Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14541 del 09/06/2017

Cassazione civile, sez. VI, 09/06/2017, (ud. 06/04/2017, dep.09/06/2017),  n. 14541

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16751/2016 proposto da:

REGIONE PUGLIA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI N. 36, presso la

DELEGAZIONE ROMANA DELLA REGIONE PUGLIA, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARIA GIUSEPPA SCATTAGLIA;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE LECCE, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAURA

MANTEGAZZA, 24, presso lo studio dell’avvocato MARCO GARDIN,

rappresentata e difesa dall’avvocato ALFREDO ANTONIO COLUCCIA;

– controricorrente –

contro

MASSERIA LA GRECA DI L.A. E U.M., COMUNE DI LECCE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2296/2016 del TRIBUNALE di LECCE, depositata

il 06/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/04/2017 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che, con sentenza resa in data 6/5/2016, il Tribunale di Lecce ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado – estromessi dal giudizio il Comune di Lecce e la Ausl di Lecce ha condannato la Regione Puglia al pagamento, in favore della “Masseria La Greca” di L.A. e U.M., di somme a titolo di indennizzo per l’uccisione, da parte di taluni cani randagi, di capi di bestiame di proprietà della Masseria attrice;

che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato come la Masseria avesse originariamente richiesto il pagamento del beneficio previsto dall’art. 16 della legge regionale Puglia n. 12/1995, che assicura, ai proprietari cui fossero riconducibili perdite di capi di bestiame causate dall’aggressione di cani randagi, un indennizzo liquidabile in via amministrativa;

che, nella specie, incontestata la sussistenza dei presupposti relativi allo specifico danno subito dalla Masseria, ed essendo escluso che quest’ultima avesse fatto questioni di risarcimento del danno (quanto invece del pagamento delle somme di denaro previste a titolo di indennizzo dalla legge regionale), non poteva contestarsi la legittimazione passiva della Regione Puglia, dovendo individuarsi in quest’ultima il soggetto tenuto, secondo legge, al pagamento della ridetta indennità;

che avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione la Regione Puglia, sulla base di due motivi d’impugnazione;

che l’Azienda sanitaria locale di Lecce resiste con controricorso; che il Comune di Lecce intimato non ha svolto difese in questa sede;

che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., le parti non hanno presentato memoria;

considerato che, con il primo motivo, la Regione Puglia censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 6, comma 1, e della L.R. Puglia n. 12 del 1995, art. 8, in attuazione di quanto disposto dalla legge n. 281/1991 (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere il giudice d’appello erroneamente identificato la domanda della Masseria attrice come diretta al pagamento dell’indennità di cui alla L. n. 12 del 1995, art. 16, anzichè al risarcimento del danno; risarcimento nella specie dovuto, per giurisprudenza costante, dall’azienda sanitaria locale, eventualmente in solido con il Comune di riferimento, tenuto conto dei compiti amministrativi attribuiti a quest’ultimi in materia di prevenzione e controllo del randagismo;

che, con il secondo motivo, l’amministrazione ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè per omessa pronuncia su un capo decisivo della controversia e nullità della sentenza (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale omesso di pronunciarsi sul motivo sollevato in sede d’appello in ordine al difetto di legittimazione passiva della Regione Puglia, dovendo riconoscersi detta legittimazione in capo al Comune di Lecce e/o all’Azienda sanitaria locale di Lecce;

che entrambi i motivi sono manifestamente infondati;

che l’interpretazione, fornita dal giudice a quo, dell’originaria domanda della Masseria attrice – come diretta al conseguimento dell’indennità di cui all’art. 16 della legge reg. Puglia n. 12/1995 oltre ad apparire coerente con i poteri qualificatori spettanti al giudice di merito (là dove operata, come nella specie, in modo giuridicamente corretto e logicamente congruo), risulta conforme alle stesse indicazioni sostenute dall’odierna ricorrente con l’atto d’appello, allorchè, nel sostenere la giurisdizione del giudice amministrativo, ha espressamente individuato, nel pagamento del contributo di cui all’art. 16 cit., l’oggetto della domanda avanzata dalla Masseria avversaria (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata);

che del tutto correttamente il giudice a quo ha individuato nella Regione Puglia il soggetto passivamente legittimato al pagamento della ridetta indennità, tenuto conto dell’espresso riferimento della legge regionale (art. 16 cit.) alla copertura, con fondi propri della Regione, degli oneri del beneficio, previa liquidazione operata (in termini esclusivamente tecnico-operativi) dall’amministrazione comunale;

che, infatti, l’art. 16 cit. sancisce in modo espresso come spetti alla Regione il compito di indennizzare gli allevatori (“la Regione indennizza gli allevatori…”) per le perdite di capi di bestiame causate da cani randagi o inselvatichiti, per i quali non si è in grado di risalire al proprietario;

che la circostanza per cui l’accertamento degli eventi in esame sia rimesso ai “competenti servizi veterinari delle Usl” (art. 16 cit., comma 2) – così come l’occorrenza dell’avvenuta attribuzione, ai Comuni, del compito di procedere al relativo riconoscimento (in forza del ridetto accertamento della Asl competente per territorio) e alla conseguente liquidazione del contributo in favore del danneggiato nel rispetto della L. 2 giugno 1998, n. 218 (ai sensi della L.R. Puglia 30 novembre 2000, n. 21, art. 13) – non valgono a determinare alcuna modificazione dell’espressa attribuzione legislativa, in capo alla Regione, del compito di “indennizzare gli allevatori”, e dunque della legittimazione passiva della stessa in relazione alla corrispondente pretesa creditoria dell’allevatore istante, trattandosi del compimento, da parte dell’amministrazione sanitaria locale e dell’ente comunale, di mere operazioni d’indole ausiliaria, di per sè inidonee a conferire alle ridette amministrazioni alcun rilievo sostanziale diretto, sul piano dell’individuazione dei termini soggettivi del rapporto obbligatorio (di matrice legale) in esame;

che la questione relativa al riconoscimento di detta legittimazione passiva della Regione Puglia risulta espressamente affrontata e decisa nella sentenza del giudice d’appello nei termini così indicati (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata)

che, sulla base di tali premesse, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna della Regione Puglia al rimborso, in favore della Asl controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna la Regione Puglia al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1.400,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 3 Civile, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2017

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