Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14540 del 26/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 26/05/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 26/05/2021), n.14540

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21869-2016 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

GORIZIA 14, presso lo studio dell’avvocato FRANCO SABATINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIETRO TORRICELLI

giusta procura a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 15630/2015 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 24/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine per il rigetto;

udito per il ricorrente l’Avvocato MINISCI LORENZO per delega

dell’avvocato SEBASTIANI FRANCO che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato TIDONE BARBARA che ha

chiesto il rigetto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.G. propone ricorso per revocazione, affidato a due motivi, illustrato da memoria, avverso sentenza della Corte di Cassazione n. 15630 depositata il 24.7.2015, non notificata.

Il ricorrente – esercente, tra l’altro, attività di rivendita di autoveicoli nuovi ed usati – premette di avere proposto ricorso avverso avviso di accertamento recante determinazione maggiore IVA per l’anno 2002 in relazione ad operazioni di compravendita di veicoli usati con indebita applicazione del regime speciale c.d. del margine (nel PVC redatto dall’Agenzia delle Entrate si fa riferimento per come precisato nel ricorso – ad acquisto “da concessionari italiani automezzi provenienti da Stati esteri i cui proprietari sono risultate società giuridicamente impossibilitate ad utilizzare il regime del margine”).

La CTP di Ravenna accoglieva il ricorso con sentenza che, gravata di appello da parte dell’ufficio, era confermata dalla CTR della Emilia Romagna sul decisivo rilievo -per come sintetizzato nella sentenza oggetto del presente ricorso per revocazione- che nessun “ulteriore dovere di controllo gravasse sulla ditta cessionaria in ordine alla regolare applicazione da parte del cedente del regime speciale dell’IVA, oltre la verifica della regolarità formale delle fatture emesse, essendo pertanto irrilevante che gli originari proprietari dei veicoli fossero società di autonoleggio esercenti attività in altri paesi comunitari, come era dato rilevare dai libretti di circolazione”.

Per la cassazione di tale sentenza l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso affidato a tre motivi, al quale resisteva il contribuente con controricorso illustrato da memoria.

La corte di cassazione accoglieva i primi due motivi – assorbito il terzo – cassava la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigettava il ricorso introduttivo con condanna del resistente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità con compensazione delle spese dei giudizi di merito.

All’odierno ricorso per revocazione resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso consta di due motivi che recano: 1) “Revocazione della sentenza per errore di fatto ex art. 391-bis c.p.c. ed art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4): il preteso “libretto di circolazione” da un lato e la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, dall’altro”; 2) “Revocazione della sentenza per errore di fatto ex art. 391-bis c.p.c. e 395 c.p.c., comma 1, n. 4): la supposta esistenza della “frode fiscale””.

La esposizione dei motivi è preceduta, nel ricorso, dalla trascrizione della parte della sentenza -alla quale sono dirette le doglianze del ricorrente per revocazione- secondo la quale “sul piano della verifica della esistenza delle condizioni oggettive e soggettive previste per l’assoggettamento delle singole operazioni al regime del margine di utile (….), essendo indispensabile che nessuno dei soggetti che intervengono nella catena delle cessioni abbia potuto portare in detrazione l’IVA a monte, con la conseguenza che, se il primo cedente ha emesso fatture con indebita applicazione del regime sul margine (avendo detratto l’IVA sul proprio acquisto a monte), tutte le successive cessioni, effettuate tra soggetti passivi IVA, risulteranno indebitamente assoggettate al medesimo regime del margine d’utile e legittimeranno l’Amministrazione a recuperare l’intera imposta dovuta”;

“l’ufficio finanziario aveva fornito idonea prova presuntiva della mancanza delle condizioni che legittimavano l’applicazione del regime del margine di utile, in quanto tra i soggetti IVA cedenti risultavano dall’esame dei libretti di circolazione anche società di autonoleggio che utilizzavano i veicoli come beni strumentali all’esercizio dell’impresa e in quanto tali aveva diritto di portare in detrazione VIVA fatturata sull’acquisto a monte;”

“nello specifico la agevole rilevazione dai documenti di circolazione della qualità di soggetto “primo immatricolatore” che – secondo l’id quod plerumque accidit – acquista l’autoveicolo per destinarlo alla propria attività imprenditoriale con conseguente legittimazione a portare in detrazione l’IVA versata in rivalsa sull’acquisto del bene strumentale, doveva indurre quanto meno nel dubbio la ditta cessionaria sulla effettiva applicabilità all’operazione economica del regime del margine, e quindi ad acquisire, preventivamente, dalle cedenti nazionali Minardi srl e Romauto srl ulteriori elementi comprovanti la mancata detrazione della imposta del Paese membro da cui provenivano i veicoli, rimanendo escluso, in difetto di tale verifica, un incolpevole affidamento della società cessionaria fondato esclusivamente sulla mera annotazione, nella fattura emessa dal cedente, della applicazione del regime del margine”.

Il ricorso è infondato.

Con i due motivi – di cui consta il ricorso – il contribuente invoca la revocazione della sentenza per errore di fatto ex art. 391 bis c.p.c. ed art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, con riferimento al libretto di circolazione e alla dichiarazione di atto notorio (primo motivo) e alla supposta sussistenza della frode fiscale (secondo motivo).

Quanto al primo motivo, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, si rileva che non è contestata la presenza negli atti di causa dei libretti di circolazione (sia pure in copia fotostatica), da cui risultano, tra i proprietari dei veicoli, società di autonoleggio, che avevano detratto l’IVA all’atto dell’acquisto così escludendo che del regime del margine potesse beneficiare l’odierno ricorrente; quanto poi alla circostanza che le fatture di acquisto fossero corredate da dichiarazioni sostitutive di atto notorio, si osserva che si tratta di circostanza, anch’essa non contestata, che non osta a che l’Ufficio – al di là della regolarità formale della documentazione- possa contestare, come nella specie, la non corrispondenza tra la rappresentazione documentale della operazione di cessione del bene in regime del margine e quella invece effettivamente realizzata dalle parti, con la conseguenza che incombe sul cessionario l’onere di provare la sussistenza dei presupposti che consentono l’applicazione del regime del margine, ovvero la mancata detrazione dell’IVA a monte da parte del cedente.

Quanto al secondo motivo, assume il ricorrente che una contestazione – quale quella per cui è causa – in ordine all’esistenza dei presupposti per fruire del regime agevolato c.d. del margine debba fondarsi anche sulla dimostrata (da parte dell’Ufficio) esistenza di una frode carosello. Osserva il collegio che la responsabilità del cessionario – odierno ricorrente – è indipendente dalla esistenza di una frode carosello così come da questi sostenuto, atteso che da un semplice esame dei libretti di circolazione era possibile accertare che le società cedenti avevano illegittimamente fruito dell’agevolazione in parola, con conseguente esclusione della buona fede in capo all’ A..

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 13.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2021

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