiedeva al tribunale di “individuare una via di passaggio attraverso la quale la signora O. possa accedere al suo fondo, che, per le suesposte ragioni, determini un minor danno per il fondo servente del signor R.”.

Il tribunale respingeva tanto la domanda principale quanto quella riconvenzionale.

La Corte di appello di Catanzaro, adita con l’appello principale dell’attrice e quello incidentale del convenuto, accoglieva il primo e dichiarava inammissibile il secondo.

La Corte distrettuale, per quanto qui ancora interessa, riconosceva sussistente il diritto di servitu’ di passo sul fondo di proprieta’ R. costituito in favore del fondo O. col contratto di divisione da quest’ultima a suo tempo stipulato col proprio fratello; tuttavia, giudicando eccessivamente gravoso per il fondo servente il ripristino dell’originario tracciato della servitu’ (attualmente interrotto da fabbricati del convenuto) accoglieva la domanda subordinata spiegata del R. in primo grado e spostava il luogo esercizio del servitu’ su un nuovo tracciato, individuato tramite una consulenza tecnica di ufficio.

Avverso la sentenza di secondo grado il R. propone ricorso per cassazione con quattro mezzi. La signora O. resiste con controricorso.

Non sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c..

Il ricorso e’ stato discusso alla pubblica udienza del 15.3.16 nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso – promiscuamente riferito dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 346 e 329 c.p.c. – si censura la sentenza gravata perche’, condannando il R. a realizzare il tracciato indicato dal c.t.u., lo avrebbe implicitamente condannato a rimuovere il cancello posto sul suo fondo o quantomeno a consegnarne le chiavi all’attrice appellante, in tal modo accogliendo domande (appunto, di rimozione del cancello o consegna delle relative chiavi) proposte dalla O. in primo grado ma da ritenersi rinunciate perche’ non riproposte in appello.

Il motivo va disatteso perche’, secondo il costante orientamento di questa Corte, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., il giudizio di appello, pur limitato all’esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, connessi a quelli censurati, sicche’ non viola il principio del “tantum devolutum quantum appellatum” il giudice di secondo grado che esamini questioni non specificamente proposte o sviluppate, le quali, pero’, appaiano in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi di appello e, come tali, comprese nel “thema decidendum” (tra le tante, da ultimo, sent. 1377/16). Nella specie, la condanna dell’appellato alla realizzazione delle opere necessarie all’esercizio della servitu’ oggetto dell’azione confessoria esercitata dall’appellante costituiva immediata conseguenza della statuizione di accertamento di tale servitu’ e bene ha fatto il giudice di secondo grado a ritenere che la richiesta di tale condanna fosse compresa in “tutte le consequenziali di legge” di cui alle conclusioni formulate nell’atto di appello della signora O., come trascritte nell’epigrafe della sentenza gravata.

Il primo motivo di ricorso va quindi rigettato.

Con il secondo e terzo motivo di ricorso – sostanzialmente reiterativi della medesima doglianza ed entrambi promiscuamente riferiti dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all’art. 112 c.p.c. – il ricorrente censura la sentenza gravata nel capo con il quale il R. viene condannato a realizzare il tracciato indicato dal c.t.u., senza che, tuttavia, tale statuizione sia mai stata domandata dall’ O..

I due motivi sono da trattare congiuntamente, perche’ declinano sotto diverse angolazioni la medesima censura. Essi sono fondati.

L’impugnata statuizione si risolve, in sostanza, in una pronuncia di spostamento della servitu’ ex art. 1068 c.c.. Tale pronuncia non era mai stata richiesta dall’originaria attrice, signora O. e, infatti, la stessa Corte d’appello afferma, nel terzo capoverso di pagina 8 della sentenza gravata, di ritenere che “in considerazione della difficolta’ di ripristino della vecchia servitu’… possa trovare accoglimento la domanda formulata nel giudizio di primo grado, in via subordinata, dal R.”, avente, appunto, ad oggetto “l’individuazione di una via di passaggio attraverso il fondo di esso convenuto con il minimo danno per il fondo servente” (cosi’ si legge nella narrativa del processo svolta della sentenza gravata, pag. 4, primo capoverso). Sennonche’ tale domanda – che il R. aveva proposto in primo grado in linea di subordine e il tribunale, avendo rigettato l’azione confessorie esercitata dalla O., non aveva avuto ragione di esaminare – non era stata riproposta in secondo grado dal medesimo R., come si rileva dalla lettura delle conclusioni da costui rassegnate nel giudizio d’appello, trascritte nell’epigrafe della sentenza gravata. Detta domanda doveva quindi considerarsi rinunciata, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., giacche’, secondo il costante orientamento di questa Corte, l’appellato che ha visto accogliere nel giudizio di primo grado la sua domanda principale e’ tenuto, per non incorrere nella presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 c.p.c., a riproporre espressamente, in qualsiasi forma indicativa della volonta’ di sottoporre la relativa questione al giudice d’appello, la domanda subordinata non esaminata dal primo giudice, non potendo quest’ultima rivivere per il solo fatto che la domanda principale sia stata respinta dal giudice dell’impugnazione (cosi’, da ultimo, sent. 7457/15). La Corte distrettuale, disponendo lo spostamento della servitu’, ha quindi in definitiva adottato una statuizione non richiesta da alcuna delle parti in causa, giacche’ l’originaria attrice non aveva mai formulato tale domanda e l’originario convenuto aveva formulato tale domanda, in linea di subordine, in primo grado, ma non l’aveva riproposta in appello. La sentenza gravata e’ quindi incorsa nel vizio di ultra petizione, giacche’, come questa Corte ha gia’ avuto modo di chiarire con la sentenza n. 14906/00, il giudice non puo’, in assenza di domanda di parte, disporre il trasferimento della servitu’ in altro luogo del fondo servente. Il secondo e terzo motivo vanno quindi accolti.

Con il quarto motivo – promiscuamente riferito dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 1051, 2697 c.c. e segg., art. 2702 c.c. e art. 112 c.p.c.) – il ricorrente censura la sentenza gravata laddove si ritengono non provati i fatti costituitivi della pretesa del R. di costituzione di servitu’ coattiva sul fondo dell’ O.. Il motivo e’ inammissibile, perche’ risulta formulato in termini del tutto generici, giacche’ esso non specifica sotto quale profilo risulterebbero violate le disposizioni richiamate, ne’ enuclea specifici vizi motivazionali del ragionamento decisorio del giudice territoriale, ma si limita a propone a questa Corte un’inammissibile istanza di riesame delle risultanze istruttorie e delle difese spiegate delle parti in sede di merito.

In definitiva devono rigettarsi il primo ed il quarto motivo di ricorso ed accogliersi il secondo ed il terzo, con conseguente cassazione della sentenza gravata e rinvio alla Corte distrettuale perche’ questa si pronunci sulla domanda della signora O. nei termini cui la stessa e’ stata formulata, attenendosi al principio di diritto che il giudice non puo’, in assenza di domanda di parte, dispone il trasferimento della servitu’ in altro luogo del fondo servente.

Il giudice di rinvio regolera’ anche le spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte, rigettati il primo ed il quarto motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il terzo, cassa la sentenza gravata e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, che regolera’ anche le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016

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